Mission, le polemiche dopo la messa in onda: quanto è costato? Ora chi paga il flop della Rai?
Il ministro Cecile Kyenge non dà giudizi sulla trasmissione, mentre il Consiglio Italia per i Rifugiati cambia idea e promuove il programma
Due giorni dopo la messa in onda di Mission (la recensione di TvBlog) sono vivissime le polemiche. Quelle legate agli ascolti bassissimi (poco più dell’8% di share): come ricostruito dal quotidiano Libero, su Rai1 in prima serata da quando esiste l’Auditel peggio avevano fatto solo Macbeth nel 1997 e Tosca nel 2010. Persino Vittorio Sgarbi con il suo show chiuso dopo la prima puntata per flop fece di più.
Le critiche su questo aspetto arrivano anche dall’interno della Commissione Vigilanza. Michele Anzaldi (Pd) e Bruno Molea (Scelta Civica) hanno attaccato:
I dubbi di un’ampia fetta del mondo del volontariato, la petizione da centomila firme e i dibattiti in rete non sono bastati: la Rai ha comunque deciso di andare avanti con la trasmissione ed è andata incontro ad un flop clamoroso di ascolti. Ora chi paga?
I due consiglieri di Vigilanza hanno invitato Roberto Fico a chiedere “immediate spiegazioni alla Rai per comprendere esattamente a quanto ammonta il danno economico subito dall’azienda e chi ne sarà ritenuto responsabile”. Quindi hanno chiosato:
Va verificato, inoltre, se questo flop di ascolti ricada nel periodo di garanzia, che rappresenta la fascia stagionale più preziosa per gli investitori pubblicitari.
Altro dettaglio su cui fare la luce è legato ai costi. Secondo Il Giornale Mission costerebbe qualcosa come 700 mila euro a puntata. L’unica certezza a riguardo è che Giancarlo Leone a settembre scorso parlò di “400 mila euro a puntata, quello che costa in media un programma di intrattenimento”, a cui però andrebbe aggiunti i costi di produzione.
Intanto nel merito del programma condotto da Michele Cucuzza e Rula Jebreal è intervenuto Eugenio Melandri, dirigente del Cipsi (coordinamento di 37 ong):
Peggio di quanto ci aspettassimo. È apparso chiaro che la motivazione accampata dalla Rai per coinvolgere personaggi in nome dell’audience era priva di consistenza, visto il flop di ascolti, una vera e propria offesa al pubblico che vede la Rai, ritenuto incapace di capire i problemi.
Il ministro per l’Integrazione Cecile Kyenge ha scelto la strada della diplomazia, rilasciando una dichiarazione cauta:
Non do giudizi sulla trasmissione, ma qualunque strumento di comunicazione va bene per far conoscere una realtà, sempre nel limite del rispetto della persona. Bisogna rispettare lo stato giudirico di una persona. Stiamo parlando di profughi e voi sapete chi è un profugo. Le campagne di conoscenza possono e devono essere fatte ma devono tener conto delle persone.
Infine, gli aspetti positivi. Il direttore del Consiglio Italiano per i Rifugiati (Cir), Christopher Hein, nei giorni scorsi pessimista e critico nei confronti di Mission, ha cambiato idea, affermando che il programma di Rai1 “è effettivamente un modo utile per sensibilizzare il grande pubblico”. Quindi il responso economico, per un programma che non ha potuto nemmeno puntare sulla pubblicità (niente spot, come avrete notato), riguarda le donazioni del pubblico: in poche ore all’Unhcr ne sarebbero arrivate oltre 75 mila.