Home Dritto e rovescio Del Debbio e le parolacce. Un’accoppiata che sta diventando un problema

Del Debbio e le parolacce. Un’accoppiata che sta diventando un problema

A Dritto e rovescio, il conduttore è vittima di un equivoco di fondo: crede che l’autorevolezza si acquisisca attraverso il turpiloquio

22 Novembre 2024 19:07

La parolaccia. Caratteristica divenuta imprescindibile a Dritto e rovescio. Paolo Del Debbio non ci rinuncia mai e l’ha resa in un tratto distintivo del programma.

L’imprecazione, si sa, diverte, scatena la risata, cattura l’attenzione. Perché se in una giornata di sole, senza nemmeno una nuvola all’orizzonte, all’improvviso si scatena un tuono, effetto e stupore si impennano.

Il problema, semmai, è quando tutto diventa temporale. E il conduttore lucchese, che ha esportato il suo stile pure a 4 di Sera (praticamente la protesi di Dritto e rovescio in access prime time), è ormai una macchina senza freni, decisa a percorrere la via dell’aggressività e dei toni alti.

Il Del Debbio che vent’anni fa venne per la prima volta imitato da Gene Gnocchi a Quelli che il calcio non esiste più. Quello di oggi è un’altra persona, che ha acquisito una veste severa, che si accompagna ad un approccio annoiato e spesse volte distratto.

Del Debbio prende di mira tutti: ospiti irrequieti, gente comune che si ribella, ma soprattutto assistenti di studio e regia. Un leit motiv divenuto essenza stessa della trasmissione che un tempo si identificava col sorriso e la calma del suo padrone di casa, ora letteralmente trasformato.

E l’effetto che arriva a casa non è più quello di un temporale improvviso. Nello spettatore domina l’imbarazzo e il fastidio nell’assistere a rimproveri feroci anche a chi ha la colpa – chiamiamola così – di alzare un cartello per avvisarlo della pubblicità in arrivo.

Ad onor di cronaca, va detto che Dritto e rovescio rimane il talk più forte di Rete 4, capace di tenere botta anche ai terribili ‘raddoppi’ settimanali che sanno tanto di repliche. Prova della capacità forse unica di Del Debbio di coltivare un suo pubblico e di prenderlo per mano all’interno di un programma che ha fatto della reiterazione ossessiva la sua caratterizzazione.

La sensazione, tuttavia, è che proprio lui sia vittima di un equivoco di fondo, ossia credere che l’autorevolezza si acquisisca attraverso il turpiloquio. Non è così. Per raggiungere l’obiettivo basterebbe, ad esempio, non lanciarsi nel balletto ‘alla Trump’ se ti trovi di fronte al vicepremier e ministro dei trasporti.

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