Marco Salvati a TvBlog: “Un lusso lavorare con Bonolis, Baudo fu il mio servizio militare. La Cuccarini avrebbe meritato di condurre Ballando”
Intervista a Marco Salvati: “Cominciai componendo le sigle, una volta dentro la tv ho visto che quello che facevano i miei colleghi potevo farlo pure io. Music il programma di cui vado più orgoglioso. La Talpa? Una ferita. Non so che fine abbia fatto. La Perego imparò a memoria il regolamento in due giorni”
Il suo volto è diventato popolare grazie ad Avanti un altro, programma che scrive e per il quale per diversi anni ha ricoperto in studio il ruolo di notaio e complice di Bonolis. Il suo nome, però, è ricorrente da almeno trentacinque anni, immancabile nei titoli di testa di trasmissioni televisive che hanno fatto epoca. “Questo è un mondo al quale ti avvicini un po’ per caso”, racconta Marco Salvati a TvBlog. “Rivolsi il mio percorso di studi universitari alla critica cinematografica, ma poi cominciai a comporre canzoni che vennero usate come sigle”.
L’inizio con Discoring, da giovanissimo: “Facevo girare le cassette, non so se sia stata bravura o caso. Uno dei miei provini venne ascoltato e scelto”. Poi fu il turno di Fantastico 8 e soprattutto di Odiens, con Salvati che realizzò le musiche de La Notte Vola. Per Lorella Cuccarini firmò anche Liberi Liberi e Voci, sigle delle edizioni 1991-1992 e 1992-1993 di Buona Domenica. L’ingresso nell’universo degli autori a quel punto apparve quasi automatico: “Una volta dentro la tv ho visto che quello che facevano i miei colleghi potevo farlo pure io, quindi mi sono proposto e ci hanno creduto”.
In passato la sigla dei programmi rappresentava un marchio di riconoscibilità. Oggi quella ritualità si è persa quasi del tutto.
Ci ragionavo qualche giorno fa. L’unico show che ha mantenuto la sigla e il balletto è Ciao Darwin. Un tempo avevano la funzione di una chiamata all’ascolto. Lo spettatore sentiva le prime note e sapeva che stava partendo la trasmissione. Ora non è più così, le mode e i gusti sono cambiati. C’erano balli di 6-7 minuti, oggi sarebbe impensabile. Sì, c’è il caso di Amici, ma sono pillole inserite all’interno del talent.
Qual è a suo avviso lo stato attuale della televisione?
Ho una visione cinica. L’insuperabile maestro Gianni Boncompagni ne percepiva il vuoto cosmico e lo riempiva di altro nulla per far capire quanto la materia fosse flebile. La televisione fondamentalmente fa cagare, è come il classico gatto morto in autostrada. L’incidente non è di per sé un successo, ma cattura solo la morbosità della gente. Questo non ne fa un avvenimento epocale.
La generalista, nello specifico, in che condizioni è?
Non è vero che sta morendo, produrrà sempre più programmi. Si sta affiancando ad altri media, tuttavia non vedo il rischio di un avvicendamento. Tv e social non sono comunicanti, non vedremo mai la star di Youtube presentare un programma o Amadeus diventare una star di Tik Tok. Anche la radio sembrava dovesse morire, poi si risollevò e capì che possedeva un suo linguaggio. Ogni contesto ha i suoi eroi e interpreti. Sono mondi che convivono, ma non sono necessariamente intercambiabili. I pubblici sono diversi.
Da una parte gli autori, dall’altra i critici. Spesso le due categorie arrivano allo scontro.
Vorrei parafrasare Andreotti: ‘la tv logora chi non la fa’. Fare la televisione è un mestiere complesso, apparentemente semplice come quello dell’allenatore. Siamo tutti bravi a stilare formazioni, ma se ci mettessero in panchina non ci capiremmo una mazza. L’autore deve dare retta ai gusti, alla sua coscienza, all’editore, al conduttore, a ciò che supponi sia giusto. Le variabili sono tantissime. Devi fare un minimo comune multiplo, sperando che ti vada bene. Se facessi un programma che piace solo a me, lo guarderebbero in sei. Non dimentichiamoci che lavoriamo per un editore, abbiamo delle indicazioni, ci vengono commissionati incarichi. Ho scritto quiz, reality, people show, talk. Il mio compito è sempre stato quello di farlo al meglio possibile.
Chi fa televisione, però, spesse volte non si mette nei panni dello spettatore sul divano.
