Maurizio Zamboni, da C’è posta per te ai villaggi: “A Maradona la consegna più incredibile. Con la tv più alcun contatto, ma mai dire mai”
Intervista all’ex postino di C’è posta per te: “Fu Costanzo a consigliare alla De Filippi di chiamare qualcuno dai villaggi. La prima consegna, al luna park dell’Eur, non andò mai in onda. Maria è immensa, intelligentissima e molto sensibile”
Villaggi turistici, andata e ritorno. In mezzo a questo lungo viaggio un’esperienza televisiva che gli ha regalato la notorietà nelle vesti di portalettere a C’è posta per te, programma che ha dominato l’ultimo ventennio di Canale 5. Maurizio Zamboni ha visto nascere lo show, all’inizio del 2000, e ha assistito alla sua crescita, fino alla consacrazione definitiva.
“Era la fine del 1999 e Maria De Filippi stava testando le prime consegne per una nuova trasmissione – racconta Zamboni a TvBlog – inizialmente provò con dei modelli, ma notò che davanti alle persone facevano fatica a creare una relazione, a generare empatia. Fu Maurizio Costanzo a suggerirle di chiamare qualcuno dai villaggi”.
E fu così che quello di Zamboni divenne uno dei volti (e pizzetti) più popolari del piccolo schermo. Sorridente, estroverso, simpatico. Una centralità avvantaggiata dal fatto che i postini, all’epoca, erano pochissimi: “C’eravamo io, Rossella Brescia e Walter Nudo. Poi in una seconda fase si aggiunse pure Walter Zenga”.
La primissima consegna non andò mai in onda, in quanto inclusa in una puntata zero: “Venni mandato al luna park dell’Eur, dovevo consegnare la posta ad una signora e si trovò subito a suo agio. Si tratta di un gesto molto delicato, perché vai a toccare l’intimità di un individuo che ha qualcosa da risolvere. Bisogna portare rispetto e pensare che si sta portando un messaggio di pace, da parte di qualcuno che vuole chiedere scusa. Devi andarci con i piedi di piombo”.
La De Filippi rimase soddisfatta del ‘provino’?
Sì, lo vide e lo considerò perfetto come tempi, modi e impatto. Mantenne dunque quella traccia.
Nei primi tempi eravate dei perfetti sconosciuti per il pubblico. Immagino che la consegna delle lettere fosse più complicata.
E’ vero, c’erano molti interrogativi. La gente si chiedeva chi fossero quegli inviati vestiti da postini. A quel punto spiegavamo la dinamica della trasmissione, ovviamente senza mai rivelare chi li aveva fatti chiamare. Le storie di C’è posta per te sono sempre state vere, ci tengo a sottolinearlo.
I destinatari quindi non vengono mai avvisati in anticipo.
Nessuno sa che arriviamo, te lo assicuro. Per C’è posta per te la verità è l’aspetto più importante. Giunti nella città stabilita, andiamo alla ricerca dell’abitazione della persona, sperando di trovarla in casa. Non è scontato che ci sia. Le riprese in bicicletta magari si girano successivamente, in modo da evitare di dare nell’occhio. Non ho mai ricevuto accoglienze sgradevoli, mi sono posto sempre con la massima educazione.
Una consegna che le è rimasta nel cuore?
La più incredibile fu quella a Diego Armando Maradona, all’aeroporto di Fiumicino. Quando si aprirono le porte gli arrivarono incontro 3 mila persone. Dovevo bloccare Maradona in mezzo alla folla che lo trascinava. Il rituale prevedeva le tre domande per capire se fosse il Diego che cercavo e ricordo ancora il suo sguardo. Pensò: ‘ma questo è scemo!’. Fu un’emozione mostruosa.
Il successo dello show fu fulminante.
Partimmo fin da subito bene, per arrivare ad una vera esplosione. In origine C’è posta per te andava al mercoledì. Passò al venerdì e infine al sabato. Sfidammo e battemmo Fiorello, Morandi, Panariello.
Le primissime edizioni la consacrarono.
Divenni un volto riconoscibilissimo, grazie anche al pizzetto biondo che era un segno di distinzione. Come approccio portai nel programma molto dei villaggi turistici. C’erano i giochi, Maria ballava. Io ero il partner imbranato, mentre Kledi quello bravo.
Un exploit che favorì la stessa De Filippi, allora reduce da format che non avevano riscosso altrettanto successo.
Maria è veramente immensa e C’è posta per te le assegnò un’enorme credibilità. E’ una persona educatissima, che si prepara e studia. Quando arrivai ero spaventato dal mondo della televisione e mi affidai a lei. La mia fiducia fu riposta come meglio non si poteva. Mi ha aiutato e insegnato tantissimo.
Quali pregi le riconosce?
E’ intelligentissima e molto sensibile. Ha un grande dono: la capacità di sintesi. Riesce a parlare poco senza perdere di autorevolezza. Ha tempi comunicativi eccezionali. Lei e le persone che la affiancano sono straordinarie.
Non si fece mancare nemmeno la partecipazione come tronista a Uomini e donne.
Fu un gioco che durò pochi mesi. Maria amava mettermi in difficoltà proponendomi situazioni comiche per vedere come ne uscivo. Pure in quel caso portai un po’ di clima da villaggio turistico. Non mi innamorai, l’anima gemella l’ho trovata in seguito. Mi sono sposato con Linda nel giugno 2022, dopo sette anni di convivenza. E’ tutta la mia vita.
