Dopo cinque anni di Agorà e di sveglie all’alba Marco Carrara non è ancora stanco della sua routine quotidiana. Sarà per la giovane età (29 anni) e per l’entusiasmo che mette dal primo giorno che fa tv, ma il conduttore di Nembro non ha paura a continuare a fare le levatacce che ha scoperto di poter reggere. Ma ora per lui potrebbe arrivare un grande progetto…
La tua esperienza televisiva parte 10 anni fa a Tv Talk. Chi era il Marco Carrara che si presentò a quel provino in corso Sempione a Milano?
Io non ho ricordi di me da piccolo non appassionato alla tv. Appena ho finito le scuole superiori, ho deciso di partecipare al casting di Tv Talk. Con Tv Talk mi sono sentito finalmente compreso, già dai casting quando mi sono trovato con dei ragazzi che condividevano la mia stessa passione.
Tv Talk per te cos’è stato?
Per me è stata una grande accademia televisiva. La mia vera università televisiva è stata Tv Talk, nonostante la laurea alla IULM.
Agorà è arrivato come una sostituzione estiva. Questa è la tua quinta stagione invernale. Com’è stato l’arrivo in una realtà giornalistica e cos’è per te oggi?
Agorà per me ha rappresentato una scuola politica. Io inizialmente avevo un piccolo spazio in cui mi occupavo della relazione fra social e politica: solo dopo ho preso le redini del moviolone, inglobando lo spazio dedicato ai social. Agorà per me oggi è una seconda casa: si è creato un rapporto di famigliarità con la stessa squadra tecnica. Continuo comunque a sentire una grande responsabilità perché Agorà rappresenta uno dei presidi informativi più importanti per la Rai.
Quest’anno sono nati due spin off di Agorà, Agorà extra e Agorà weekend. È mai stato preso in considerazione il tuo nome per la conduzione di uno di questi due? Un giorno ti piacerebbe condurre uno spin off tutto tuo di Agorà?
Già il ruolo che ricopro ora è importante, dati i miei 29 anni: non è nata neanche la possibilità, anche perché sono già impegnato con Timeline. Io sono a disposizione sia dell’azienda sia del brand: se ci fosse l’occasione accetterei sicuramente.
Quest’anno sei entrato a far parte della squadra Telethon come conduttore social. Com’è andata quest’esperienza?
Telethon è stata una grande emozione da un punto di vista umano: incontri bambini e genitori con una forza incredibile.
A chi devi il tuo grazie più grande per la carriera fatta fin qui?
Io ho sempre incontrato persone più grandi che hanno creduto in me e questa fiducia l’ho sempre ripagata con l’impegno, l’attenzione e lo studio messi nel lavoro fatto. A credere per primi su di me sono stati Massimo Bernardini e Furio Andreotti, conduttore e capo autori di Tv Talk, mentre poi Stefano Coletta, Giovanni Anversa e Serena Bortone hanno puntato su di me per Agorà. Oggi devo ringraziare il direttore Franco Di Mare e la vicedirettrice Elsa Di Gati.
Al Corriere hai dichiarato che ti piace conservare la cadenza bergamasca “perché dà colore”. Le critiche di chi te la fa notare ti feriscono?
Innanzitutto ho fatto un corso di dizione e oggi cerco di tenere questa cadenza sotto controllo, per dare solo un po’ di colore alla mia voce. Quando mi fanno notare questo aspetto rivendico orgogliosamente le mie origini: di fronte ogni commento però mi interrogo sulla mia reale capacità di tenerla a freno.
Cosa sogni per il futuro?
Il 2021 si è concluso con un grande regalo: un big della televisione italiana mi ha chiamato per propormi un programma da fare insieme. Purtroppo in questo momento siamo entrambi molto impegnati, ma per me sapere che già questa persona mi ha cercato per propormi un programma mi rende orgoglioso. L’idea sarebbe quella di un programma fra ieri e oggi.