Massimo Giletti “influenza” più di Santoro: ecco come si formano le opinioni politiche degli italiani davanti alla tv
Il pubblico televisivo si lascia influenzare, politicamente, più da Massimo Giletti che da Michele Santoro. L’avreste mai detto? E’ quanto emerge da uno studio promosso dal quotidiano online Affari Italiani su un campione di oltre 1500 elettori ed elettrici sparsi in tutta Italia. Programmi come “Mattino 5” e “L’Arena”, sono più penetrativi, dal punto di
Il pubblico televisivo si lascia influenzare, politicamente, più da Massimo Giletti che da Michele Santoro. L’avreste mai detto? E’ quanto emerge da uno studio promosso dal quotidiano online Affari Italiani su un campione di oltre 1500 elettori ed elettrici sparsi in tutta Italia. Programmi come “Mattino 5” e “L’Arena”, sono più penetrativi, dal punto di vista dell’opinione politica, di tribune specifiche come “Anno Zero” o “Ballarò”. il che mi sembra molto interessante, soprattutto se pensiamo alla realtà attuale.
Vediamo questi risultati nello specifico, prima di addentrarci in ipotetiche valutazioni:
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Il vertice della graduatoria, spinti soprattutto dalle donne, si piazzano “Mattino 5” (Canale 5), e “Domenica in – L’Arena” (RaiUno) a ciascuno dei quali il 16% del campione riconosce di avere influenzato la propria preferenza affidata alle urne. A seguire “La Vita in Diretta” (RaiUno), con il 14%, “Italia allo Specchio” (RaiDue), con il 12%, “Uno Mattina” (RaiUno), con l’11%, “Insieme sul Due” (RaiDue), con il 6%, e “Occhio alla Spesa” (RaiUno), con il 3%. […]
Solo nei ranghi bassi della graduatoria si trovano programmi quotati di prima e seconda serata, come “Matrix” (Canale 5), “Porta a Porta” (RaiUno), “In mezz’ora” (RaiTre), “Otto e Mezzo” (La7) e “Anno Zero” (RaiDue), che devono accontentarsi, nel complesso, del 6%.
Tutto ciò è spiazzante, se pensiamo a quale cruenta e inelegante (il più delle volte) guerra si scatenino addosso gli uni contro gli altri i programmi di informazione prettamente politica. La realtà dei fatti dice un’altra cosa: cioè che è il re è nudo e che la gente preferisce un minimo addormentamento del cervello a una critica consapevolezza della ragione. Costruirsi un’opinione politica grazie a trasmissioni come “L’Arena” o “Buona Domenica” dovrebbe essere un crimine di Stato: fuori di iperbole, è probabile, anzi quasi certo, che l’elettore medio altro non faccia che rispondere a un cliché, cioè quello di un individuo scarsamente coscienzioso e dedito alla cura di se stesso piuttosto che della comunità. Chi è allora che guarda le tribune politiche? Ad occhio e croce chi dispone già di un’idea politica solida, in una direzione o in un’altra: costui non si farà condizionare da chicchessia, giornalista, opinion leader o politico che sia.
Anche perché c’è un ulteriore dato che emerge dallo studio di Affari Italiani e che sconfessa completamente quanto spesso e volentieri ci diciamo tra di noi o scriviamo nei nostri articoli: alla maggior parte degli italiani intervistati, la “casta” giornalistica piace. I vari Vespa, Santoro, Floris e compagnia cantando sono graditi dal maggior numero degli interpellati.
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Innanzitutto il livello dei programmi e degli approfondimenti di attualità in tv è giudicato buono dalla maggioranza del panel, per una percentuale pari al 34%, mentre per il 25%, più severo, è solo medio. Ancor più critico un 17% che boccia questi programmi per la loro cattiva qualità, agli antipodi rispetto al 20% che li considera ottimi.
E’ come se ci fosse un tessuto sotterraneo di italiani, i quali credono indefessamente nella professionalità di quei conduttori che, invece, la critica stronca, o sui quali, comunque, esiste un rumoroso dibattito atto a discernere le qualità dai difetti. Lucia Annunziata, Bruno Vespa, Giovanni Floris e Michele Santoro risultano perfettamente apprezzati da tale campioni; così come i nomi più soft quali Claudio Brachino, Barbara D’Urso, Lamberto Sposini e Massimo Giletti: oltre la metà (55%) degli intervistati da Affari Italiani reputa la professionalità di costoro “buona” e addirittura “molto buona” dal 23%.
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Solo l’11% degli elettori contattati giudica scarsa la preparazione degli anchorman e delle anchorwoman del piccolo schermo e ancora di meno (7%) sono quanti ritengono impietosamente che il loro livello sia pessimo.
Veniamo ai difetti:
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L’estrema prolissità degli interventi dei singoli ospiti (36%), che determina frequenti cali d’attenzione, e la facile rissosità (28%) del dibattito, con toni spesso urlati che rendono difficile riuscire ad afferrare il senso di quello che si è detto. Altro aspetto non gradito è la ripetitività dei temi trattati (21%), riproposti tali e quali a distanza di tempo e senza arrivare mai a delle conclusioni risolutive. Il 14%, infine, punta l’indice contro la palese partigianeria manifestata talvolta dai conduttori, che difficilmente riescono a essere equilibrati nel gestire la discussione fra i vari ospiti.
Concludendo, gli elettori non si lasciano influenzare politicamente dai dibattiti televisivi. Solo il 15% ammette di sì, mentre gli altri (il 39%) preferiscono mantenere un certo distacco. La percentuale di coloro che si proclamano assolutamente diffidenti rispetto a talk show e contenitori, invece, ammontano all’11%. Per il 26%, infine, “non si può fare di tutta l’erba un fascio e occorre distinguere tra un programma e l’altro”.