Paolo Beldì: “Addio regia tv, faccio il musicista. X Factor? Provini infiniti”
Paolo Beldì non lavora più come regista: ha ripreso a fare musica, come agli esordi con jingle pubblicitari e gli stacchetti di Drive in
Paolo Beldì, uno dei registi più stimati e geniali della tv italiana, si confessa in un’intervista-memoriale. A realizzarla su Libero – con toni magniloquenti degni di un assistente universitario – è una delle sue scoperte in Anima mia, l’autore tv Tommaso Labranca (di recente ha firmato Questo sono io, lo show Rai di Gigi D’Alessio).
Lo storico regista di Quelli che il calcio, targato Fabio Fazio, adesso fa il musicista perché è stato colpito anche lui dai tagli Rai:
“Ho un sacco di tempo libero. E piuttosto che guardare la televisione…”.
Però si è tolto la soddisfazione di condividere la vittoria di Rock Economy al terzo passaggio televisivo con il clan Celentano, visto che la regia l’aveva firmata lui. Benché Adriano avesse rimaneggiato qualcosa nel montaggio:
“Lui non si discute. E’ uno dei miei più grandi amici. Anche se ogni volta mi fa perdere due anni di vita. Proprio a Verona ricordo che eravamo entrati in una pausa pubblicitario. Torniamo in onda e per alcuni minuti mostro un tavolo vuoto. Tutti avranno pensato alla solita ‘pausa alla Celentano’ Invece Adriano era proprio scomparso. Avevo i sudori freddi”.
Ma Quelli che il calcio resta la sua ‘creatura più amata’:
“Il titolo lo dobbiamo a Enzo Jannacci e a Beppe Viola. Fabio Fazio ebbe l’idea di ricorrere a quella canzone ed Enzo ci fece anche la sigla su misura. Oltre che regista, io ero l’addetto al recupero di Jannacci all’ingresso della Rai. Bisognava prenderlo e guidarlo, altrimenti si sarebbe perso ogni volto. Poi io ero uno dei pochi, assieme a Paolo Rossi, a capire quando parlava. Sembrava un Vasco Rossi ante litteram”.
Per Beldì Quelli che il calcio ha superato il tabù dell’ironia quando si parla di sport, oltre al fatto di dichiararsi apertamente tifosi. Per di più in questa trasmissione, per la prima volta, un goal poteva interrompere chiunque stesse parlando, “fosse stato anche il Presidente della Repubblica”. E lui l’ha usato come arma per “interrompere gli ospiti logorroici, con la scusa del goal si girava pagina e si parlava d’altro”.
Beldì ricorda quei tempi come quelli di un’associazione a delinquere:
“Ricordo quegli otto anni passati con Fabio come un liceo prolungato, una scuola in cui avevi voglia di andare ogni giorno per vedere gli amici. Lì ho iniziato a fare cose fuori luogo, inquadrare le scarpe. Dario Argento si interesso al mio modo di fare le riprese in studio, tant’è che vidi una ripresa simile a quella del mio primo Sanremo – avevo chiesto un braccio di dodici metri per cogliere il pubblico in momenti di assopimento o imbarazzo – in un film di Argento”.
Ma com’è nata la carriera di Beldì? Ebbene sì, anche lui è un figlio d’arte:
“Mio padre Aldo era un celebre pubblicitario. Lui ha lanciato la De Agostini, per esempio. Io, mentre trasmettevo nelle prime radio libere demenziali, sulle orme paterne avevo iniziato a comporre jingle pubblicitari. Ma odiavo la pubblicità. Così un giorno, parlando delle mie depressioni con Beppe Recchia, lui mi disse: perché non provi a fare il regista? Non ne ero molto convinto, ma iniziai a collaborare con lui, affiancandolo ad Antenna 3 Lombardia in oltre mille ore di diretta”.
Secondo Beldì ad Antenna 3 sono nati i talent:
“Da lì uscirono tutti i comici del Drive in, Teo Teocoli e Massimo Boldi. E poi c’erano quelle trasmissioni che anticipavano i talent nostrani. Cos’è X Factor se non una serie infinita di provini? Ecco, noi lo facevamo già ad Antenna 3, con la Ciperita: il pubblico rispondeva alle esibizioni degli artisti lanciando una verdura o un fiore di plastica. Io ero aiuto regista di quei programmi perché Beppe, impegnavo anche con Portobello, mi affidava le prove”.
Sempre a proposito di Drive in, Beldì racconta un aneddoto con frecciata annessa:
“Una cosa che sanno in pochi è che io ho composto gli stacchetti e le musiche originali di quel programma. E spesso mi vengono ancora ‘presi in prestito’ da ‘amici’ nelle loro trasmissioni”.
Eh, la tv di oggi che vive di rendita…