Home Domenica In Paolo Villaggio a L’Arena: «Sono dell’avviso che oggi credere in Dio sia molto difficile».

Paolo Villaggio a L’Arena: «Sono dell’avviso che oggi credere in Dio sia molto difficile».

Il comico e la dimostrazione che si possano veicolare concetti “alti” e “scomodi”, anche su RaiUno e senza gridare.

pubblicato 26 Febbraio 2012 aggiornato 4 Settembre 2020 23:03


Paolo Villaggio a L’Arena del 26 febbraio 2012
Paolo Villaggio a L'Arena del 26 febbraio 2012
Paolo Villaggio a L'Arena del 26 febbraio 2012
Paolo Villaggio a L'Arena del 26 febbraio 2012
Paolo Villaggio a L'Arena del 26 febbraio 2012

Paolo Villaggio è stato ospite di Massimo Giletti, subito dopo il tormento-Concordia: l’infotainment torna a fare il suo, uscendo dalla cronaca da cavalcare. E, anche se di questi tempi, in tv sembrano andare di moda i racconti “visionari”, apocalittici (e per niente integrati) dei “grandi vecchi”, Villaggio dimostra che si possono dire cose anche scomode senza però atteggiarsi a vati, oracoli o profeti.

C’è l’aneddotica su Fabrizio De Andrè e su Silvio Berlusconi (Villaggio condivise con i due il lavoro sulle navi), dei suoi racconti sulla Rai di un tempo (controllata, ma più vera, secondo il comico), ci sono i film di Fantozzi e l’ironia sugli impiegati, c’è una visione disincantata del mondo e del futuro. E poi c’è la semplice, genuina “invettiva” finale di Villaggio.

Che racconta di una signora che gli aveva chiesto se credesse in Dio. E allora lui, per rispondere «no», era partito con la filippica: «migliaia di galassie che si allontanano l’una dall’altra velocemente nell’Universo, e voi credete in un piccolo dio».

E chiude, in onda, con una frase che racchiude il suo pensiero e che è la chiosa perfetta della sua lunga e piacevole intervista:

«Sono dell’avviso che oggi credere in Dio sia molto difficile».

«Io invece credo nell’Aldilà», dice Giletti, che congeda l’ospite con una stretta di mano. A dimostrar come si possano avere idee differenti e rappresentarle senza estremizzarle e senza dover convincere l’altro, senza dover cambiare il suo pensiero o le sue idee. Persino in televisione. E come si possano veicolare concetti che possono non fare assolutamente piacere ai cosiddetti “poteri forti”, senza gridare o telepredicare. E persino su RaiUno.

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