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Nikola Savic, vincitore di Masterpiece: “Il programma era di una noia mortale, ma mi divertii. Oggi dirigo centri di accoglienza”

Nikola Savic vinse la prima e unica edizione di Masterpiece: “Se non fossi stato uno dei partecipanti, nemmeno io lo avrei guardato. Tanti si lamentarono per la collocazione del programma contro La Domenica Sportiva”

29 Dicembre 2024 09:05

Il programma era di una noia mortale. Se non fossi stato uno dei partecipanti, nemmeno io lo avrei guardato”. Parola di Nikola Savic a proposito di Masterpiece, dimenticata trasmissione di Rai 3 varata nell’autunno del 2013 con l’obiettivo di cercare e lanciare nuovi talenti della scrittura.

Nulla di strano, se ad esprimersi in questa maniera non fosse chi quel talent lo vinse. “In effetti è come quando ti imbatti in orrende case di campagna: ti convinci che l’unica spiegazione della loro esistenza sia quella che sulla carta fossero in realtà bellissime”, ammette Savic a TvBlog. “Masterpiece in teoria era un’idea formidabile, intelligente, realizzata da persone valide. E anche noi concorrenti ci divertimmo nel gareggiare. Purtroppo non era avvincente per chi lo guardava”.

Classe 1977, Nikola è nato a Belgrado, dove ha vissuto fino al 1992, quando con la famiglia si trasferì ad Oriago di Mira, in provincia di Venezia. Laureatosi in Scienze della Comunicazione all’Università di Bologna, ha sempre coltivato la passione per la scrittura, portata avanti parallelamente ad altri lavori.

L’avventura a Masterpiece si concretizzò per caso, su suggerimento di un caro amico: “Gigi, ex sindaco di Mira, mi chiamò avvertendomi che stavano lanciando questo programma e che avrei dovuto fare assolutamente domanda. Aveva letto il mio romanzo, era rimasto entusiasta e voleva aiutarmi a pubblicarlo. Pensò che quella sarebbe potuta essere la mia occasione”.

Il romanzo era Vita Migliore. Immagino non l’avessi ancora fatto circolare.

No, stavo cercando di capire come farlo uscire. Volevo depositarlo o spedirlo a qualche casa editrice. Ma mentre pensavo a tutto questo Gigi, persona molto importante per me, mi diede quel suggerimento. Ero appena tornato dalla Serbia, dove avevo lavorato in un McDonald’s. Mi ero licenziato ed ero messo male coi soldi. Volevo fare l’artista, dipingevo e scrivevo. Quindi decisi di tuffarmi.

Prima di Vita Migliore avevi realizzato altri scritti?

Avevo tradotto dal serbo-croato un libro di Marco Vidojkovic. Fu un modo per esercitarmi a scrivere in italiano. Dopodiché diedi alla luce il mio primissimo romanzo, che però non feci leggere a nessuno. Non era un granché.

I casting di Masterpiece non rappresentarono per te un grosso ostacolo.

Feci una specie di selezione e qualche tempo dopo mi richiamarono. Fu bellissimo, uno spasso totale. La trasmissione non mi causava alcun tipo di stress. Provavo emozioni belle ed ero sempre in compagnia di qualcuno, circondato da persone simpatiche. In tanti mi ripetevano che avrei vinto, alla fine andò effettivamente così.

Masterpiece andò malissimo. Percepivate questo clima di smobilitazione attorno a voi?

Ero un concorrente e non avevo accesso a determinate informazioni, ma credo che fin dall’inizio ci fosse del malcontento. So che tanti si lamentarono per la collocazione della trasmissione. Andavamo in onda la domenica in seconda serata, contro La Domenica Sportiva. E in Italia, si sa, la domenica sera si guarda il calcio. Sentii persino sostenere da qualcuno che se fosse stato prodotto da Sky saremmo stati tutti delle star.

Forse fu sbagliato pure il modo di descrivervi. Dal racconto delle storie passò il cliché dell’artista dannato, fuori di testa, che addirittura praticava la masturbazione ossessiva.

Le prime puntate non le vidi perché ero ancora in gara e in fase di registrazione. Cominciai a guardarle una volta tornato a casa. Ad ogni modo, posso garantirti che lo scrittore è l’artista che scopa di più per antonomasia (ride, ndr), ancor più dei pittori. La storia è piena di grafomani che erano al contempo erotomani.

I giudici, la scenografia, certe atmosfere. Per molti il programma strizzò troppo l’occhio a Masterchef. Fu forse anche quello uno dei motivi del flop?