Noi al pubblico dobbiamo rispetto. E’ colui che il giorno dopo decreta il risultato, il successo e la nostra paga. Quello di cui non mi frega proprio un cazzo è la critica televisiva, sono proprio disinteressato. La critica è sempre quella del giorno dopo, non ti aiuta nella scelta di un prodotto. Se ci fosse il modo di far vedere il contenuto ai giornalisti prima che vada in onda avrebbe più senso. Noi realizziamo un prodotto che quando arriva in video è già criticato. Si parla con estrema facilita di flop o non flop, facendo riferimento ai dati, che sono un po’ come quelli della politica: li puoi rigirare come vuoi.
A proposito di Auditel, era nella squadra di Gianni Morandi quando ad Uno di Noi si presentò in diretta in mutande.
Il messaggio che voleva veicolare era: ‘se proponi un prodotto becero, vinci’. Quel programma era abbinato alla Lotteria e andò bene. Purtroppo avevamo dall’altra parte la De Filippi che esattamente in quella stagione esplose con C’è posta per te. Ad ogni modo ci dividemmo le serate a metà, alla fine dei giochi la sfida finì quasi in pareggio.
Foste avvisati o fu una sua mossa estemporanea?
Erano anni in cui la Rai era molto attenta a quello che andava in onda. Furono avvisati tutti. Gianni ci disse che voleva fare un’anteprima dedicata al tema della tv e degli ascolti.
C’è un programma di cui va particolarmente orgoglioso?
Music. La prima edizione andò bene, la seconda non troppo. Era uno spettacolo con grandissime ambizioni, ma forse eccessivamente alto per un pubblico che da noi si aspettava delle pernacchie. Ne vado orgoglioso e mi è dispiaciuto non poterlo rifare.
Di pentimenti, invece, ne ha?
Tantissimi. Ho firmato roba che non avrei voluto realizzare. Sai, il nostro mestiere ha molto di artistico e, allo stesso tempo, molto di bancario, di poco nobile. Dobbiamo fatturare pure noi (ride, ndr). La vera libertà sta nel fare solo programmi che ti piacciono e in vecchiaia questo lusso me lo sto concedendo. Ma da giovane avevo bisogno di fatturare e ho detto di sì a prodotti che non gradivo.
Ha tre Festival di Sanremo all’attivo, due con Bonolis, uno con Baudo. Partiamo da quello del 2003.
Fu il mio servizio militare. Ricordo che scrissi molti copioni. Baudo era come un generale d’armata, molto severo. Aveva un grande controllo su tutto. Stavo più attento a non farmi fucilare sul campo che ad altro. Con Paolo, al contrario, ho avuto l’opportunità di inventare, di rivoluzionare. Ci piacque cambiare le regole.
L’edizione 2005, la prima di Bonolis, fu particolarmente maledetta. A partire dalla morte di Alberto Castagna avvenuta nel corso della serata inaugurale.
Vero, fu un Sanremo funestato dagli avvenimenti. Devo dire che non credo all’obbligo del lutto e delle facce di circostanza. Noi ricordammo l’artista con un applauso e andammo avanti. Non si può pensare che la televisione debba celebrare qualunque disgrazia, ne succedono a migliaia. Demmo l’annuncio della scomparsa e lo ricordammo con eleganza. In seguito, andammo avanti come è giusto che sia in qualsiasi spettacolo. La regola del ‘the show must go on’ è faticosissima.
Qualche giorno dopo fu la volta della tragica uccisione di Nicola Calipari, con la bara che rientrò in Italia proprio la sera della finale.
Avvenne una grande discussione e la Rai, che è azienda pubblica, dovette piegarsi alle varie esigenze. Accadde di tutto. C’era chi voleva dare la notizia e andare avanti, chi spingeva per fermare tutto. Si mosse la politica, si espressero i dirigenti. Ciascuno forniva la propria visione. Poi si mediò e si fece ciò che si doveva fare. Le ragioni di Stato vincono sempre.
Quelli furono anche gli anni de La Talpa. Tre edizioni e un ritorno, annunciato, che non si concretizza mai.
Mi ferisci profondamente perché La Talpa è un reality che considero molto mio. Sono il principale artefice della rivoluzione del format, sia nella versione di Rai2 che nelle due edizioni di Italia1. Fu un successo enorme, superavamo Canale5. Dava molto fastidio, ci accusarono di essere troppo hard, ma successivamente tanti programmi ci avrebbero superato a destra. La rete ha deciso di ricomprare i diritti e io stesso sono stato chiamato. Non so che fine abbia fatto, sapevo che il compito era stato affidato alla Fascino. Mi spiace, è un programma maledetto che ha una fanbase fortissima ancora oggi.
La primissima conduttrice fu Amanda Lear, che durò appena una puntata.
