Sergio Mattarella, il discorso di fine anno 2022 tra l’attacco sul precedente settennato e il ricordo di Ratzinger
Il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sarà proposto in diretta da tutte le reti generaliste, tranne una
Primo Messaggio di Fine Anno del suo secondo mandato per Sergio Mattarella che apre il consueto discorso del Presidente della Repubblica del 31 dicembre proprio facendo riferimento al suo precedente, e impegnativo, settennato e alla rielezione inattesa voluta dal Parlamento. Un attacco che ripercorre gli eventi politici del 2022, partito proprio con la sua rielezione, quindi con la crisi di Governo estiva e le inedite elezioni in autunno, con l’arrivo di una Premier donna. Un resoconto come sempre attento e preciso, affilato come sempre nella scelta delle parole, delle pause – poche – e della scaletta degli argomenti, che ha ripercorso gli eventi di un anno difficile, di guerra – cui il Presidente dedica ampio spazio -, di crisi economiche e umanitarie, di difficoltà e con una grande attenzione, come sempre, alla transizione ecologica. Il faro resta la Costituzione, che non dimentica mai di indicare come il riferimento della Repubblica, di cui stila una sorta di decalogo: e il riferimento al “senso civico di chi paga le imposte perché questo serve a far funzionare l’Italia e quindi al bene comune“ sembra proprio una sottolineatura verso le misure proposte dal Governo Meloni, poco da dire.
Non manca il ricordo del Papa Emerito Benedetto XVI, agganciato alle parole di Papa Francesco sulla necessità di pace. Continuo il riferimento al futuro e ai giovani, cui rivolge un accorato e diretto appello, davvero come un nonno, perché non mettano a rischio la propria vita sulle strade.
“La Repubblica vive della partecipazione di tutti. È questo il senso della libertà garantita dalla nostra democrazia”
chiosa il Presidente Mattarella nel Discorso di Fine 2022
Di seguito, dunque, la trascrizione integrale del discorso del Presidente. Come sempre un punto di riferimento per ricordare a tutti cosa voglia dire essere e vivere in una Repubblica.
(di Giorgia Iovane)
Care concittadine e cari concittadini,
un anno addietro, rivolgendomi a voi in questa occasione, definivo i sette anni precedenti come impegnativi e complessi.
Lo è stato anche l’anno trascorso, così denso di eventi politici e istituzionali di rilievo.
L’elezione del Presidente della Repubblica, con la scelta del Parlamento e dei delegati delle Regioni che, in modo per me inatteso, mi impegna per un secondo mandato.
Lo scioglimento anticipato delle Camere e le elezioni politiche, tenutesi, per la prima volta, in autunno.
Il chiaro risultato elettorale ha consentito la veloce nascita del nuovo governo, guidato, per la prima volta, da una donna.
E’ questa una novità di grande significato sociale e culturale, che era da tempo matura nel nostro Paese, oggi divenuta realtà.
Nell’arco di pochi anni si sono alternate al governo pressoché tutte le forze politiche presenti in Parlamento, in diverse coalizioni parlamentari.
Quanto avvenuto le ha poste, tutte, in tempi diversi, di fronte alla necessità di misurarsi con le difficoltà del governare.
Riconoscere la complessità, esercitare la responsabilità delle scelte, confrontarsi con i limiti imposti da una realtà sempre più caratterizzata da fenomeni globali: dalla pandemia alla guerra, dalla crisi energetica a quella alimentare, dai cambiamenti climatici ai fenomeni migratori.
La concretezza della realtà ha così convocato ciascuno alla responsabilità.
Sollecita tutti ad applicarsi all’urgenza di problemi che attendono risposte.
La nostra democrazia si è dimostrata dunque, ancora una volta, una democrazia matura, compiuta, anche per questa esperienza, da tutti acquisita, di rappresentare e governare un grande Paese.
È questa consapevolezza, nel rispetto della dialettica tra maggioranza e opposizione, che induce a una comune visione del nostro sistema democratico, al rispetto di regole che non possono essere disattese, del ruolo di ciascuno nella vita politica della Repubblica.
Questo corrisponde allo spirito della Costituzione.
Domani, primo gennaio, sarà il settantacinquesimo anniversario della sua entrata in vigore.
La Costituzione resta la nostra bussola, il suo rispetto il nostro primario dovere; anche il mio.