A me certe prove piacevano. Ci davano 30 minuti per scrivere una storia corta. Moltissime persone che incontrai fuori mi confidarono che erano andate a leggersi sul sito del programma le nostre prove, quello che avevamo scritto. Secondo me il pubblico che ama queste cose sta poco davanti alla tv.

Ho la sensazione che l’aspetto più affascinante di questa esperienza lo abbiate percepito più voi che gli spettatori.

La cosa bella della televisione, almeno per quel che mi riguarda, sta nel sottosuolo fatto di corridoi, fonici, assistenti, costumisti, truccatori, produttori. Era meraviglioso. Registravamo nel palazzo della Rai di Torino, vedevamo la Mole, il posto era veramente suggestivo.

Trionfasti e il libro fu pubblicato da Bompiani.

Mi arrivarono anche offerte dalla Serbia per tradurlo nella loro lingua e insistetti con l’editore affinché venisse scritto in caratteri latini per permettere ai croati di leggerlo. La questione assunse una connotazione politica. Successivamente vendetti un altro romanzo alla Bompiani che non fu mai pubblicato. Era bellino, ma con il passaggio di Elisabetta Sgarbi a La Nave di Teseo si arenò tutto.

Il primo posto a Masterpiece ti aprì le porte del Salone del Libro.

Sì, fu un sogno. Per un anno e mezzo ebbi una discreta fama e partecipai a tutti i festival letterari. Ricevetti una buona accoglienza, non percepii situazioni di particolare diffidenza. L’esperienza fu per me positiva.

Le soddisfazioni furono anche economiche?

Per Vita Migliore ottenni la percentuale sulle vendite, sia in Italia che in Serbia. Il secondo romanzo, come ti dicevo, lo vendetti alla Bompiani ma non andò in stampa. Ora sono tornati a me i diritti di entrambe le opere. Se non fossi impegnato con il lavoro, potrei pensare di ripubblicarle.

Oggi di cosa ti occupi?

Nel 2015 ho cominciato a lavorare nel settore dell’accoglienza e ci sono rimasto. Mi occupo dei richiedenti asilo e, nell’ultimo anno e mezzo, mi sono interessato pure degli ucraini colpiti dalla guerra. Dirigo dei centri di accoglienza a Portogruaro e a Bibione. Il governo, per mancanza di spazi o di volontà di organizzazione, ha deciso di mettere i profughi di guerra ucraini assieme ai richiedenti asilo nei centri di accoglienza. La straordinarietà è diventata ordinarietà.

In che senso?

Sarebbero dovuti essere un primo punto di arrivo per poi convogliarli dentro alle strutture Sai, che invece stanno chiudendo su tutto il territorio italiano.

Come è nata questa passione?

Se volevo continuare a scrivere, dovevo trovarmi un altro lavoretto, anche part-time. Allora iniziai a collaborare con degli enti no-profit. Giravo per le scuole e parlavo con i ragazzi. In realtà, avrei voluto lavorare in una comunità di recupero per tossicodipendenti, mentre dopo il colloquio mi assegnarono ai richiedenti asilo e ai migranti. A quel punto, l’impegno è diventato full-time e negli anni ho coperto parecchi ruoli di responsabilità.

Racconta.

Dal 2016 sono il direttore di diversi centri di accoglienza e ho una mia squadra di lavoro. E’ un’occupazione formidabile e faticosa contemporaneamente. Se ti piace avere la responsabilità di tante persone, questo lavoro fa per te. Richiede sacrifici, ma è gratificante. Mi si addice, prevede una lotta continua. Per queste persone noi siamo la loro unica arma di difesa. In quest’ottica potrei definire la mia una vocazione. Spesso la politica e i mass media trattano il fenomeno migratorio in modo disumano. C’è bisogno di qualcuno che li protegga, a volte anche dalle stesse istituzioni. Ovviamente scriverò un libro su tutto questo, qualcuno deve testimoniare ciò che accade.

Sarà un libro di denuncia?

Sì. Spero che qualcuno me lo pubblichi. E’ importante essere testimoni del proprio tempo. Il problema è che scrivo di cose che non interessano a nessuno.

Quando Giancarlo De Cataldo ti domandò “dove ti vedi tra dieci anni?”, la tua risposta fu: “Benestante ed ozioso, circondato da molte donne che mi desiderano”. I dieci anni sono passati…

Di De Cataldo ho un ricordo molto piacevole. In merito alla previsione, fallii miseramente! Comunque era una provocazione. Parliamo di cose dette in un programma televisivo, mica di roba vera.

Chi ti incontra ti associa ancora a Masterpiece?

Capita davvero molto raramente che si ricordino di me e di quell’esperienza.