Home Notizie Marco Pizza: “Troppa nostalgia di Pechino Express. Scelto grazie a un progetto universitario, decisivo fu anche Fiorello”

Marco Pizza: “Troppa nostalgia di Pechino Express. Scelto grazie a un progetto universitario, decisivo fu anche Fiorello”

TvBlog per la rubrica TvOff ha intervistato Marco Pizza, concorrente assieme al padre Antonio della prima edizione di Pechino Express: “Magnolia mi contattò dopo la mia partecipazione a Luiss on the road. Ho tanta nostalgia e non ce l’ho fatta a vedere le altre edizioni. Ora vivo a Londra e lavoro per l’Eni”

pubblicato 18 Novembre 2018 aggiornato 31 Agosto 2020 19:49

Quello di Marco Pizza è un racconto fatto di ‘sliding doors’, di gesti che ne hanno generati altri, di coincidenze fortunate e impreviste. Assieme al padre Antonio fu uno dei protagonisti più discussi della primissima edizione di Pechino Express, esperienza che a sei anni di distanza porta ancora nel cuore.

I Pizza furono una delle tre coppie ‘non famose’ selezionate per il reality. Una ricerca che, nel caso di Marco, partì da una sua precedente avventura itinerante che incuriosì la produzione del programma di Raidue.

Avevo partecipato ad una competizione universitaria, Luiss on the road – rivela a TvBlog – si trattava di viaggiare in tutta Italia per intervistare personaggi che raccontassero storie particolari sul Paese. Il progetto ebbe risalto mediatico e, una volta terminato, mi informarono che la Magnolia aveva chiesto informazioni su di me. Quindi feci il casting”.

Ma a proposito di combinazioni, ce n’è un’altra che Marco rispolvera con orgoglio ed emozione. Forse perché fu quella che si rivelò decisiva: “Luiss on the road prevedeva brevi interviste video e mi resi conto che per mettermi in mostra avrei dovuto intercettare il più grande personaggio del momento. Pensai a Fiorello. Era il periodo del successo de Il più grande spettacolo dopo il weekend. Al mattino era protagonista anche di Edicola Fiore, allora mi appostai fin dalle 5 davanti all’edicola da cui si collegava. Dopo un’ora e mezza arrivò. Gli chiesi un’intervista, mi rispose che era stanco. Ma mentre stava per andarsene si accorse di aver perso le chiavi del motorino. Non sapeva come tornare a casa per prelevare quelle di riserva e a quel punto ebbi l’idea di prestargli la mia vespa. Quando tornò  mi concesse due battute per sdebitarsi e quell’intervista contribuì alla vittoria di On the road”.

Andava però trovato un compagno di viaggio. Come arrivarono a scegliere tuo padre?

“Io proposi un mio coinquilino, in alternativa un amico. La trasmissione tuttavia cercava la coppia padre-figlio. Risposi che avrei provato a parlarci e quando lo informai dell’opportunità quasi non mi credette. Alla fine si rivelò più televisivo di me”.

Essendo un programma alla sua prima edizione, non sapevate a cosa sareste andati incontro. Come fu l’impatto?

“Facemmo i casting nella tarda primavera del 2012 e girammo tra giugno e luglio. Durò circa un mesetto, ovviamente dipendeva da quanto arrivavi lontano nel gioco. Il primo giorno gli autori ci consegnarono una mappa. Finita la prova iniziale ci dissero: ‘Ok, adesso partite’. Io e mio padre ci guardammo sorpresi: ‘Ma fanno sul serio?’”.

Il reality mise in risalto il rapporto conflittuale con Antonio.

“Sì, emerse un Marco irrispettoso, anche se in realtà era il classico dualismo tra un padre e un figlio che all’epoca aveva 21 anni. Ma ci furono pure momenti belli ed emozionanti, come il nostro incontro col bimbo in India”.

Il vostro rapporto migliorò strada facendo. Cosa accadde?

“La nostra storia fu bella perché alla fine si capirono i motivi di certi scontri. Per le prime cinque puntate risultai scostumato. In seguito la gente capì cosa si nascondeva dietro le mie reazioni e da dove nasceva la tensione. Mi sfogai con Alessandro Sampaoli e Debora Villa e spiegai loro che mi sarebbe piaciuto ricevere ogni tanto un ‘bravo’ da mio padre. Quel ‘bravo’ che non ricevevo mai. Tieni conto comunque che quello che si vede sono sprazzi piccolissimi di lunghe giornate”.

In che senso?