Siamo in attesa di accogliere il nuovo anno ma anche in queste ore il pensiero non riesce a distogliersi dalla guerra che sta insanguinando il nostro Continente.
Il 2022 è stato l’anno della folle guerra scatenata dalla Federazione russa. La risposta dell’Italia, dell’Europa e dell’Occidente è stata un pieno sostegno al Paese aggredito e al popolo ucraino, il quale con coraggio sta difendendo la propria libertà e i propri diritti.
Se questo è stato l’anno della guerra, dobbiamo concentrare gli sforzi affinché il 2023 sia l’anno della fine delle ostilità, del silenzio delle armi, del fermarsi di questa disumana scia di sangue, di morti, di sofferenze.
La pace è parte fondativa dell’identità europea e, fin dall’inizio del conflitto, l’Europa cerca spiragli per raggiungerla nella giustizia e nella libertà.
Alla pace esorta costantemente Papa Francesco, cui rivolgo, con grande affetto, un saluto riconoscente, esprimendogli il sentito cordoglio dell’Italia per la morte del Papa emerito Benedetto XVI.
Si prova profonda tristezza per le tante vite umane perdute e perché, ogni giorno, vengono distrutte case, ospedali, scuole, teatri, trasformando città e paesi in un cumulo di rovine. Vengono bruciate, per armamenti, immani quantità di risorse finanziarie che, se destinate alla fame nel mondo, alla lotta alle malattie o alla povertà, sarebbero di sollievo per l’umanità.
Di questi ulteriori gravi danni, la responsabilità ricade interamente su chi ha aggredito e non su chi si difende o su chi lo aiuta a difendersi.
Pensiamoci: se l’aggressione avesse successo, altre la seguirebbero, con altre guerre, dai confini imprevedibili.
Non ci rassegniamo a questo presente.
Il futuro non può essere questo.
La speranza di pace è fondata anche sul rifiuto di una visione che fa tornare indietro la storia, di un oscurantismo fuori dal tempo e dalla ragione. Si basa soprattutto sulla forza della libertà. Sulla volontà di affermare la civiltà dei diritti.
Qualcosa che è radicato nel cuore delle donne e degli uomini. Ancor più forte nelle nuove generazioni.
Lo testimoniano le giovani dell’Iran, con il loro coraggio. Le donne afghane che lottano per la loro libertà. Quei ragazzi russi, che sfidano la repressione per dire il loro no alla guerra.
Gli ultimi anni sono stati duri. Ciò che abbiamo vissuto ha provocato o ha aggravato tensioni sociali, fratture, povertà.
Dal Covid – purtroppo non ancora sconfitto definitivamente – abbiamo tratto insegnamenti da non dimenticare.
Abbiamo compreso che la scienza, le istituzioni civili, la solidarietà concreta sono risorse preziose di una comunità, e tanto più sono efficaci quanto più sono capaci di integrarsi, di sostenersi a vicenda. Quanto più producono fiducia e responsabilità nelle persone.
Occorre operare affinché quel presidio insostituibile di unità del Paese rappresentato dal Servizio sanitario nazionale si rafforzi, ponendo sempre più al centro la persona e i suoi bisogni concreti, nel territorio in cui vive.
So bene quanti italiani affrontano questi mesi con grandi preoccupazioni. L’inflazione, i costi dell’energia, le difficoltà di tante famiglie e imprese, l’aumento della povertà e del bisogno.
La carenza di lavoro sottrae diritti e dignità: ancora troppo alto è il prezzo che paghiamo alla disoccupazione e alla precarietà.
Allarma soprattutto la condizione di tanti ragazzi in difficoltà. La povertà minorile, dall’inizio della crisi globale del 2008 a oggi, è quadruplicata.
Le differenze legate a fattori sociali, economici, organizzativi, sanitari tra i diversi territori del nostro Paese – tra Nord e Meridione, per le isole minori, per le zone interne – creano ingiustizie, feriscono il diritto all’uguaglianza.
Ci guida ancora la Costituzione, laddove prescrive che la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che ledono i diritti delle persone, la loro piena realizzazione. Senza distinzioni.
La Repubblica siamo tutti noi. Insieme.
