Marco Maisano: “A Le Iene grazie a un po’ di fortuna. L’inviato non deve mai essere protagonista della storia”
Marco Maisano de Le Iene si racconta a Blogo per la rubrica “Tv e l’altra cronaca”.
Continua “Tv e l’altra cronaca/politica“, la rubrica di TvBlog dedicata al mestiere dell’inviato dei programmi di approfondimento giornalistico (tutte le altre interviste di questa rubrica le trovate cliccando QUI). Questa settimana tocca a Marco Maisano, giovane new entry dell’ultima edizione de Le Iene. Questa la sua bio:
- Classe 1989, nato a Cinquefrondi, in provincia di Reggio Calabria, ma cresciuto ad Arezzo. Finito il liceo decide insieme al suo migliore amico di partire per un viaggio in Nepal e da allora non è stato più fermo. Si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza a Roma, ma poco dopo decide di andare a vivere in Marocco, paese nel quale si ferma per più di un anno e dove impara l’arabo, mentre i quattro successivi li passa a viaggiare in medio oriente, sua grande passione. Inizia presto a scrivere dei sui viaggi in Israele, Libano, Giordania e Kosovo per The Post Internazionale. Nel 2014 è co-fondatore insieme ad un gruppo di amici della rivista online Inkorsivo.com, con la quale tutt’ora collabora. Sempre nello stesso anno lavora ad un documentario in Iraq per l’agenzia inglese Journeyman Picture. All’inizio del 2015 finalmente si laurea, ma la carriera da giurista non fa per lui. Decide quindi di trasferirsi a Milano e inizia a collaborare stabilmente con ilGiornale.it e al progetto “Gli occhi della guerra” per i quali realizza reportage nel Kurdistan iracheno e in Turchia. E’ autore per Le Iene per cui ha realizzato servizi dalla Libia e dal Kurdistan.
Come hai iniziato a muovere i primi passi in questo lavoro, in particolare quello di inviato?
Non ho mai studiato giornalismo. quindi non ho mosso mai ufficialmente i primi passi verso questo mestiere. Diciamo che il periodo in cui ho vissuto in Marocco è stato quello in cui ho capito che fare l’avvocato non mi sarebbe piaciuto, così ho iniziato a scrivere, senza lasciare gli studi in giurisprudenza. Il lavoro come inviato è arrivato molto dopo.
Cosa aggiungeresti o toglieresti a un programma di inchiesta se fossi autore?
Fossi autore lo saprei. Comunque cercherei di essere il meno fazioso possibile e soprattutto comprensibile, facile da capire.
Quali sono per te le tre regole da seguire per essere un buon inviato?
Dipende cosa intendi tu per inviato. Posso rispondere per quello che faccio io: credo che cercare di essere comunicativi sia importante. Parlare “facile” è indispensabile, la gente deve capire sempre cosa dici e soprattutto togliersi di scena non appena possibile: credo che l’inviato non debba mai essere il protagonista della storia.
C’è un limite che non deve essere varcato?
Se sei onesto con tutti qual è il limite?
Quanto è importante la sintonia con il conduttore del programma?
E’ importante la sintonia con tutta la squadra.
Quanto margine di libertà/autonomia ha un inviato?
Un “inviato” non lo so, dove lavoro io tanta.
Come ci si regola se un inviato dissente rispetto a una scelta editoriale? Com’è gestito il dissenso?
L’inviato lavora a stretto contatto con i colleghi autori e si confronta costantemente con il capo, insieme si cerca sempre di rispettare entro certi limiti ciò che esiste in ogni giornale/emittente e cioè in linea editoriale. Le Iene come sai sono a Mediaset, che è un’azienda con propri interessi, come è normale che sia. Nulla in più e nulla in meno rispetto a tutti gli altri.
Questo tipo di lavoro porta spesso a stare lontani da casa: quanto è difficile conciliare carriera e vita privata?
E’ difficile.
Che consiglio daresti a un giovane che vuole intraprendere questo lavoro?
Gli consiglieri di provarci, come in un qualunque altro campo. Merita tentare.
L’inviato deve mantenersi equidistante o può lasciar trapelare il proprio punto di vista?
