Fuori Dal Coro è uno dei programmi politici più innovativi della televisione italiana. Piaccia o non piaccia, il programma condotto da Mario Giordano (che in prime time nasce come uno spin-off della versione quotidiana) prova a proporre una chiave di lettura diversa da quella proposta dagli altri talk show. “Sono contento perché stiamo provando a fare una cosa nuova, con tutti gli errori e le esagerazioni del caso. Quando, già quest’estate, ho avuto la possibilità di fare una prima serata ho avuto l’idea di fare qualcosa di diverso da un talk. Ma non perché abbia qualcosa contro i talk (e sarebbe impossibile dato che ci sono abitualmente ospite), ma solo perché essendocene così tanti mi stuzzicava l’idea di fare una cosa diversa“, racconta Giordano a Tvblog. In onda ogni mercoledì in prime time su Rete 4, questa Fuori dal Coro si occuperà di stretta attualità con Matteo Salvini, ma anche di assurdità legate alla burocrazia, di ricostruzioni post-sisma, di finte associazioni no-profit e anche dei pericoli che si celano dietro il mondo del web.
E’ stata una scommessa?
“Senza dubbio, e la scommessa sembra riuscita. A qualcuno piace, a qualcuno no, ma i telespettatori sembrano premiarci“.
Qualcuno ha scritto che Fuori Dal Coro va oltre il programma politico, che è quasi una messa in scena da avanspettacolo. Sei d’accordo con questa analisi?
“Leggo con piacere tutte le analisi. Il fatto che ce ne siano tante significa che, proprio perché è una cosa nuova, Fuori dal Coro merita attenzione. Quando vent’anni fa inventai Lucignolo si sprecarono con le analisi e le critiche, ma anche stavamo parlando di un modo nuovo di fare televisione. La teatralità? Io rivendico piuttosto la serietà e il rigore di tutte le nostre inchieste. Stasera andrà in onda l’undicesima puntata: ogni puntata ha portato in onda dei dati e dei fatti molto forti. Senza nessuna smentita, per altro. C’è un grande lavoro giornalistico dietro Fuori dal Coro“.
Hai aperto l’ultima puntata dicendo che le vostre inchieste giornalistiche fanno tremare tutti.
“Effettivamente è così. La teatralità c’è, è vero, ma nelle altre trasmissioni la teatralità è data dal talk tra gli ospiti. Io invece sono da solo: cerco di rendere popolari degli argomenti complessi. Come? Mettendomi in gioco e, certo, usando degli elementi teatrali. Ho spiegato, attraverso la teatralità, l’arbitro della banca d’Italia. Questo sfugge, forse, ai più: la teatralità è in funzione di argomenti serissimi. Non potrei mettermi a fare una lezione universitaria sulla banca d’Italia perché si addormenterebbero tutti“.
Invece la teatralità non rischia di mettere in secondo piano gli argomenti più seri?
“Quando si esplorano strade nuove, il rischio c’è sempre. Certo che c’è il rischio, connesso alle eventuali critiche per gli errori commessi. Ma per non correre rischi bisogna andare su strade già battute. La teatralità può essere un modo per raccontare il mondo. Dell’ennesima rissa da talk show non ne posso più, preferisco altro. Dalle case d’oro della Chiesa ai concorsi truccati, dai bollette dell’energie elettrica all’acqua potabile: non ho visto altre trasmissioni occuparsene come abbiamo fatto noi“.
Perché le altre trasmissioni non se ne occupano?
“Perché se inviti i politici o i commentatori in studio, è ovvio che devi stare sui temi dell’agenda politica di stretta attualità. Ma io credo che la realtà italiana vada al di là dell’agenda politica del palazzo. Noi facciamo un programma che va per conto suo, in modo da toccare degli argomenti che altrimenti non si toccherebbero. Dove vanno a finire i soldi della bolletta elettrica non è un argomento da prima pagina dei giornali, però sta probabilmente al primo posto tra le preoccupazioni di molte famiglie. Questo forse spiega anche il motivo per cui tante persone ci guardano: da noi trovano degli argomenti che altrove non troverebbero“.
Qualcuno si è fatto sentire per lamentarsi delle vostre inchieste?
“Ogni settimana si fanno sentire, ma non dirò mai sotto tortura chi. Così come non lo dico neanche ai miei più stretti collaboratori. Noi andiamo avanti per la nostra strada: è evidente che quando si fanno delle inchieste di questo tipo, c’è chi si fa sentire in tutti i modi. Per questo sono ancor più grato a Mediaset che mi dà l’assoluta libertà di affrontare qualsiasi tema con la più totale libertà“.
Fulvio Abbate, ma non solo lui, ha scritto che i programmi di Rete 4 (anche il tuo) tirano la volata a Matteo Salvini.
“Non penso di tirare la volata mai a nessuno. Ho scritto 17 libri, ho fatto inchieste con qualsiasi tipo di governo e ho cominciato ad affrontare questi temi con il Grillo Parlante, su Rai1, quando Matteo Salvini non lo conosceva ancora nessuno“.
Il video in cui spacchi le zucche di Halloween con una mazza da baseball tricolore è diventato virale, addirittura citato dai Ferragnez. Quei contenuti sono creati appositamente per i social o la cosa è sfuggita di mano?
“Fin dall’inizio, già da Fuori dal Coro quotidiano, alcune cose che facevo (come i cartelli) diventavano virali. Non si sa mai cosa possa diventare virale, ma questa volta è successo qualcosa di impressionante. Addirittura hanno fatto una canzone e un videogioco su quel video. Ho visto veramente di tutto (ride, ndr). Vuol dire che il concetto è arrivato“.
L’imitazione di Ubaldo Pantani a Quelli che il Calcio ti piace? Quando arriva un’imitazione, è una consacrazione.
“Pantani mi fa ridere. Mi piace quella imitazione“.
In compenso ti vediamo ancora spesso come opinionista negli altri talk. Perché?
“Per tenermi in allenamento (ride, ndr)“.
Fino a quando vedremo Fuori dal Coro?
“Andremo in onda fino al 19 novembre, dato che ci hanno allungato di quattro puntate. Per la striscia quotidiana non credo che se ne riparli prima del 2020. Questo è un programma che, nutrendosi appunto di inchieste, richiede un grande sforzo anche a livello di tempi. Ma rimango a disposizione dell’azienda per qualsiasi esigenza“.