Maurizio Ferrini a TvBlog: “Alla corte di Arbore grazie a Nicoletta Braschi. Ammiro Fazio. L’Isola? Mi aspettavo arrivasse la polizia”
Intervista a Maurizio Ferrini: “Nicoletta Braschi infilò una mia videocassetta nel cappotto di Arbore. Da Fazio percepisci un clima di affetto, amore e rispetto. Il caso David a L’Isola? Mi aspettavo arrivasse la polizia”
Settant’anni il 12 aprile e una vita vissuta sull’ottovolante. Tra vette, cadute, risalite e nuove consacrazioni. Maurizio Ferrini festeggia godendosi la ritrovata popolarità regalatagli da Fabio Fazio, che da quasi due anni lo fa sedere come ospite fisso al tavolo di Che tempo che fa.
“Ne dimostro molti di meno, sono stato graziato”, afferma l’attore a TvBlog. “Sono felice, perché mi sono visto tutto, dai Beatles all’epoca del rock, passando per tutto quello che è accaduto con la rivoluzione culturale degli anni sessanta. Certo, se avessi 20 o 30 anni sarei contento, ma anche aver accumulato esperienza è molto bello. Forse sarebbe meglio averne 20 con la testa dei 70, o forse no. Ogni stagione ha un suo fascino”.
La domenica sera, ormai, dalle 23 in poi su Rai 3 si respira un clima di famiglia, grazie al consolidamento di un gruppo che ormai fa squadra in tutto e per tutto. “Fabio è un genio, ha messo a punto una formula magica nella quale sono rientrato e gliene sono grato. Provo una profonda ammirazione per le sue capacità. Il nostro è un equilibrio delicato. Fazio ha scelto persone che tra loro sono in ottimi rapporti, c’è amicizia. Quando entri nel suo studio diventi un gentleman, percepisci un clima di affetto, amore e rispetto. Fabio è una persona buona che si è unita ad altre persone buone. Il segreto di questo successo ce l’ha lui. E’ una trama particolare ed è stato bravo ad averla inventata”.
Le performance di Ferrini avvengono sotto mentite spoglie. Il comico è infatti tornato ad impersonare la signora Emma Coriandoli ad oltre trent’anni dalla primissima volta. “A quei tempi era più difficile, l’en travesti era fatto soprattutto dal mondo gay, era un altro genere. Io interpretavo un personaggio credibile, come se fosse un poliziotto, o un medico”.
Come nacque la parodia?
La signora Coriandoli era una casalinga romagnola che riassumeva una serie di persone conosciute nella mia vita. Venne fuori nel pieno del cazzeggio con Gianni Boncompagni durante Domenica In, ma l’idea fu mia. Gianni partorì il nome.
In quel ruolo condusse in seguito anche tre edizioni di Striscia la Notizia.
Dal 1992 al 1994. Prima con Sergio Vastano, poi con Alba Parietti. Fu un’esperienza bellissima e con Antonio Ricci nacque una forte amicizia che dura tuttora. A Striscia il personaggio fu messo a punto per bene. Inizialmente curavo più i contenuti che il look, loro invece mi diedero grande potere e libertà di aggiustarlo attraverso l’aiuto di una bravissima costumista, Lea Bevilacqua.
Ci fu quindi una correzione dal punto di vista estetico.
Esatto. In origine la Coriandoli venne truccata troppo e questo dettaglio trasformava il personaggio in una drag queen. Non era quello che volevo e non riuscivo a far capire come dovesse essere. Ci tengo a sottolineare che la nuova versione del personaggio è frutto di una stretta collaborazione con la mia manager Sara Guglielmi e la cugina Giovanna Guglielmi, che è una grande stilista.
La maschera è anche una protezione dal mondo. Per lei è un aiuto a non mostrare le sue fragilità?
Quando il personaggio prende vita, devi annullarti. Ma una delle essenze della recitazione è proprio quella di mostrare le proprie fragilità. Io cerco di farlo sempre.
E’ reduce dall’esperienza del Cantante Mascherato. Si è divertito?
L’esperienza è stata bella e positiva. Mi ha contattato a dicembre l’autore Giancarlo De Andreis chiedendomi se volessi partecipare. Lo staff dello show mi ha seguito in tutto e per tutto con grande cura e professionalità. Non pensavo di durare così tanto.
Sotto la maschera del Porcellino c’era un’altra maschera, proprio quella della signora Coriandoli. Le è dispiaciuto non apparire almeno in quella circostanza come Maurizio Ferrini?
Per me è stato indifferente, non ci sono distinzioni. La Coriandoli è una mia creatura, anzi ho preferito comparire così. In fin dei conti ero Ferrini. Il personaggio cantava con la voce di Ferrini, ho semplicemente prodotto il gioco della parrucca.
