Paolo Del Debbio a Blogo: “Non ho mai incitato all’odio in tutta la mia vita, figuriamoci se lo faccio con le mie trasmissioni”
“Dritto e Rovescio” è uno dei talk più visti della settimana televisiva. Intervista a Paolo Del Debbio.
Dritto e Rovescio è uno dei talk politici più visti della settimana televisiva: batte sistematicamente il competitor e si avvicina a diventare il talk più visto in assoluto. L’ultima settimana è stata caratterizzata da un fuoco di polemiche (perlomeno sui social) per lo scontro tra Vauro e “il Brasiliano”. Polemiche che si sono volatilizzate nel giro di pochi istanti quando il padrone di casa, Paolo Del Debbio, ha risposto alle accuse che gli erano piombate addosso. “Questa settimana è accaduto l’inverosimile per cui devo dei chiarimenti al mio pubblico (…) Quello che però mi preme dire è la cosa che io, in qualche modo, sdoganerei il fascismo. Io sono figlio di un deportato. A me sul fascismo cari giovanotti, giovanotto, PD, non PD, non mi dovete rompere il caz*o. Io so esattamente quello che è giusto e quello che è ingiusto a proposito di quello”, è stato lo sfogo del conduttore per fare chiarezza sulla vicenda.
Hai parlato di “una furia di imbecilli” riferendoti ai social.
“Aveva ragione Umberto Eco. Sui social, siccome non c’è il contraddittorio come in televisione, ognuno dice quel che vuole. Quello che una volta la sparava grossa al bar, ora è diventato opinionista sui social”.
Le critiche dei social ti danno fastidio?
“Non sono molto social, non ho profili né su Twitter e né su Instagram, se non quelli collegati alla trasmissione. Una cosa è certa: non ho mai detto frasi di odio non solo in tutta la mia carriera giornalistica, ma anche in tutta la mia vita”.
Perché la Serrachiani dice che Del Debbio incita all’odio?
“Non lo so. Forse non ha mai visto Dritto e Rovescio, non so che dirti. C’è sempre il contraddittorio nelle mie trasmissioni. Invito sempre tutti, compresi quelli del PD, che mi hanno sempre detto di essersi trovati bene”.
Quest’anno Dritto e Rovescio batte sistematicamente PiazzaPulita. Soddisfatto?
“A me non interessa che vadano meno bene gli altri. Non ho mai detto una parola contro i miei colleghi conduttori. A me non interessa commentare gli altri: non faccio il critico televisivo. Ognuno ha la sua linea editoriale, le sue convinzioni, la sua impaginazione. E’ giusto che ci sia una pluralità. Formigli? E’ un professionista che fa il suo lavoro. Idem la Gruber, così come Fazio. In televisione bisogna fare il proprio lavoro e perseverare”.
Ti sarebbe piaciuto perseverare con Quinta Colonna?
“E’ stata una scelta aziendale, che ho accettato. Alla fine aver cambiato ci ha portato bene. Quando non ero in onda ho scritto e ho pubblicato un libro…”.
Si era diffusa la voce che i tuoi programmi favorissero determinati schieramenti politici, era una fantasia?
“Non ti curar di loro ma guarda e passa… (sorride, ndr)”.
Perché Dritto e Rovescio colleziona ascolti così alti?
“Credo che i telespettatori premino la nostra schiettezza. Noi nonn giriamo troppo attorno agli argomenti, andiamo dritti al punto. E poi perché la gente comune, con i loro problemi, ha un ruolo centrale all’interno della trasimissione. Le persone si rispecchiano in loro”.
A Dritto e Rovescio contestano i toni troppo accesi.
“Perché, si accendono solo da noi? Se porti in onda la gente comune con i suoi problemi, è possibile che i toni si accendano. La gente esprime un disagio, ma mai un odio. Certe volte superano i limiti, come è successo con Brasile, ma vengono sempre rimessi al proprio posto: infatti Bracile non ha più parlato per tutta la serata perché ha detto una cosa che non doveva dire, ma questo nessuno lo dice”.
Usi anche una sirena per placare gli animi.
“C’ho la sirena, sì: è uno scherzo, però funziona (ride, ndr)”.
Maurizio Costanzo ti ha definito “un Funari colto”. Apprezzi?
“Beh, l’apprezzo molto”.
Aldo Grasso invece ti ha definito un “demagogo”.
“Grasso deve fare il suo mestiere. Va bene lo stesso. Sarebbe stato peggio se mi avesse chiamato in un altro modo (ride, ndr)”.
Come rispondi a chi dice che i programmi come il tuo tirino la volata a Salvini?
“Che se avessi voluto far politica, mi sarei schierato. Mi hanno proposto di fare di tutto: il sindaco di Milano, le Europee, il leader del centrodestra, il governatore della Toscana. Non faccio politica, fine. Mi piace fare televisione e continuerò a farla. E poi non mi sembra di invitare solo Salvini, noi invitiamo sempre tutti. La prossima settimana, per esempio, ci sarà Bersani. Poi, non nascondiamoci: ci sono dei politici che portano più ascolto e dei politici che ne portano di meno. Con questo non vuol dire che quelli che non portano ascolti non vengono chiamati, ma nessuno deve fare la verginella pura: tutti stanno attenti a queste perché tutti abbiamo un padrone, ovvero l’ascolto”.
Ti dispiace che Ubaldo Pantani non ti imiti più? Ora punta su Mario Giordano.
“(ride, ndr) Sono contento per Mario, spero che si diverta a vederlo, ma io passo volentieri la mano: prima ho avuto Eugenio Del Dubbio con Gene Gnocchi, poi Crozza e Pantani. L’imitazione è sempre piacevole da vedere”.
Cosa pensi della tv di oggi?
“Bisogna fare i conti con le esigenze della rete e anche con quelle degli ascolti. La televisione va avanti se ci sono ascolti e se c’è una raccolta pubblicitaria adeguata. Forse ci sarebbe da fare una riflessione sulla tv pubblica: dovrebbero fare più Angela e meno altre cose”.
Intanto hai scritto un libro.
“Si chiama Cosa Rischiano i Nostri Figli. L’idea è partita dalla lettura di un dato, che mi ha impressionato: 300mila adolescenti in Italia, su 2 milioni e 800 mila, sono malati di dipendenza digitale. Un numero che è al pari alla dipendenza alcolica o da droga. Sono nati dei centri specialistici, il primo al policlinico Gemelli, che curano questi ragazzi malati. E’ un dato impressionante, bisogna farne una riflessione”.