MOSTRA DI VENEZIA TRA CINEMA E TV: va di moda la regressione…
Quando si tratta di regressione la televisione ha sempre le mani in pasta. Almeno nel cinema. Nei film più brutti o meno interessanti ma anche in quelli sulla carta più interessanti. La televisione comunque non è mai assente, anche quando non viene inquadrata dalla macchina da presa, è presente in spirito, magari sotto le spoglie
Quando si tratta di regressione la televisione ha sempre le mani in pasta. Almeno nel cinema. Nei film più brutti o meno interessanti ma anche in quelli sulla carta più interessanti. La televisione comunque non è mai assente, anche quando non viene inquadrata dalla macchina da presa, è presente in spirito, magari sotto le spoglie di vari nascosti innesti.
“Shame” di Steve McQuenn, in concorso, ha al suo centro un maniaco sessuale. Tra un amore e l’altro, tra adescamenti e dragaggi, tra carnali rapporti con il computer e le infinità possibilità onaniste che promuove con filmati tv a basso costo, un certo Brandon (l’attore che ha interpretavo lo psicanalista Jung in “A Dangerous Method”) si prende qualche ora di riposo sedendosi in poltrona, struggendo davanti ai vecchi cartoni in bianco e nero, con figurine sottili, a molla, con una colonna sonora che sembra un carillon.
Il riposo serve a poco perchè Brandon riprende il suo corso degli onori erotici e, allontanandosi dalla ipnosi dei cartoni, ne combina, quante ne combina. Se ne potrebbe dedurre che siano i cartoni ad accendere le fiamme del sesso nei momenti di riposo, e le fiamme vanno a bruciare all’esterno, tra i grattacieli. In una New York sotto la pioggia, la Los Angeles di “Blaide Runner” è un’altra cosa. Ridley Scott è molto meglio di questo Steve McQueen che sciupa la bella omonimia che porta. Regressione hard.
“Terratrema” di Emanuele Crialese, in concorso, ha bellissime scene di mare ma, poi, quando si tratta di terraferma sembra ispirato alle immagini che la televisione ha trasmesso e trasmette sulle immigrazioni, sui barconi di derelitti, sui cadaveri seminati dalle onde.
La suggestione tv raggiunge, e frena, un regista che ha talento ma che si innamora un pò troppo delle storie del suo mare siciliano, e ci lascia con la sensazione delle difficoltà di uscire da un condizionamento che oscilla fra la fiction, lo sguardo macchettistico, il cuore in mano di servizi e inchieste giornalistici. Da noi la faccenda si va aggravando. Forse perchè il controllo sui temi e sui copioni è talmente prudente che finisce per influenzare gli autori meglio intenzionati. Non so, così mi sembra. Regressione invisibile.
Infine, “Poulet aux prunes”, anch’esso in concorso, mi aveva incuriosito. Per il nome della regista Marjane Satrapi, una iraniana trasferitasi in Francia dal 1994; e del suo socio Vincent Parannoud, francesissimo; entrambi autori di “Persepolis” che ha avuto molto successo, e creatori di fumetti e di cartoni animati.
La storia è quella di un violinista innamorato di una giovane donna ma che si lascia a convincere a sposare una donna che non ama, L’azione è ambientata nel 1958, in una situazione ben lontana dalle tensioni politiche contemporanee. I due registi tessono un omaggio a un paese dove tutto è favola, dove la realtà sembra ancora più arretrata rispetto agli anni Cinquanta.
Una favola esile eppure ambiziosa, tra rimpianto dell’amore e dell’arte. Una realtà dolorosa e idilliaca. Un omaggio a un paese che sogna i tempi che furono o che non ci sono mai stati se non in offuscati ricordi.
Anche questi sogni che durano, che resistono, tra scene in studio e fumetti-cartone riportano alle atmosfere retrò che fiction tv e vecchi cartoni animano intorno, e dentro, i personaggi che presentano. La bravura degli attori e la squisitezza formale hanno una palla al piede: l’evocazione astratta di un paese immaginario. Pare la cittadina in cui vive Truman Show, sotto le telecamere. Regressione astratta.
Italo Moscati