Ad Amici, invece, rivestì il ruolo di autore.
Collaborai per un periodo, nel 2005-2006, quando il talent includeva ancora i musical. Avevo una certa esperienza figlia dei villaggi e mi occupai di quello, aiutando i ragazzi nel mettere in scena i loro lavori.
L’impegno a C’è posta per te durò fino al 2019. Perché abbandonò?
Lasciai poco prima dell’arrivo del covid. Dopo venti anni di fila sentivo di aver chiuso il cerchio. Ho preferito concentrarmi anche su altre cose.
In vent’anni la trasmissione si è trasformata, pur mantenendo i suoi punti fermi.
Agli inizi facevamo mille giochi, c’era voglia di farsi delle risate e c’era spazio per questi siparietti. Però erano altri tempi. A mio avviso, adesso si sta dando più spazio alle storie – che sono alla base di C’è posta per te – raccontandole bene, nel dettaglio, ma sempre con rispetto e attenzione. Se il racconto è vero, il pubblico a casa lo sente. Non manca comunque la leggerezza, con gli anziani che si ritrovano dopo tanti anni. Certo, è una leggerezza differente rispetto agli esordi. Il segreto della lunga vita del programma sta nella preparazione, nell’attenzione e nella sincerità con cui si raccontano le storie.
Ha mai percepito come limitante il ruolo del ‘postino’?
No. Davo una mano alle persone per fare la pace. Inoltre, avere la possibilità di lavorare fianco a fianco con la De Filippi è stato come conseguire un Master universitario in vita e comunicazione. Era un ruolo piccolo ma importante, è stato un onore.
Torniamo ai villaggi turistici. A quando risalgono i primi passi?
Al 1990. Lavorai per quindici anni alla Valtur. Nei villaggi ci vado tuttora, lavoro come capo-animatore, ci tengo. E’ un’esperienza che suggerisco a tutti, ti fa maturare. Si condivide l’estate con altri ragazzi, si sviluppa il rapporto con la gente. Ho visto giovani arrivare in un modo e uscire in un altro, decisamente cresciuti.
Tempo fa confessò che l’artefice della sua prima svolta fu il suo amico Pier Giacomo.
Ho cambiato vita quando Pier Giacomo Bianchi, il mio ex capo, mi consigliò di non andare nel villaggio situato nel posto dei sogni, ma di prediligere il meno appetibile. Ascoltai il suggerimento. Sarei dovuto andare alle Mauritius, invece scelsi Marilleva, in montagna. Andò straordinariamente bene. Se vuoi crescere, devi optare per il percorso più difficile. Ti aiuta ad affrontare le sfide, da cui non bisogna mai scappare. A volte si è tentati dall’intraprendere delle scorciatoie, è un errore.
Il primo approdo in tv risale al 1997.
Fu una brevissima apparizione, su Italia 1, con Appuntamento al buio. Andava in onda prima di Generazione X di Ambra. Facevamo il 4% di share al pomeriggio e dopo qualche tempo ci comunicarono che erano terminati budget e periodo di garanzia. Ad ogni modo, non ero all’altezza di gestire da solo una roba del genere.
Tra Appuntamento al buio e C’è posta per te c’è un buco di tre anni.
In quel periodo tornai nei villaggi, ero scioccato, non ero pronto per quel mondo. Mi ero montato la testa e feci un bagno di umiltà. Presi una botta forte e ripartii da ciò che sapevo fare. Mi dissi: ‘se vorranno, mi chiameranno’.
Dopo la Valtur ha creato un’agenzia di animazione tutta sua.
L’ho fatto assieme al mio carissimo amico Antonio Alfieri. Si chiama Anima Vera ed è attualmente il mio lavoro. Facciamo lavorare 150 ragazzi, tra estate e inverno, dai 20 anni in su. Il mio sogno sarebbe quello di aprire le porte pure ad animatori 60-70enni. Penso che il lavoro dell’animatore sia da premiare in quanto socialmente utile. Il nostro scopo è creare relazioni tra le persone, far nascere delle amicizie. Oggi è tutto più complicato, tutto si è raffreddato, un po’ per i social, un po’ per la pandemia. Ci siamo disabituati a relazionarci, c’è timidezza e maggiore freddezza.
Parallelamente tiene anche dei corsi di formazione sulla comunicazione.
Esatto, durante l’inverno tengo lezioni sul public-speaking insieme a mia moglie. I tempi della comunicazione sono cambiati clamorosamente e l’attenzione all’ascolto è diminuita. Si ascolta sempre meno. Si parte con una predisposizione all’ascolto elevata, ma si ha sempre meno tempo per far capire se un discorso è interessante o meno. E’ fondamentale tenere alta la concentrazione dell’interlocutore. Noi proviamo ad intervenire su quei meccanismi che mantengono viva la conversazione.
Con la televisione ha rotto definitivamente i ponti?
Al momento non c’è più alcun contatto, ma mai dire mai. Seguo molto la tv, occupandomi di comunicazione. Insieme ai social, è uno dei mezzi più potenti in circolazione. E’ importante seguirla, studiarla, capirla.