Nuovo flashback, partiamo dagli inizi: il suo primo approccio col mondo dello spettacolo?
Iniziai a fare l’attore a 27 anni, nell’ottanta, dopo il servizio militare che svolsi come carrista tra Lecce e il Friuli. Cominciai con l’Arci, l’associazione culturale del Partito Comunista che mi ficcò dentro a varie Feste dell’Unità. Devo tutto a quell’esperienza. Ebbi modo di guardare gli spettatori e da lì nacque il personaggio del veterocomunista che lanciai a Quelli della notte. Il pubblico veniva a guardare me e contemporaneamente io imparavo da loro.
L’approdo da Arbore avvenne nel 1985. Come riuscì a mettersi in contatto con lui?
Sono di Cesena. Mandai una videocassetta a Nicoletta Braschi, da poco fidanzatasi con Roberto Benigni, suo amico. Ad una festa gliela infilò nella tasca del cappotto. Arbore mi chiamò dopo un anno e mezzo. Mi chiese se sei mesi dopo mi sarebbe piaciuto andare a Roma per partecipare ad una sua trasmissione. ‘Assolutamente sì’, risposi.
Insomma, deve ringraziare la Braschi.
Sicuramente. Le devo molto, non avrei avuto altri modi. Venni a sapere in seguito che Renzo era disponibile a ricevere qualsiasi cosa, ma io non ne ero al corrente, ero tagliato fuori da quel circuito. Nicoletta mi fece da corriere.
Quelli della notte fu un successo pazzesco, racchiuso in appena 32 puntate.
Un’esperienza epica, concentrata in poco tempo. Per quindici giorni rimasero tutti muti, poi però i media si scatenarono. Era uno spettacolo innovativo.
Immagino il contraccolpo.
Fu totale, nessuno era preparato. Mi mutò la vita, da capo a piedi. Cambiai città, mi fidanzai. Un po’ come se un’agenzia segreta mi avesse cambiato i connotati e l’identità.
Nel 1986 Dino Risi la volle ne Il commissario Lo Gatto. Quel film rappresentò anche il suo primo incrocio con Fazio, che diede la voce ai finti Andreotti e Giovanni Paolo II.
Sì, fu il primo contatto. Fazio è davvero bravo in tutte le imitazioni, ma personalmente ero affezionato a come imitava Enzo Biagi, era un’eccellenza. Non lo farebbe mai, tuttavia se andasse in onda imitando Biagi sarebbe un colpo da maestro.
Potreste provare a convincerlo.
Io gli suggerirei di farlo, la qualità va premiata, ma Fabio è una persona umile.
Nello stesso periodo di Lo Gatto rifiutò invece una parte in Troppo Forte.
Dissi no a Verdone, ormai lo sanno tutti. Sergio Leone mi voleva al posto di Sordi, nella parte dell’avvocato. Rifiutai perché ero stupido. Non per altezzosità, ma per una incapacità di valutazione. Venivo dal boom di Quelli della notte, il successo ti sconvolge la vita. Forse avrei declinato anche un’offerta di De Niro.
Ritrovò comunque Carlo Verdone in Compagni di scuola, dove interpretò Armando Lepore, personaggio di un cinismo unico. Rimase sorpreso dalla decisione?
Mi meravigliai, non avrei mai pensato di ricoprire quel ruolo. Forse Carlo scoprì un lato del mio carattere. Penso di non essere così nella vita, però se uno lo interpreta così bene, magari c’è qualcosa (ride, ndr). L’avventura di Compagni di scuola fu splendida, ricordo un gruppo di lavoro davvero coeso.
Nel 2005 partecipò a L’Isola dei Famosi. Entrò in corsa, arrivò secondo, ma finì nella bufera dopo essere stato accusato di molestie da Arianna David.
Mentì e mi tirò la volata inventando una molestia che non esisteva. Tutti lo riconobbero. Alla fine devo dirle grazie perché lei venne eliminata dopo pochi giorni, mentre io arrivai in finale, dietro solo a Lory Del Santo.
Percepì il timore che il mondo potesse crollarle addosso?
Mi aspettavo che arrivasse la polizia. In un duello tra un brutto e una donna-miss vince sempre la donna. Invece lei fu cacciata col pubblico che prese le mie parti.
In passato affrontò dei periodi di difficoltà che andò a raccontare in televisione. Col senno di poi, lo rifarebbe?
Non sono pentito, fu utile a farmi crescere e se sono quello che sono è anche grazie ai periodi difficili affrontati. Si va avanti. La verità è che l’italiano gode nel parlare del passato, l’Italia è ossessionata dal passato. Basta.