Lo Stato nelle sue articolazioni, le Regioni, i Comuni, le Province. Le istituzioni, il Governo, il Parlamento. Le donne e gli uomini che lavorano nella pubblica amministrazione. I corpi intermedi, le associazioni. La vitalità del terzo settore, la generosità del volontariato.
La Repubblica – la nostra Patria – è costituita dalle donne e dagli uomini che si impegnano per le loro famiglie.
La Repubblica è nel senso civico di chi paga le imposte perché questo serve a far funzionare l’Italia e quindi al bene comune.
La Repubblica è nel sacrificio di chi, indossando una divisa, rischia per garantire la sicurezza di tutti. In Italia come in tante missioni internazionali.
La Repubblica è nella fatica di chi lavora e nell’ansia di chi cerca il lavoro. Nell’impegno di chi studia. Nello spirito di solidarietà di chi si cura del prossimo. Nell’iniziativa di chi fa impresa e crea occupazione.
Rimuovere gli ostacoli è un impegno da condividere, che richiede unità di intenti, coesione, forza morale.
E’ grazie a tutto questo che l’Italia ha resistito e ha ottenuto risultati che inducono alla fiducia.
La nostra capacità di reagire alla crisi generata dalla pandemia è dimostrata dall’importante crescita economica che si è avuta nel 2021 e nel 2022.
Le nostre imprese, a ogni livello, sono state in grado, appena possibile, di ripartire con slancio: hanno avuto la forza di reagire e, spesso, di rinnovarsi.
Le esportazioni dei nostri prodotti hanno tenuto e sono anzi aumentate.
L’Italia è tornata in brevissimo tempo a essere meta di migliaia di persone da ogni parte del mondo. La bellezza dei nostri luoghi e della nostra natura ha ripreso a esercitare una formidabile capacità attrattiva.
Dunque ci sono ragioni concrete che nutrono la nostra speranza ma è necessario uno sguardo d’orizzonte, una visione del futuro.
Pensiamo alle nuove tecnologie, ai risultati straordinari della ricerca scientifica, della medicina, alle nuove frontiere dello spazio, alle esplorazioni sottomarine. Scenari impensabili fino a pochi anni fa e ora davanti a noi.
Sfide globali, sempre.
Perché è la modernità, con il suo continuo cambiamento, a essere globale.
Ed è in questo scenario, per larghi versi inedito, che misuriamo il valore e l’attualità delle nostre scelte strategiche: l’Europa, la scelta occidentale, le nostre alleanze. La nostra primaria responsabilità nell’area che definiamo Mediterraneo allargato. Il nostro rapporto privilegiato con l’Africa.
Dobbiamo stare dentro il nostro tempo, non in quello passato, con intelligenza e passione.
Per farlo dobbiamo cambiare lo sguardo con cui interpretiamo la realtà. Dobbiamo imparare a leggere il presente con gli occhi di domani.
Pensare di rigettare il cambiamento, di rinunciare alla modernità non è soltanto un errore: è anche un’illusione. Il cambiamento va guidato, l’innovazione va interpretata per migliorare la nostra condizione di vita, ma non può essere rimossa.
La sfida, piuttosto, è progettare il domani con coraggio.
Mettere al sicuro il pianeta, e quindi il nostro futuro, il futuro dell’umanità, significa affrontare anzitutto con concretezza la questione della transizione energetica.
L’energia è ciò che permette alle nostre società di vivere e progredire. Il complesso lavoro che occorre per passare dalle fonti tradizionali, inquinanti e dannose per salute e ambiente, alle energie rinnovabili, rappresenta la nuova frontiera dei nostri sistemi economici.
Non è un caso se su questi temi, e in particolare per l’affermazione di una nuova cultura ecologista, registriamo la mobilitazione e la partecipazione da parte di tanti giovani.
L’altro cambiamento che stiamo vivendo, e di cui probabilmente fatichiamo tuttora a comprendere la portata, riguarda la trasformazione digitale.
L’uso delle tecnologie digitali ha già modificato le nostre vite, le nostre abitudini e probabilmente i modi di pensare e vivere le relazioni interpersonali. Le nuove generazioni vivono già pienamente questa nuova dimensione.
La quantità e la qualità dei dati, la loro velocità possono essere elementi posti al servizio della crescita delle persone e delle comunità. Possono consentire di superare arretratezze e divari, semplificare la vita dei cittadini e modernizzare la nostra società.