Non ci vedo nulla di male se l’inviato lascia trapelare il proprio punto di vista…
C’è un caso o un argomento che ti ha particolarmente coinvolto, per esperienze personali o lavorative?
Sì, il servizio realizzato nelle carceri in Libia piene di migranti mi ha molto coinvolto emotivamente. E’ una situazione di incredibile disumanità.
C’è competizione (interna ed esterna Rai/Mediaset) tra inviati?
Non ho mai vissuto una situazione del genere.
La critica che più ti ha colpito per un servizio che hai realizzato?
Non saprei. Trovo comunque che le critiche siano importanti, le leggo e cerco di rispondere sempre a tutti.
C’è un reportage, un servizio che tornando indietro non rifaresti? Perchè?
Rifarei tutto, con maggiore impegno.
Sei co-fondatore della rivista online Inkorsivo.com e scrivi anche per il Giornale.it: dà maggiori soddisfazioni scrivere pezzi o ‘sporcarsi le scarpe’ come inviato?
Inkorsivo è una bellissima esperienza editoriale: tutti amici e tutti giovani che provano a mettere su una rivista online. Posso dire? Inko è una figata pazzesca. Il Giornale è un bel posto dove lavorare. Con loro ho partecipato come inviato al progetto “Gli occhi della guerra”: sono stato in Iraq, Siria e Turchia. Una bellissima esperienza.
Come sei arrivato a Le Iene?
Alle Iene sono arrivato grazie ad un po’ di fortuna. Nel dicembre del 2014 ero stato in Iraq a realizzare un documentario con 2 amici e colleghi. Torniamo, montiamo e diamo tutto ad un’agenzia di distribuzione inglese “Journayman Picture”. Giorgio Romiti, autore delle Iene, vede il documentario e mi contatta su Facebook per un colloquio.
Bilancio di questa prima stagione?
Sono molto felice, spero di fare meglio per la prossima.
Parliamo un po’ di alcuni dei tuoi reportage per Le Iene. Sicuramente uno dei più forti è stato quello sui terroristi dell’ISIS che hai intervistato. Non hai avuto paura? In generale, hai mai avuto paura durante la realizzazione di un reportage?
Sicuramente capita di avere paura, è naturale. I terroristi dell’Isis in quella situazione potevano fare ben poco, erano legati e controllati a vista da uomini armati. Sono altre le occasioni ad avermi messo davvero paura.
“La fogna dei drogati di Kabul” è stato un altro servizio molto forte. Sei sceso praticamente all’Inferno, in una fogna a cielo aperto tra centinaia di tossicodipendenti. Anche in questo caso ci sono stati attimi di tensione durante il servizio: come si gestiscono? Quando si capisce che è il momento di fermarsi?
L’Afghanistan è stata un’esperienza fantastica. Spero di poterci presto tornare. Quella dei drogati di Kabul è una situazione unica: ci sono stati molti momenti di tensione…
Ancora, sei stato in un ospedale di Emergency a Kabul dove hai raccontato le storie di tante persone – soprattutto bambini – mutilati dalle mine. Da casa, posso dirti, che è stato davvero toccante. Ma come si fa a mantenere il necessario distacco dopo esperienze così ‘devastanti’?
Anche noi che siamo lì viviamo le stesse emozioni. E’ normale. Ma è necessario rimanere il più possibile distaccati, dobbiamo cercare di essere professionali, anche se ogni tanto cediamo un po’.
Così giovane, eppure i tuoi reportage sono quelli più ‘coraggiosi’: c’è anche un pizzico di incoscienza dettata dall’età?
Può essere..
Giovane sì, ma grande competenza. Ad esempio, parli l’arabo in modo fluente dopo aver vissuto un anno in Marocco, mentre per altri 4 anni hai girato il Medio Oriente: da dove nasce la passione per queste terre e queste culture?
Nasce proprio in Marocco.
Faresti ‘altro’ dal giornalista/inviato? Tipo condurre un programma tutto tuo?
Io a condurre un programma??!! Non saprei da che parte farmi..
Ti rivedremo nella prossima stagione delle Iene? Altri progetti paralleli?
Sicuramente sì alle Iene, ma sto lavorando anche ad un altro bellissimo progetto.