Oprah e Obama, l’intervista in chroma key è una lezione per la tv in pandemia
La tecnologia aiuta, ma ci vuole un’idea: lo dimostra Oprah, in California, che intervista Obama, a Washington, ma davanti allo stesso camino
Che Oprah Winfrey faccia scuola nel mondo dei media non è una novità. E non smette di darne prova. Lo ha fatto anche con l’intervista a Barack Obama nell’ultimo appuntamento con The Oprah Conversation, in onda su AppleTv dal 25 novembre e free fino al 2 dicembre, di cui ha dato conto anche Il Post con un articolo pubblicato oggi. La pandemia è una sfida vitale per la medicina, ma è anche un’occasione per ridefinire le potenzialità dei media e il linguaggio televisivo. Ci si dovuti adattare non solo a studi vuoti e applausi registrati, necessari fin dalla prima ondata, ma progressivamente si sono dovute trovare soluzioni creative per permettere ai conduttori in quarantena di poter condurre anche da casa (Carlo Conti e Lilli Gruber ne sanno qualcosa) o subentri veri e propri, come successo a X Factor con Daniela Collu che ha sostituito Alessandro Cattelan. Un altro elemento che ha segnato la costruzione narrativa dei programmi tv in questi mesi è la necessità dell’ospite in collegamento, cosa che in tempi di pace è sempre stata ‘odiata’ dai conduttori/intervistatori (ce lo raccontò anche Luca Sommi in un’intervista di qualche tempo fa), ma che è diventata una necessità. L’interlocuzione può risentirne, tra distanza interpersonale e ritardi tecnici, ma dall’altra parte la circostanza può ampliare oltre l’immaginabile il parterre di possibili ospiti. Basta dare un’occhiata alla lista presenze di Fabio Fazio e di Che Tempo Che Fa (e ancor prima di Propaganda Live), ormai settimanalmente alle prese con star d’oltreoceano, da Jane Fonda a Ken Follett, passando per i prossimi Glenn Close e Ron Howard.
Certo, il collegamento crea sempre quel distacco, quella mancanza di complicità che la mediazione di uno schermo non aiuta certo a raggiungere, sia tra gli interlocutori in campo che rispetto alla platea televisiva, immersa in una sorta di continuo ‘Picture in Picture’. Ma c’è chi ha cercato un modo per superare l’empasse prendendo in prestito soluzioni peraltro neanche troppo fantascientifiche che costituiscono la quintessenza di una larga fetta della produzione cinematografica. Si prende un telo verde, si immagina una scenografia, si piazzano poltrone, camere e simulacri di interlocutore e si va in onda ricostruendo un set del tutto organico, confortante, rilassante, davvero al di là del tempo e dello spazio, in cui riunire Barack Obama in collegamento da Washington DC e Oprah Winfrey direttamente dal salotto di casa sua, con tanto di camino acceso.
Una scena perfettamente congruente, quindi, che si appoggia in fondo non tanto su tecnologia ‘ignote’ o particolarmente all’avanguardia, quanto sulla capacità di sfruttare mezzi esistenti per superare le difficoltà. Insomma, il nodo resta la capacità di stimolare una visione, di avere un’idea e riuscire, poi, a realizzarla al meglio. Ok, non tutti sono Oprah e non tutti hanno AppleTv alle spalle, con tutto quello che tecnologicamente vuol dire, ma Oprah non è certo l’unica a poter ‘aguzzare l’ingegno’. In fondo da noi va dato atto a Tale e Quale Show di aver trovato una soluzione semi-dinamica per portare Carlo Conti sul palco, un escamotage che ai fan di The Good Wife avrà ricordato qualcosa…
Ma torniamo oltreoceano. A rendere particolarmente efficace l’intervista di Oprah a Obama di certo c’è anche la comprovata amicizia tra i due, che rende quindi la complicità credibile e riuscita anche ‘a distanza’. Se c’è un tratto della conversazione che tradisce, invece, la disunità di tempo e luogo è piuttosto un aspetto audio, ovvero la tendenza di Obama ad alzare il volume della voce per coprire la distanza. Una distanza, però, invisibile agli occhi. Chapeau.