Occorre compiere scelte adeguate, promuovendo una cultura digitale che garantisca le libertà dei cittadini.
Il terzo grande investimento sul futuro è quello sulla scuola, l’università, la ricerca scientifica. E’ lì che prepariamo i protagonisti del mondo di domani. Lì che formiamo le ragazze e i ragazzi che dovranno misurarsi con la complessità di quei fenomeni globali che richiederanno competenze adeguate, che oggi non sempre riusciamo a garantire.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza spinge l’Italia verso questi traguardi. Non possiamo permetterci di perdere questa occasione.
Lo dobbiamo ai nostri giovani e al loro futuro.
Parlando dei giovani vorrei – per un momento – rivolgermi direttamente a loro:
siamo tutti colpiti dalla tragedia dei tanti morti sulle strade.
Troppi ragazzi perdono la vita di notte per incidenti d’auto, a causa della velocità, della leggerezza, del consumo di alcol o di stupefacenti.
Quando guidate avete nelle vostre mani la vostra vita e quella degli altri. Non distruggetela per un momento di imprudenza.
Non cancellate il vostro futuro.
Care concittadine e cari concittadini,
guardiamo al domani con uno sguardo nuovo. Guardiamo al domani con gli occhi dei giovani. Guardiamo i loro volti, raccogliamo le loro speranze. Facciamole nostre.
Facciamo sì che il futuro delle giovani generazioni non sia soltanto quel che resta del presente ma sia il frutto di un esercizio di coscienza da parte nostra. Sfuggendo la pretesa di scegliere per loro, di condizionarne il percorso.
La Repubblica vive della partecipazione di tutti.
È questo il senso della libertà garantita dalla nostra democrazia.
È anzitutto questa la ragione per cui abbiamo fiducia.
Auguri!
Sergio Mattarella, il discorso di fine anno in diretta tv
Domani, sabato 31 dicembre 2022, arriverà l’appuntamento con il consueto messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che sarà diffuso a reti unificate in televisione. Come accade da tempo, praticamente tutte le reti generaliste lo proporranno in diretta. Nello specifico sarà possibile seguire in tempo reale le parole del Capo di Stato su Rai1, Rai2, Rai3, Rete 4, Canale 5 e La7.
Fa eccezione, ma non è una novità di quest’anno, Italia 1 che non modificherà la sua programmazione, trasmettendo sin dalle 19.30 il film con Jim Carrey The Mask – Da zero a mito.
Il discorso di Sergio Mattarella sarà ovviamente proposto in diretta anche dalle reti all news, come Sky Tg24, Rai News 24 e TgCom 24. L’appuntamento per il collegamento dal Palazzo del Quirinale è alle ore 20.30.
Discorso di fine anno di Mattarella: cosa successe l’anno scorso
Quello di domani sarà l’ottavo messaggio di fine anno rivolto agli italiani da Sergio Mattarella, anche se 365 giorni fa non pensava di parlare nuovamente ai concittadini la sera di San Silvestro. Non a caso lo scorso anno il Presidente, che per 15 minuti parlò in piedi dallo studio della Palazzina del Fuga che si trova nei giardini del Quirinale (con tanto di polemica social per la palma che si intravedeva da una finestra), aveva detto:
Ho sempre vissuto questo tradizionale appuntamento di fine anno con molto coinvolgimento e anche con un po’ di emozione. Oggi questi sentimenti sono accresciuti dal fatto che, tra pochi giorni, come dispone la Costituzione, si concluderà il mio ruolo di Presidente.
L’incapacità dei politici di trovare l’intesa su un nome diverso dal suo e il senso di responsabilità più volte dimostrato da Mattarella, hanno cambiato le cose in corsa, dando il via al suo secondo settennato. Per la cronaca, il messaggio di fine anno di Mattarella nel 2021 fu visto in tv da oltre 13 milioni e mezzo di telespettatori.
Cosa dirà il Presidente Sergio Mattarella
Mattarella, 81 anni, anche domani sera dovrebbe tenere il discorso in piedi. Il testo è in preparazione da ieri pomeriggio. Secondo quanto trapela, dovrebbe affrontare in particolare i temi della guerra, del lavoro, dei giovani e dell’ambiente. Non mancheranno riferimenti alla Costituzione, che in questi giorni compie 75 anni.