Se uno rivedesse quella puntata sentirebbe le mie urla in diretta. Credo di aver detto qualsiasi cosa. La Lear ci venne consigliata da Antonio Marano. La definirono la figura ideale. In realtà La Talpa era un programma difficile, pieno di regole, ci voleva una cura maniacale che Amanda non avrebbe mai potuto avere. La colpa non fu sua, semplicemente quello show non era nelle sue corde.
Come viraste su Paola Perego?
A fine serata ci dicemmo: ‘se vogliamo che la seconda puntata veda la luce, non possiamo continuare con la Lear’. Chiamammo in corsa Paola, che arrivò due giorni prima della diretta. Non la conoscevo, aveva imparato a memoria il regolamento, era preparatissima, fortissima, una macchina da guerra. Mi impressionò. Al suo esordio saltò improvvisamente un collegamento con l’inviato Guido Bagatta. Mandai tutti i filmati che avevo a disposizione e la avvertii: ‘questo è l’ultimo che ho, poi non so più che farti fare’. Miracolosamente il collegamento con Bagatta si ripristinò.
Con Campioni di ballo inauguraste a Mediaset le gare di danza quasi dieci anni prima di Ballando.
Siamo stati degli antesignani. Era un format tutto italiano, dedicato principalmente al ballo e ci inserimmo l’elemento dei vip. Ballando con le stelle si basa sul personaggio celebre accompagnato dai professionisti, ma si è trattato di una evidente evoluzione. Senza nulla togliere alla Carlucci, ritengo che tra i tanti torti subiti da Lorella Cuccarini ci sia stato quello di non assegnarle la conduzione di Ballando, proprio perché aveva avuto l’intuizione prima di tutti. Mi dispiacque molto, idealmente avrebbero dovuto darlo a lei.
In queste settimane state registrando la nona stagione di Ciao Darwin, che andrà in onda il prossimo autunno. L’ampio divario temporale tra realizzazione e programmazione non comporta dei rischi?
Termineremo le registrazioni alla fine di giugno, mentre per la messa in onda si parla di fine settembre. Di mezzo c’è l’estate, non passa mica un anno. Non ci sarà un grosso distacco temporale. Le gaffe cronologiche sono sempre dietro l’angolo. Uno si aspetta che la gente non sia cretina.
Ad Avanti un altro è capitato che alcune battute inserite in episodi datati cozzassero con la stretta attualità.
Nel caso della gag col ragazzo ucraino intervenimmo. La verità è che il taglio venne eseguito, ma venne inviata la bobina sbagliata. Si susseguirono errori a catena nella fretta di recuperare, ma se il pubblico non è scemo capisce certe dinamiche.
A Ciao Darwin avete confermato il ‘Genodrome’, eliminando il gioco dei rulli.
Per delicatezza abbiamo cambiato alcuni giochi, ma più per un nostro scrupolo. Dalla vicenda dell’incidente siamo stati totalmente assolti. Ciò non toglie un grande dispiacere per quello che è successo. Molta gente non vedeva l’ora di gettare benzina sul fuoco.
Al programma è stata a più riprese associata l’etichetta di ‘trash’.
Si dà alla tv una serie di colpe che non può avere. E’ come dare la colpa del colesterolo al frigo. La famosa tv colta ha una sua cittadinanza così come l’intrattenimento. Chi sentenzia ‘che schifo il programma X’ pretende che a quell’ora ci sia la trasmissione che vuole lui e non va a cercarla altrove. E’ un ragionamento assurdo. Se su un altro canale c’è Augias, perché non te lo vai a vedere?
Tornando ad Avanti un altro, quanto è penalizzante in termini di fidelizzazione la copertura su appena un terzo di stagione, a differenza della concorrenza?
Per noi è assolutamente una fortuna. I nostri programmi devono avere una durata contingentata. Sono sapori forti e dopo un po’ pesano.
Una strategia che purtroppo per voi viene azzerata dalle interminabili repliche.
In quel caso non possiamo farci niente. Non sono un fan delle repliche, anche perché non ce le pagano. Essendo di proprietà dell’azienda, Mediaset ha diritto di vita e di morte.
Inevitabile una domanda sul Senso della vita. Lo rivedremo?
Il programma così come è stato conosciuto non penso che tornerà più. Però chissà, magari verrà riproposto in altre forme.
Ciao Darwin e una nuova stagione di Avanti un altro. Quali altri progetti sono nell’agenda di Marco Salvati?
Sto preparando un podcast con Ezio Greggio e mi hanno proposto una sceneggiatura per il cinema. Per il resto, mi auguro di lavorare ancora in televisione e vorrei farlo con Paolo (Bonolis, ndr). E’ il mio doppio artistico. Collaborare con lui è un lusso totale. Possediamo la stessa idea cinica del piccolo schermo.