“Gli autori e i montatori sono bravissimi a raccontare e assemblare le storie di così tante coppie. E’ un lavoro eccellente. Ma il mio Pechino Express fu intensissimo, oltre a quello che si vedeva in tv c’era dell’altro, così come dietro ad una litigata. All’inizio ci rimasi male, al di là dello stress e della competizione ci sono eventi e storie che per motivi di tempo non possono essere mostrati. Fui molto spontaneo, nonostante gli errori commessi. Ero più piccolo e confesso che la mia più grande paura era quella di essere eliminato subito. Volevo provare ad arrivare in fondo e quest’ansia generava tensione. Mi rendo conto che avrei dovuto capire di più mio padre, aveva un’età e per giocare con me si era preso un lungo periodo di ferie dal lavoro”.

Alla fine vi classificaste quinti.

“Il viaggio lo svolgemmo tutto, arrivammo alle porte di Pechino. L’identità dei vincitori la scoprimmo la sera stessa della finale, non sapevamo nemmeno a che puntata saremmo stati eliminati perché tra buste nere e ripescaggi era difficile regolarsi. I produttori furono bravissimi a tenere tutto nascosto”.

Una puntata a quanti giorni di viaggio reale corrispondeva?

“Per arrivare alla prova immunità ci volevano almeno tre giorni. Se in una puntata devi effettuare il tratto A-B, per completarlo occorrono più giorni e diverse soste notturne”.

Le telecamere erano invasive?

“Avevamo sempre il cameraman con noi e quando cercavi un passaggio dovevi di fatto chiederlo per tre persone. Filmavano di continuo. Per i primi tempi fu molto strano, ma dopo un po’ smettemmo di farci caso e cominciammo ad essere naturali e spontanei”.

In piena estate un tuo post su Twitter venne frainteso e cominciarono a circolare voci insistenti di una vostra vittoria.

“Si parlò di spoiler. Ammetto che l’episodio mi fece vivere malissimo quell’esperienza. Era un tweet riferito a tutt’altro, venne interpretato male. Capii il potere dei media e quando arrivammo alla puntata che sancì la nostra eliminazione per me fu quasi un sollievo. Come per dire: ‘avete visto che non avevo spifferato nulla?’”.

Immagino che il contratto prevedesse delle penali.

“Esatto. Non mi sarei mai permesso di anticipare nulla. Neanche mia madre, mio fratello e la mia fidanzata di allora erano stati informati. Sai come vanno queste cose: io lo confido a te, tu lo confidi ad un altro e alla fine la voce comincia a circolare e diventa incontrollata”.

Durante quell’edizione vennero a galla dei contrasti con Costantino Della Gherardesca e Simone Rugiati. C’è mai stato un chiarimento con loro?

“Con Costantino sì. La conflittualità emerse solo in tv, noi durante il gioco non avvertimmo nulla. Solo dopo ci rendemmo conto della situazione. La prima notte lui e Barù non trovarono un posto dove fermarsi, noi li aiutammo e dormimmo assieme. Riguardo a Simone, non ci ho più parlato e non l’ho più sentito. Sinceramente non avevo niente da dirgli, ritengo di non essere stato scorretto con lui. I problemi nacquero quando non ci fermammo alla bandiera nera. Avevo fatto quello che Rugiati aveva fatto in precedenza con noi e altri concorrenti, ma nel montaggio questo aspetto non venne sottolineato. Però lo capisco, vivevamo in uno stato di ansia e tensione. C’era un’umidità pazzesca, senza dimenticare che avevamo a disposizione un euro al giorno, non ci facevi praticamente nulla”.

Hai continuato a seguire Pechino Express?

“Non ce l’ho fatta a vedere le altre edizioni, ho tanti ricordi e molta nostalgia. E’ stata un’esperienza unica, mi è rimasta dentro. Sono stato fortunato ad averla fatta, soprattutto perché era la prima stagione, la più rustica. Nessuno sapeva e poteva immaginare cosa sarebbe accaduto”.

Come cambiò la tua vita dopo il reality?

“Non partecipai a Pechino Express per un ritorno economico, se non ricordo male presi solo un rimborso spese. Dopo il programma ricevetti un paio di proposte da qualche agente. C’erano in ballo ospitate in discoteca e alcuni programmi. Ci contattarono per partecipare a Shopping Night, trasmissione con Enzo Miccio. Io e mio padre facemmo il provino, ma alla fine non girammo nulla”.

Sognavi di proseguire l’esperienza nel mondo dello spettacolo?

“Può sembrare strano, ma sono timido. Dissi molti no, stavo facendo l’università e avevo già perso una sessione e mezza di esami tra Luiss on the road e Pechino Express. Non potevo accantonare gli studi e rischiare di andare fuori corso, anche per rispetto verso i miei genitori. Finito il programma mi rimisi a studiare e recuperai tutto in un anno”.

Quale strada hai intrapreso?

“Dopo la triennale in Economia alla Luiss, proseguii la specialistica alla Bocconi. Ho lavorato per la L’Oréal, mentre attualmente vivo a Londra e mi occupo di trading per l’Eni. Per me la tv è stata una parentesi”.