Massimo Schina: “In Vivere ero Biagio, lasciai perché ero stanco del mondo della tv. Oggi lavoro nella nautica”
Per la rubrica Tv Off intervista a Massimo Schina, che a Vivere interpretava Biagio Ceracchi: “Restai per due stagioni, mi proposero Centovetrine ma rifiutai. Non mi piaceva quel modo di lavorare. Oggi sono un Ufficiale di navigazione”
Non era il protagonista assoluto, ma di sicuro il volto più popolare tra le cosiddette seconde linee. Se hai guardato Vivere non puoi non ricordarti di Biagio Ceracchi, amico del cuore di Luca Canale che lavorava come infermiere all’ospedale di Como.
Due anni di ciak, per un totale di duecentoventi episodi che regalarono a Massimo Schina un’improvvisa e travolgente notorietà. “Venivo riconosciuto ovunque – racconta a Tv Blog – succede ancora oggi, soprattutto tra gli anziani e coloro che all’epoca erano ragazzini. Considerata la fascia oraria di programmazione, era il target che raggiungevo con più facilità”.
Nato a Milano, si trasferì da piccolo in Lussemburgo per via dell’occupazione del padre: “Era un funzionario della Comunità Europea, mi diplomai a Bruxelles e dopo la maturità feci quattro anni di Conservatorio. All’estero c’è anche il ramo di arte drammatica, equipollente della nostra Accademia”.
Tante le esperienze teatrali all’attivo e un ingresso graduale nel mondo dello spettacolo: “A 23 anni pensai di rientrare in Italia. Feci tappa a Milano, girai diverse pubblicità per la televisione, ben cinquantasette. Roba di piccoli ruoli. Poi da Milano mi trasferii a Roma, perché volevo fare cinema. Mi iscrissi alla Sapienza al corso di Letteratura, Musica e Spettacolo. Mi laureai tardi, feci questo passo dopo aver molto girovagato”.
Classe 1968, l’occasione di Vivere arrivò al traguardo dei trent’anni. “Eseguirono un casting a Roma e successivamente a Milano. Cercavano diversi personaggi, diciotto protagonisti più alcuni satellite. La figura di Biagio era una sorta di scusa per mettere allegria tra mondi e famiglie differenti che si contrapponevano. Biagio rappresentava la parentesi giocosa”.
Pensarono subito a lei?
“Inizialmente desideravano un toscanaccio, ma alla fine cucirono il personaggio addosso a me”.
Le riprese dove si svolgevano?
“Gli interni li giravamo a Milano, le esterne invece a Como. Avevo il contratto di un anno che rinnovai per altri dodici mesi. Si girava dal lunedì al venerdì, era come timbrare il cartellino, ci trovavamo di fronte ad un lavoro industriale”.
In che senso?
“Il più delle volte era buona la prima, il montaggio si faceva praticamente sul momento e il prodotto veniva confezionato velocemente. La post-produzione consisteva nell’eliminazione degli errori più grossolani. Il divario tra riprese e messa in onda era di appena quattro settimane. Poi intervenivano le pause estive, le repliche, ma al netto di tutto questo il distacco era obiettivamente brevissimo”.
Dopo due stagioni disse basta.
“Sì, decidemmo di comune accordo. Lo share stava calando, l’inizio di Centovetrine provocò un cambio di collocazione. Inoltre, percepivo il rischio di restare ancorato al personaggio. Non dico come Ridge in Beautiful, ma il pericolo di identificazione era alto. Quando accade non si sta più facendo gli attori”.
Parlavamo di Centovetrine. Venne coinvolto per prendere parte alla nuova soap?
“Volevano creare un traino sfruttando alcuni volti di Vivere, quindi mi proposero di realizzare alcune puntate a Torino. Il pensiero di rimettermi a fare una roba così industrialotta però non mi garbava”.
Nel 2003 arrivò l’esperienza internazionale con l’apparizione nel film Oggi sposi, niente sesso.
“Partecipai al casting della Paramount, mi vollero subito. Girai a Venezia, fu un bellissimo lavoro. Il brodo si allungò perché ci furono giorni di cattivo tempo. Rimasi inchiodato in hotel per una settimana”.
Nel cast c’erano Ashton Kutcher e Britanny Murphy.
“Con Kutcher girai diverse scene, tra cui quella della rincorsa nella hall dell’albergo. Britanny era simpatica e carinissima. Quando morì per me fu un dispiacere incredibile”.
Fu l’ultima esperienza come attore.
“Diventai molto selettivo. Per quel che riguardava la tv, ero disgustato da quel modo di lavorare, non coincideva con ciò che ci insegnavano in Accademia. Di fronte a quel livello di industrializzazione mi disamorai. Ero deluso dalla realtà italiana, dove si ragiona per gruppi e categorie. Io mi definisco una meteora trasversale, forse per questo motivo non ho attecchito”.
Ad un certo punto ha cambiato vita ed è diventato istruttore della Federazione di Vela e Ufficiale di Navigazione del Diporto. Una vera e propria metamorfosi.
“Ho sempre fatto vela, la prima volta avevo 7 anni. Dal Belgio ci trasferivamo in Olanda per le vacanze, gli olandesi sono molti marinai. Mio padre aveva il brevetto da pilota di aereo e a me è sempre piaciuto fare qualcosa in tal senso. Terminata l’università decisi di cercarmi un hobby, ma il percorso per diventare pilota di elicottero era estremamente caro, senza contare che per mantenere vivo il brevetto occorrono determinate ore di attività. Poi un giorno passando di fronte ad una scuola di nautica mi convinsi e presi la patente nautica”.
La passione è diventata un mestiere.
“Mi sono iscritto in Federazione, ho fatto i corsi per diventare istruttore della Fiv e successivamente ho tenuto l’esame per il riconoscimento di esperto velista. Non pago ho preso la patente per le imbarcazioni e le navi. Sono diventato un imprenditore, ho aperto una scuola nautica a Ottaviano per chi vuole ottenere l’abilitazione. Abbiamo anche una divisione agonistica e offriamo servizi destinati agli armatori e a chi ha voglia di godersi le vacanze sulle imbarcazioni”.
Il suo futuro è in questo settore?
“Sì, è la mia unica fonte di sostentamento. Finalmente non devo più girare l’Italia per i casting e non sono più costretto ad entrare in empatia con determinate persone. Mi diverto come meglio credo”.