Piazzapulita, unico talk di prima serata di La7 senza pubblico in studio: “Era diventato la stampella dei politici. Guerra? Noi non proponiamo le curve”
Piazzapulita unico programma di La7 di prima serata senza pubblico in studio. Formigli: “Non dobbiamo fare risse tra ucraini e anti-ucraini”
Torna il pubblico nei talk televisivi. Un processo lento, parziale, che sta però prendendo piede. E così, due anni dopo il fuggi fuggi generale imposto dall’emergenza coronavirus, il piccolo schermo sta procedendo ad un graduale ritorno alla normalità.
A settembre fu Di Martedì a riaprire le porte ad un po’ di figuranti. Pochi e silenziosi, aumentati leggermente nei mesi a seguire, con gli applausi – non ai livelli di un tempo– chiamati ad elettrizzare le copertine di Luca e Paolo. Lo hanno seguito a ruota Diego Bianchi a Propaganda Live e Paolo Del Debbio, che ha rivitalizzato Dritto e rovescio grazie a sporadici botta e risposta con i presenti. Una quindicina in tutto, utilissimi tuttavia a riscaldare un clima altrimenti gelido.
Il conflitto tra Russia e Ucraina ha convinto pure Massimo Giletti a sposare l’operazione. Domenica sera ad essere accolta è stata una delegazione della comunità ucraina in Italia. C’è poi Bianca Berlinguer che ha annunciato novità in tal senso a Cartabianca, seppur in maniera assai contenuta.
Chi non cambia, per ora, è invece Corrado Formigli. Piazzapulita rimane l’unico programma di La7 in prima serata con la platea vuota.
“No, non cambiamo, rimaniamo senza”, spiega Formigli a TvBlog. “Non vedo una ragione per cui si dovrebbe cambiare adesso. Faremo dei collegamenti e incrementeremo le esterne laddove sarà possibile. Siamo convinti che la trasmissione funzioni bene così, al momento”.
Quella del conduttore non sembra pertanto una decisione definitiva: “Il pubblico era diventato la stampella dei politici ospiti. Alzava i decibel e basta. Col covid siamo stati tutti costretti a ripensare le trasmissioni e io ho pensato che questo schema fosse più in armonia con il mio schema. Rimetterò il pubblico quando il pubblico avrà una funzione attiva all’interno del programma, quando potrà aggiungere qualcosa. La funzione decorativa non mi piace più, è un modo per svilirne la presenza. Mi piacerebbe un ruolo più preciso; la prossima stagione ci penseremo e valuteremo se può svolgere una funzione utile nella scansione drammaturgica del programma. Attualmente sono molto più preoccupato di raccontare ciò che avviene fuori dagli studi”.
Il riferimento è, ovviamente, alla guerra: “Non dobbiamo fare risse in studio con ucraini e anti-ucraini. Non è il momento di proporre le curve. Daremo voce ad opinioni molto diverse, ma senza la logica degli spalti. Non ritengo che gli spalti contrapposti siano la cifra giusta. La cifra dei miei programmi sono i reportage. Ho Alessio Lasta in Ucraina, un’inchiesta sulle armi e il racconto del rapporto tra la politica italiana e Putin. Sono convinto che la guerra richieda anche immagini ben confezionate, non ci può essere solo il giornalista con l’elmetto, o dentro il bunker. Dentro il bunker racconti te stesso. Sia chiaro, lo dice uno che ha passato vent’anni con l’elmetto in testa. I corrispondenti stanno facendo un lavoro egregio, ma da un balcone è difficile che si comprenda davvero cosa succede a Kiev. Credo che la guerra vada raccontata con le storie, le immagini ben girate e montate. La tv è fatta anche, soprattutto di questo”.