Minority Report, la serie tv si affida più ai protagonisti ed al futuro immaginato che al poliziesco
Minority Report, la serie tv della Fox, è un poliziesco ambientato nel futuro, ma che sfrutta soprattutto i due protagonisti e l’uso degli effetti speciali per trovare spunti innovativi rispetto alle altre serie tv
Una serie tv che punta a divertire con l’interazione tra i due protagonisti, ma anche ad affascinare con un futuro ricco di innovazioni tecnologiche e di quesiti morali sul destino. Questo sembra essere Minority Report, lo show della Fox di cui nei giorni scorsi è trapelato online il pilot.
Il telefilm, scritto da Max Borenstein, non è un remake della pellicola del 2002 di Steven Spielberg (che è anche produttore esecutivo) a sua volta tratto dal romanzo breve di Philip K. Dick, ma un vero e proprio sequel, che racconta i fatti che avvengono quindici anni dopo quelli raccontati dal film.
Ora, l’Unità precrimine non esiste più, ed i precognitivi, ovvero i tre fratelli dotati della capacità di prevedere i reati che sarebbero stati commessi nel futuro -e per questo tenuti al lavoro in una struttura sorvegliata- sono stati liberati. Tra di loro, c’è Dash (Stark Sands), che non riesce più a sopportare le visioni frammentarie dei vari reati che accadranno, e decide di uscire allo scoperto, cercando di salvare coloro che stanno per essere uccisi. Per questo, chiede l’aiuto della detective Lara Vega (Meagan Good) con cui inizia a collaborare mantenendo però con gli altri il segreto su chi sia veramente, tranne che con Wally (Daniel London, che torna ad interpretare il ruolo del film), che si era preso cura dei tre fratelli in passato. Intanto, però, la sorella Agatha (Laura Regan) lo avverte dei rischi che sta correndo, mentre del fratello Arthur (Nick Zano, inizialmente doveva essere interpretato sempre da Sands) ha perso le tracce.
La formula che propone la versione televisiva di Minority Report non sembra essere particolarmente innovativa: ci sono dei casi casi da risolvere (e la componente delle visioni del futuro del protagonista non sono neanche del tutto nuove, visto che esiste già una serie tv, Person of interest, in cui si cercano di prevenire dei crimini) ed i due protagonisti si aiutano l’un l’altra.
A dare quel tocco di originalità alla serie sono però due elementi: uno è costituito dai momenti più leggeri che derivano dalle differenze tra la detective Vega e Dash. La prima vuole svolgere il proprio lavoro con concentrazione, ma deve anche preoccuparsi di tenere a bada il collaboratore, non abituato a vivere nella società e, soprattutto, propenso a dare avvertimenti legati anche alle piccole cose che stanno per avvenire. Si crea, così, un mix tra indagini e battute che abbiamo visto in numerose altre serie tv poliziesche e che serve a smorzare la tensione del caso.
C’è poi la componente fantascientifica. Lo show è ambientato nel 2065, e gli autori hanno immaginato come sarà New York: il sistema di trasporto pubblico sarà molto efficiente, le case potranno beneficiare delle nuove tecnologie, le comunicazioni saranno all’avanguardia e, soprattutto, anche le indagini faranno uso di strumenti che inevitabilmente richiamano al film e la cui presenza nel telefilm permette al pubblico di trovarsi di fronte ad un’epoca in cui tutto è touch e ciò che usiamo oggi (che sia un iPod o un’applicazione come Tinder) è vintage. A questo ai aggiunga la discussione etica di fronte alla possibilità di modificare il futuro con le varie conseguenze del caso.
Al Television Critics Association press tour il produttore esecutivo della serie tv Kevin Falls ha spiegato che solo oggi uno show come questo si è potuto realizzare:
“La tecnologia non era disponibile. [I progressi tecnologici] lo hanno reso più abbordabile per un budget televisivo”.
Se, quindi, nella storyline non s’intravedono spunti di innovazione, è nella costruzione dei due protagonisti e nell’uso degli effetti speciali che Minority Report può incuriosire il pubblico. Non è molto, in effetti, soprattutto quando si ha a che fare con un poliziesco e le indagini devono sempre avere un determinato percorso narrativo. La Fox ha già prodotto serie tv futuristiche, come Almost Human, che non ha avuto successo: la firma di Spielberg, in questo caso, potrebbe garantire maggiore attenzione alla trama orizzontale ed offrire nuove sorprese agli appassionati di fantascienza.