Monica Maggioni: “Share non può essere più schiavitù, Rai è lenta, deve recuperare under 35”
Le dichiarazioni della Presidente della Rai
Monica Maggioni, dal 5 agosto scorso Presidente della Rai, ha rilasciato un’intervista al quotidiano La Repubblica per spiegare come la tv pubblica cambierà con la nuova dirigenza. Molto dipenderà dalla riforma che attualmente è al Senato per essere sottoposta alla seconda lettura. Una riforma che “ci fa assomigliare ad un’azienda normale“:
Con un amministratore delegato che può far funzionare le cose come accade in tutto il mondo. Io perdo quasi tutti i poteri? E allora? Con Campo Dall’Orto stiamo lavorando come se la riforma ci fosse già. Non sarei adeguata al ruolo se pensassi di fargli la guerra. Non sono qui per questo.
Secondo l’ex direttore di Rai News tra le priorità dell Rai c’è quella di “liberarla dalla burocrazia“:
Siamo lenti. E soprattutto bisogna riconquistare la capacità di essere contemporanei. Non è possibile che tra i nostri spettatori siano scomparsi gli under 35. Il servizio pubblico deve rivolgersi anche alle giovani generazioni. Noi, rispetto a loro, parliamo proprio un’altra lingua.
Sulla stessa linea del dg Antonio Campo Dell’Orto, la Maggioni ha spiegato che la Rai deve occuparsi dell’alfabetizzazione digitale:
Negli anni ’50 e ’60, la Rai ha avuto un ruolo primario nell’alfabetizzazione del Paese. Noi dobbiamo farlo nella digitalizzazione. C’è una parte di italiani che non sa neppure cosa siano i social network. Dovremmo spiegarglielo. E c’è un’altra parte, i nativi digitali, cui dobbiamo offrire un prodotto moderno.
Per questo, tra le novità a cui si sta pensando c’è quella di prevedere un canale on demand. La Maggioni a tal proposito ha una certezza:
Stare fuori da quel settore, oggi, significa regredire. Nello stesso tempo dobbiamo dare una nuova mission al servizio pubblico, più valori, più cultura. Trasmettere l’idea di un mondo complesso e non semplificato.
Che non vuol dire cancellare l’intrattenimento tout court:
L’entertainment esiste anche alla BBC. È una questione di metodo, come si riempiono di contenuti quei programmi. Ad esempio Umberto Eco una volta mi ha detto: i quiz con le “parole” contribuiscono a rendere viva la lingua italiana. È la dimostrazione che tutto può essere occasione di crescita culturale.
La Maggioni non si è sbilanciata sull’ipotesi di riduzione del numero di canali generalisti ma ha osservato che “più che trasformarli in reti tematiche, dobbiamo dare un’identità forte“. Sul tema della ‘dittatura degli ascolti’:
Di certo dobbiamo essere capaci di sperimentare. Lo share non può più essere un incubo. E’ lì che essere servizio pubblico fa la differenza (…) Ma mica dobbiamo ignorare l’audience. L’obiettivo degli ascolti rimane, ma banalmente non deve essere una schiavitù. Dobbiamo provare nuove strade e realizzare progetti che raccontino il Paese.
La Rai della Maggioni dovrà fare a meno anche della pubblicità, almeno in alcuni canali?
Il canone da solo non può bastare a costruire 122.640 ore di trasmissione. E ricordo che abbiamo anche il tetto del 4% alla raccolta pubblicitaria.
Messo in chiaro che “l’arrivo di professionalità esterne è una grande opportunità” per la Rai in quanto dà “nuovi stimoli a chi lavora” nell’azienda pubblica da interno e in quanto “la contaminazione è un valore“, la presidente ha detto la sua sui talk show, mostrandosi assolutamente allineata al Presidente del Consiglio:
Il format sta segnando il passo. Non esprime più innovazione.Le prime vittime sono i politici. Vince chi grida di più. Ma gridando nessuno capisce. Se hai 8 persone in studio è tutto superficiale. (…) le nostre opinioni sui talk non sono la conseguenza di quel che afferma Renzi.