Si chiamano Period Drama perché hanno la caratteristica principale di essere ambientati in una determinata epoca storica ben differente dalla nostra, per usi e costumi. Un passato a volte non troppo lontano, altre invece molto distante da noi, ma sempre e comunque affascinante. Un genere tv, quello dei Period Drama, appunto, che in questi anni sta scoprendo una nuova fortuna.
Fateci caso: sono sempre di più le serie tv che fanno dell’ambientazione a fine Ottocento/primi Novecento (ma in alcuni casi si va ancora più indietro nel tempo o, al contrario, ci si avvicina di più ai giorni nostri) il loro punto di forza. Storie che trovano buona parte del loro fascino proprio nell’essere collocate in un tempo altro, che ci appare estremamente affascinante e rassicurante, sebbene carente per forza di cose di tutti quei confort a cui non sappiamo rinunciare.
Ovviamente il genere del Period Drama non è stato scoperto di recente, ma è sempre esistito. Eppure, va detto, grazie alla serie regina di questo genere è tornano con più prepotenza alla ribalta. Sì, parliamo di Downton Abbey e del suo incredibile successo a livello globale, tanto da entrare nel Guinness dei Primati come la serie non americana più vista di sempre.
Julian Fellowes ha sicuramente avuto il merito di ricordare al pubblico televisivo che il racconto in costume non è qualcosa che va assolutamente sottovalutato, né che si rivolge ad una ristretta fascia di pubblico. Il merito va, anche in questo caso, alla scrittura ed all’ideazione del progetto, che ha permesso di mettere in scena una serie sì ambientata nel passato ma estremamente moderna.
Perché, a farci caso, da Downton Abbey in poi i Period Drama hanno fatto -con le dovute proporzioni- quello che fanno da sempre le buone serie tv di fantascienza: raccontare il presente trasportando il pubblico altrove. L’ambientazione passata, i ricchi palazzi, i costumi sontuosi ci portano sì indietro nel tempo, ma poi i personaggi che vuoi luoghi e quegli abiti i vivono e li vestono sono più vicini a noi di quanto pensiamo.
Downton Abbey, ma anche The Gilded Age (dello stesso autore), Bridgerton, Sanditon, Gentleman Jack, The Nevers, Outlander, Destini in Fiamme ed Hotel Portofino -giusto per citarne alcune, ma l’elenco sarebbe più corposo- ci regalano infatti uomini e donne in cui si possiamo rispecchiare e trovare noi stessi. Dalle paure per il futuro e per il cambiamento al coraggio di osare, passando per gli scontri generazionali e l’inclusione, il viaggio nel tempo che ci viene proposto è tale solo nella forma, ma non nella sostanza.
Il distacco che si crea tra presente e passato, quel gap temporale in cui ci ritroviamo nel momento in cui iniziamo la visione di un Period Drama, ci permette evidentemente di avere una “bolla” dentro cui rimaniamo sospesi tra due tempi, ma restiamo noi stessi tanto da poterci confrontare con chi non appartiene alla nostra epoca ma riesce a rappresentarci.
Sembra quasi una formula magica, eppure anche in questo caso è il frutto di un’evoluzione che riguarda tutto il comparto delle serie tv, uniche nell’abilità di saper catturare il pubblico e regalargli al tempo stesso una cinquantina di minuti di svago e di analisi introspettiva.