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Nessuno può volare, su laF la sfida civile e culturale di Simonetta Agnello Hornby e del figlio George

Un docufilm per raccontare la disabilità da punti di vista inediti e mostrare i disabili, nascosti dallo stigma. Perché volare è possibile. Anche grazie a un bagno pulito.

pubblicato 25 Ottobre 2017 aggiornato 1 Settembre 2020 04:43

La mia speranza è che tutti i bagni d’Italia siano agibili: senza un bagno attrezzato un disabile non può uscire di casa, non ha neanche la dignità di bere una birra. E non consideriamo mai che anche noi invecchiando diventiamo disabili.

Asciutta, diretta, efficace, tagliente: Simonetta Agnello Hornby affida a un libro e a un docufilm il racconto del suo personale viaggio nella disabilità, vissuta attraverso la sclerosi multipla del figlio George, e la comune battaglia culturale e civile per la ‘liberazione’ dei disabili dallo stigma dell’handicap. Un viaggio che si intreccia con la storia sociale della disabilità, con la storia del (suo) canone artistico, con le storie esemplari di chi ha fatto della propria disabilità un punto di forza e che fornisce un punto di vista sulla vita inedito per i “perfetti”, come li definisce George.
Questo l’impianto di Nessuno può volare, docufilm in onda questa sera, mercoledì 25 ottobre su laF (Sky, 139) con protagonisti Simonetta Agnello Hornby e George Hornby presentato in anteprima sabato 21 al MIA, a Roma. Un viaggio intenso, profondo, lento, in un certo senso ciclico, che parte dall’intima consapevolezza di una madre messa di fronte alla cruda diagnosi di sclerosi multipla nella sua variante più aggressiva, la Primaria Progressiva, consegnata al figlio 32enne, con una carriera promettente, un matrimonio, due figlie. La metabolizzazione della malattia degenerativa nella madre ‘palermitana’, che pur si adatta a una maternità anglosassone, passa dalla ‘normalizzazione’ di un processo: è vero che il figlio non potrà più camminare, ma come tutti gli esseri umani non può volare. Nessuno può farlo. E’ il punto di partenza di un percorso, vissuto giorno per giorno, che porta madre e figlio a esplorare se stessi e gli altri, a immergersi nella disabilità portandoci con loro alla scoperta di quello che non vediamo, non percepiamo, non capiamo, fermi in una prospettiva canonica, che non lascia spazio alla diversità.

Nessuno può volare è, dunque, (un pezzo del)la storia di Simonetta e George innestata sulle vicende di chi ha saputo fare della disabilità un’opportunità, superando ostacoli inattesi e sfruttando appieno ogni occasione. Si va dal nuotatore paralimpico Roberto Valori, nato senza gambe e senza un braccio, campione a Barcellona 1992 e attualmente presidente della FINP (Federazione Italiana Nuoto Paralimpico), incontrato all’ombra delle vigorose statue d’età fascista del Foro Italico, al programmatore informatico non vedente Filippo Tenaglia, cui si affidano per scoprire le bellezze dell’Ara Pacis, passando per l’instancabile Simona Anedda, sulla sedia a rotelle per la Sclerosi multipla ma sempre in giro per il mondo, per la barman Manuela Migliaccio, sulla carrozzella per un incidente e compagna di esplorazioni nella Galleria degli Uffizi, e per Daniele Regolo, non udente, per 10 anni alla ricerca di un lavoro e oggi attivo nel job placement dei disabili con la passione della vela, assaporata a La Spezia.

 

Nessuno può volare, il regista Riccardo Mastropietro a Blogo: “Spero di aver messo a disagio lo spettatore”

Caratterizzante nella costruzione del docufilm la regia di Riccardo Mastropietro, giocata su più livelli di ripresa, anche estremi, che stratificano e accompagnano il racconto a più voci (e più livelli di percezione) proprio dei protagonisti. Riprese zenitali che ribaltano ‘alto’ e ‘basso’, che simulano il volo – impossibile agli uomini -, che esplorano il punto di vista di chi ‘può’ invece vedere quel che a noi è negato.
Una matita per Simonetta, una nuvola di fumo elettronico per George: queste le icone che evocano i protagonisti nel racconto, che ha una sua ritualità ciclica e sembra costruito per una segmentazione seriale.

“All’inizio c’era l’idea di fare 4 episodi, sull’onda dell’esperienza di Io e George. Poi con Riccardo Chiattelli (Direttore comunicazione e contenuti di laF, ndr) ci siamo detti ‘Perché non farne un film, vero, sotto tutti i punti di vista?’. A quel punto è cambiata la prospettiva del progetto”

ci ha raccontato il regista Mastropietro, impegnato anche nel ruolo di produttore visto che è Art Director e CEO di Pesci Combattenti.

La natura intrinsecamente seriale del prodotto passa anche per una serie di tratti distintivi dei personaggi inseriti a cadenzare il racconto: una matita su carta per Simonetta, il fumo di una sigaretta elettronica per George, che marcano l’inizio e la fine di ogni tappa del loro viaggio. Una ‘naturale segmentazione’ del racconto in puntate, insomma, tenuto insieme dalle voci narranti, a volte over, altre no, dei protagonisti. Matita e fumo diventano un po’ simulacri dei narratori nel racconto.

