Miss Italia 2013 in onda? C’è anche chi dice sì. Antonio Marziale: “Non trasmetterlo è venire meno al Contratto di Servizio”
Il presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori contrario alla cancellazione dello show.
In difesa di Miss Italia 2013, che rischia seriamente di non trovare spazio nel palinsesto Rai, è intervenuto anche una voce a sorpresa. Antonio Marziale, sociologo, presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori, presente anche anche alle ultime elezioni politiche con la lista di Magdi Cristiano Allam, Io amo l’Italia, che più di una volta ha dispensato critiche anche quando non necessario, ha, invece, deciso di difendere il famoso concorso di bellezza.
Marziale ha affermato che il concorso di Miss Italia, oltre a non ledere i minori, non danneggia l’immagine della donna in generale:
La manifestazione ha saputo raccogliere le istanze provenienti dalla società specializzata nella tutela dei minori al fine di non ledere i loro diritti innalzando, per esempio, ai fatidici 18 anni la soglia anagrafica per partecipare alla gara. Un segnale importante, se contestualizzato alla spietata macchina dello spettacolo che tende sempre più a sfruttare i minorenni a beneficio dell’audience. Anche in termini di riconoscimento alla dignità della donna, Miss Italia ha provveduto a premiare femminilità, che in seguito alla partecipazione al concorso, hanno dimostrato di possedere doti culturali non indifferenti nel campo dei mestieri e delle arti, diventando punto di riferimento per le adolescenti. Tutt’altro che solo bellezza estetica.
Facendo riferimento alla storia del concorso, secondo Marziale, per la Rai è praticamente un dovere, trasmettere Miss Italia, per motivi di servizio pubblico:
Non inserire nei palinsesti del servizio pubblico una manifestazione che rientra a pieno titolo nella storia del costume del Paese significa venire meno al Contratto di Servizio che fa della Rai la Tv di Stato, obbligata a promuovere le peculiarità artistiche e culturali del Paese.
Miss Italia 2013 in onda? C’è anche chi dice sì. La Sen. Amati: “I programmi che riducono le donne a oggetto del desiderio sono altri”
La decisione della Rai, ancora non ufficiale, di rinunciare all’edizione 2013 di Miss Italia non è stata una di quelle che fa strappare i capelli dalla rabbia, tutt’altro. Considerati i motivi delle femministe più incallite, le ragioni puramente economiche e le considerazioni di chi si lamenta di uno show ormai sorpassato, la cancellazione dello storico concorso di bellezza dai palinsesti Rai è apparso quasi come una liberazione.
Oltre agli organizzatori del concorso e alle protagoniste dello stesso che, grazie a Miss Italia, hanno costruito una carriera, c’è anche chi dice no alla soppressione del concorso in tv, e per motivi etici addirittura. Secondo la senatrice Silvana Amati, Partito Democratico, e Ruggero Alcantarini, Presidente Nazionale del Comitato Fair Play, infatti, la manifestazione, negli ultimi anni, si è messa al servizio di campagne sociali molto importanti e, di conseguenza, eliminarla dal palinsesto sarebbe un errore.
Queste sono state le dichiarazioni della senatrice Amati in una lettera scritta ad Anna Maria Tarantola, presidente della Rai:
Le campagne sociali con le quali Patrizia Mirigliani ha trasformato il concorso di Miss Italia mettendo le ragazze, con la loro avvenenza, al servizio di nobili cause, sono apparse utilissime e di grande impatto emotivo. Credo che l’esperienza di conoscenza e crescita reciproca abbia contribuito a cancellare del tutto lo stereotipo delle miss quali ragazze-oggetto che un tempo poteva considerarsi prevalente. Patrizia Mirigliani ha saputo far crescere attorno al Concorso una nuova impostazione dell’immagine delle ragazze, belle sì ma anche attente e partecipi alle difficoltà delle vita quotidiana e quindi pronte a mettere al servizio di queste le loro doti intellettuali e fisiche. Sarebbe un vero peccato che questo storico appuntamento italiano, così trasformato e reso più vicino ai problemi dell’oggi, non avesse la visibilità che merita.
La senatrice del PD ha concluso, affermando che le trasmissioni che riducono la donna a puro oggetto del desiderio sono ben altre.
Le affermazioni di Alcantarini seguono la medesima linea:
Il Concorso ha introdotto tematiche nuove e caratterizzate da un forte messaggio etico, oltre alla straordinaria sinergia attivata con il mondo delle donne invalide del lavoro. Noi del Comitato Nazionale Italiano Fair Play abbiamo trovato accoglienza e collaborazione per le nuove proposte. Miss Italia è patrimonio consolidato della cultura popolare del nostro Paese, legata indissolubilmente ai temi della bellezza in ogni sua espressione e, in un momento come questo, rappresenta anche una delle poche opportunità non effimere rimaste per le giovani, che credono nel futuro basato sul talento.
Matteo Romano, presidente del concorso Miss Ciclismo, invece, ha affrontato il discorso da un punto di vista economico:
Apprendiamo dagli organi di stampa che la RAI ha deciso di non inserire nel palinsesto 2013 la finale di Miss Italia, pur auspicando un reinserimento della stessa che fungerebbe sicuramente da volano per tutti gli altri concorsi di bellezza, mi sentirei di suggerire all’emittente di Stato, che giustamente sta andando a razionalizzare le risorse economiche, di pensare ad un format nuovo, magari ad un concorso tra le vincitrici di tutti i concorsi di bellezza nazionali, andando così a realizzare un programma di sicuro successo a costi contenuti.
Concludendo, ridurre il dilemma Miss Italia sì o Miss Italia no ad una pura questione di maschilismo e femminismo è alquanto riduttivo. In questo caso, infatti, c’è anche da considerare il lato “televisivo” della vicenda: è innegabile che le ultime edizioni del concorso sono state tutt’altro che indimenticabili, che i timidi tentativi di rinnovamento (quasi impercettibili) si sono rivelati buchi nell’acqua e che lo show, alla fine, è risultato sempre uguale a se stesso e anche gli ascolti freddi degli ultimi anni lo hanno confermato. Dopo queste premesse, è necessario chiedersi: è sufficiente la storia del concorso, giunto alla 74esima edizione, e le campagne sociali nobili, a salvare Miss Italia dall’oblio televisivo?
Se si dicesse no, non sarebbe uno scandalo.