La ricetta di Michele Santoro per la Rai: tagliare i telegiornali. Ma è davvero la soluzione?
Secondo Michele Santoro in Rai si spendono troppi soldi “per mantenere molti tg che dicono tutti le stesse cose. Non ha senso”
Se Michele Santoro fosse diventato davvero direttore generale della Rai, oggi sulla tv pubblica vedremmo molti telegiornali in meno. Questo, almeno, è quello che lascia intendere il giornalista campano, che, intervistato da Repubblica, spiega:
Si spende tanto per mantenere molti telegiornali che dicono tutti le stesse cose. La moltiplicazione delle edizioni non ha senso, soprattutto con Internet che racconta minuto per minuto quello che succede. E poi c’è pure un canale All news. Poi però la Rai, che era una grande tv europea, non segue niente in giro per il mondo perché costa troppo.
La posizione di Santoro appare condivisibile, ma solo in parte. Ha ragione, infatti, quando dice che tanti telegiornali che ripetono le stesse cose sono decisamente inutili, uno spreco di soldi e risorse. Crediamo, però, che la soluzione non dovrebbe stare nel tagliare i tg in più, ma semplicemente nel permettere a loro di differenziarsi, proponendo nuovi spunti.
Il mondo è tanto vario che trovare notizie non è certo un problema, per dirla in termini molto semplici. Si potrebbe, per esempio, incentivare il lavoro dei corrispondenti esteri, che appaiono talvolta poco utilizzati: o semplicemente si potrebbe tentare di trovare chiavi di lettura nuove nell’interpretazione della realtà.
Insomma, si intravede un discorso simile a quello politico relativo all’Italia delle ultime settimane: non ha senso tagliare a destra e a manca ed esercitarsi nella spending review se contemporaneamente non si attua un programma di crescita economica; e così, in televisione, non ha senso tagliare telegiornali in più se non si pensa a un’alternativa valida.
E’ lo stesso Santoro a specificarlo:
Se i tecnici (Anna Maria Tarantola e Luigi Gubitosi, ndr) a viale Mazzini fanno solo tagli, come capitò con i Professori, possono indebolire l’azienda.
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