Il fumo è una caratteristica di George – spiega ancora Mastropietro – Lo aiuta a rilassarsi, lo ha fatto durante i momenti più difficili della realizzazione: a quel punto ho pensato di usare il fumo come un modo per entrare nei suoi pensieri, come fossero dei fumetti.

Ho avuto chiaro fin da subito i piani di ripresa – aggiunge – con un punto di vista dall’alto su George quando è a letto la sera, realizzato con una camera zenitale montata sopra di lui, su Simonetta e George  con il drone quando cambiano città… un modo per evocare il titolo, un modo, se vuoi, anche di anticipare quanto accadrà dopo.

Un impianto di regia che chiama in causa direttamente lo spettatore, con un ribaltamento di prospettiva all’inizio e alla fine del film che investe direttamente chi sta a casa (e su cui non vado oltre). Sono però tutte tracce di un uso della macchina da presa al servizio, quasi mimetico, della narrazione.

Prospettive, punti di vista ma anche ciclicità nelle scelte di costruzione così come nella strutturazione narrativa del quotidiano di George e delle sue reali dinamiche di azione:

“Stare 3/4 minuti a vedere una persona disabile che si alza dal letto può essere pesante in tv, ma è un tempo ‘reale’ che abbiamo deciso di mantenere inalterati, fatto salvo un minimo di adattamento, perché arrivasse chiaro alle persone abili, “perfette” come le chiama George, cosa vuol dire alzarsi, spostarsi, muoversi. Spero di essere riuscito così a mettere sufficientemente a disagio lo spettatore per rendere tangibile la realtà di una condizione”.

Tempo e ritmo, quindi, come strumento esperienziale ‘diretto’ per lo spettatore a casa di una condizione altrimenti non percepibile. Sul piano visivo, invece, “penso che questo sia uno dei pochi documentari girato in 4k, che dà anche più spinta all’aspirazione anche di arrivare sui mercati esteri” dichiara Mastropietro. Difficile non concludere chiedendo se sono  in programma altri progetti con Simonetta e George:

“Non loro c’è un rapporto di amicizia profonda e mi auguro continui nei secoli: è stato un innamoramento reciproco e lavorare con loro è quanto di meglio si possa chiedere a chi fa il nostro mestiere”.

Le premesse per nuove tappe del viaggio di George e Simonetta ci sono tutte. Ora serve il tempo.

 

Nessuno può volare, il viaggio di Simonetta e George

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Il viaggio di Simonetta Agnello Hornby e di suo figlio George parte dal Foro Italico di Roma, con le sue colossali statue di atleti che esaltano la bellezza, la forza, la virilità, l’abilità e la perfezione, ossia il “mens sana in corpore sano” tanto esaltato dal fascismo. Eppure, proprio a Roma sono nate nel 1960 le Paralimpiadi: nella piscina dei Mosaici, Simonetta e George incontrano uno dei partecipanti dei Giochi per disabili tenutisi nel 1981, il nuotatore Roberto Valori, nato senza gambe e senza un braccio, campione paralimpico a Barcellona 1992 e attualmente presidente della FINP (Federazione Italiana Nuoto Paralimpico).

È invece Filippo Tenaglia, programmatore informatico amante dello sport diventato non vedente a causa di una malattia, ad accompagnarli al Centro Sant’Alessio, ex istituto/convitto in cui venivano ricoverati e cresciuti bambini ciechi e poveri, e poi all’Ara Pacis, dove è presente un percorso tattile-sensoriale per permettere ai non vedenti di godere dell’arte che il luogo custodisce. Nell’hotel che li ospita, madre e figlio incontrano Simona Anedda, infaticabile viaggiatrice malata di Sclerosi Multipla, che le ha tolto l’uso delle gambe ma non la voglia di vivere e di scoprire il mondo.

La seconda città dello speciale viaggio è Firenze: prima alla Ruota degli Esposti, presso lo Spedale degli Innocenti, dove migliaia di neonati indesiderati sono stati abbandonati per quattro secoli; poi agli Uffizi, dove George incontra la sua amica, Manuela Migliaccio, bellissima ragazza che ha perso l’uso delle gambe in seguito a un incidente. La storica dell’arte Marylinda Pacenti è la loro guida alla Galleria delle Statue e delle Pitture dove analizzeranno i canoni della bellezza e discuteranno dell’armonia, dell’imperfezione e del non finito che diventa capolavoro.

Il viaggio punta poi a Nord, in Liguria, dove un veliero nelle acque de La Spezia è il luogo d’incontro con Daniele Regolo, imprenditore di successo non udente dalla nascita e velista, impegnato nell’aiutare i disabili a trovare l’impiego adatto alle loro attitudini.

Il documentario si chiude ad Acqui Terme con una sorpresa per Simonetta e una nuova consapevolezza per George.