La fascia protetta non serve più? Per il Governo c’è il parental control (ma c’è chi non è d’accordo)
Un decreto del Governo rivede le regole su tv e minori: con il parental control rischiano di sparire le fasce protette
Una volta c’erano le “fasce protette”, quelle che impedivano ai più maliziosi che fanno tv di proporre contenuti poco adatti ai minori all’interno di un certo orario. Se volevi mostrare un film con scene violente, proporre un servizio a base di ragazze poco vestite o darti all’uso di un linguaggio colorito, dovevi prima controllare l’orologio.
Ora, la fascia protetta non ha più senso d’esistere. Adeguandosi ad una normativa europea del 2007, il mese scorso il Governo ha approvato un decreto legislativo che rivede le regole sulla tv ed i minori che comprendevano, appunto, le fasce protette.
Queste, secondo il decreto, non spariscono, ma restano in vigore: dalle 23:00 alle 07:00 i canali non possono trasmettere film vietati ai minori di 14 anni e programmi “nocivi dello sviluppo psicofisico” dei piccoli; il bollino rosso deve restare in onda per tutta la durata del programma, i film violenti e porno possono essere trasmessi solo dai canali a pagamento. Per tutto il resto, c’è il parental control.
Si tratta di un dispositivo, in voga negli altri Paesi, che grazie ad un codice permette ai genitori di bloccare i programmi che considerano nocivi per i propri figli. Uno strumento che in Italia è diventato accessibile grazie all’arrivo del decoder, che permette di usare questa opzione.
Eppure, c’è chi si oppone a questo decreto. L’uso della fascia protetta, infatti, è conseguente alla presenza o meno di “accorgimenti tecnici” senza i quali stabilire degli orari di protezione è imperativo. Da tempo, però, le tv ricordano che gli accorgimenti tecnici (ovvero il parental control) sono già arrivati in Italia, motivo per cui le fasce protette potrebbero essere accantonate, permettendo ai canali di trasmettere programmi dai contenuti discutibili in qualsiasi orario, per la gioia degli investitori.
A sollevare la questione alcune associazioni in difesa dei minori: Franco Mugerli, del Comitato Media e Minori, sostiene che “con l’alibi del parental control le emittenti scaricheranno tutta la responsabilità sulle famiglie”, mentre Domenico Delle Foglie, presidente del Copercom, che riunisce ventinove sigle impegnate sull’educazione dei bambini, spiega che il testo è “ad alto tasso di ambiguità”.
“Con un espediente che fa entrare dalla porta quanto era stato cacciato dalla finestra”, aggiunge Luca Borgomeo, presidente dell’Aiart, “vengono abbattuti gli argini capaci di sbarrare la strada ai programmi che intaccano il futuro dei minori”. Tutto questo perchè sono arrivati anche da noi degli “accorgimenti tecnici”.
Ora, l’educazione dei minori dev’essere presa seriamente in considerazione, e qualsiasi elemento possa minarne la buona riuscita va analizzato ed arginato. Certo, il parental control potrebbe diventare per alcune emittenti -sopratutto quelle che campano solo con gli investimenti pubblicitari e che, quindi, hanno bisogno di fare ascolti- una scorciatoia per dimenticarsi che di pomeriggio davanti a quella scena violente o particolarmente hot potrebbe esserci un bambino. Eppure sembra che le lamentale finora giunte si dimentichino di come, invece, questo strumento possa rimettere nelle mani delle famiglie il potere di visione di un programma, oltre il semplice cambio del canale.
Se un genitore non vuole che il proprio figlio passi la giornata a seguire tronisti e liti tra naufraghi vari, un codice gli permetterà di essere al sicuro anche quando non è in casa. Se un determinato telefilm mostra serial killer ed i dettagli del loro “lavoro”, quattro cifre separeranno questo mondo da quello del ragazzo incuriosito.
Insomma, siamo sicuri che il parental control sia un’arma così poco efficiente? In fondo, si tratta di stabilire prima cosa la tv può farci vedere e cosa no. Saranno i genitori a decidere, e non più il palinsesto. E se non ci sarà in tv nulla di adatto ai più piccoli, il blocco sarà assoluto. Forse i canali non ne risentiranno in termini di audience, ma le famiglie potranno avere la certezza di cosa entra nelle loro case.
Il tutto grazie ad un codice da inserire in una schermata. Il parental control è ancora poco conosciuto in Italia, sostengono i detrattori: iniziare a promuoverlo invece che criticarlo potrebbe servire a diffonderne la conoscenza. E se abbiamo imparato ad usare smartphone, iPad ed a memorizzare codici di sicurezza, pin di telefoni e bancomat, quattro cifre in più non ci sembrano impossibili da ricordare.