Neri Marcorè: “Basta imitazioni dei politici. In Rai si sperimenta poco e si dà spazio ai soliti noti”
L’intervista a Sette di un acidissimo Neri Marcorè, che dice di preferire la tv pensata della Dandini alla tv verità che non è mai vera.
È un Neri Marcorè acidissimo quello che stamattina abbiamo letto su Sette, il supplemento settimanale de Il Corriere della Sera. L’attore ha raccontato il suo tormentato rapporto con la televisione, partendo dal 1992, anno in cui compì la scelta che gli cambiò la vita. Cioè, appunto, lasciare il piccolo schermo (“venivo da due anni di dirette di domenica pomeriggio su Rai2”) per sturiare doppiaggio e teatro “resistendo alle chimere della visibilità e del guadagno immediato”. Fino all’ultima esperienza televisiva, quella non esaltante di Neri Poppins. Ma andiamo con ordine.
L’attore ha spiegato di aver lasciato Per un pugno di libri, la cui conduzione è ora affidata a Geppi Cucciari, perché “se posso cerco di prevenire la fase discendente delle parabole”:
Stacco prima. Anche per lasciare e conservare un buon ricordo invece del senso di routine o di attaccamento alla poltrona.
Il motivo per il quale invece da qualche tempo ha rinunciato alle imitazioni dei politici, che pure gli hanno donato popolarità, è “il teorema della frantumazione dello scroto”. Cioè:
Qualcosa su cui ironizzare si trova sempre. La politica continua a regalare spunti. Ma da quindici anni i personaggi sono quasi tutti gli stessi e i dibattiti sono sterili. Uno sketch di 10 anni fa è ancora attuale. (…) E anche se c’è stato un po’ di ricambio nel personale politico… non sono cambiati i temi, i canoni della discussione, gli argomenti. Allora ho pensato che era necessario uscire da quella stanza, c’era aria stantia.
Dopo aver svelato che Luciano Ligabue è stato tra gli imitati che meno hanno apprezzato le sue perfomance (“non l’ha presa benissimo”), Marcorè ha spiegato perché non rifarà Neri Poppins a prescindere dagli ascolti per nulla positivi:
È stato uno sforzo incredibile perché ho voluto seguire ogni aspetto, dalla scrittura al montaggio, non per sfiducia degli ottimi compagni di viaggio, ma per passione e divertimento.
Quindi l’attacco alla tv pubblica, sacrosanto, anche se indebolito dall’omissione di nomi e cognomi:
In Rai si vede sperimentare molto poco. Per la filosofia del mordi e fuggi. Si va in onda con prodotti sicuri, di cui si riscuotono risultati subito. E che non possano fare troppi danni. Non si avviano più progetti a lungo termine che facciano maturare i prodotti televisivi. Nessuno osa e si vivacchia. E spesso si danno possibilità ai soliti noti. (…) Autori che girano film dimenticabili o sfornano trasmissioni inutili, a cui vengono affidati sempre nuovi progetti.
Marcorè non ha ovviamente risparmiato nemmeno i reality show, bersaglio fin troppo facile per i detrattori di un certo tipo di tv (o forse sarebbe meglio dire per i difensori di un certo tipo di tv). Così quando gli è stato chiesto che tipo di televisione evita di guardare, ha risposto:
Le chiacchiere inutili, la gente che si insulta, i comici giustizieri, l’inconsistenza dei reality. La tv verità non è mai vera. Preferisco quella molto pensata e scritta, come la facevamo con Serena Dandini e i fratelli Guzzanti.