Marco Berry a Blogo: “A Hello Goodbye storie incredibili ma autentiche in aeroporto, Invisibili era da Rai3, Le Iene è cambiato”
“Gli ascolti non sempre contano in tv: Invisibili faceva il 26% su Italia 1… è stato chiuso! Hello Goodbye in onda il pomeriggio, ma era perfetto per la seconda serata”
“È un programma incredibile, le persone, come diceva Bukowski, sono davvero il più grande spettacolo che esista. Storie meravigliose“. Marco Berry presenta con entusiasmo a Blogo il nuovo programma di Rete 4 che conduce. Si intitola Hello Goodbye e va in onda da oggi pomeriggio, 17 ottobre 2016, alle ore 15.30. 16 appuntamenti settimanali, realizzato da DUEB produzioni di Luna Berlusconi in collaborazione con Non Panic. Hello Goodbye è un format olandese prodotto da Blazhoffski, distribuito da FCCE nei Paesi Bassi e già trasmesso in oltre 20 paesi nel mondo.
Quando me lo hanno proposto ho pensato subito che l’aeroporto è un non-luogo, una scatola vuota dove devi passarci per forza per andare da un’altra parte. Allora ho detto, ok, proviamo per un paio di giorni e vediamo cosa succede e se sono adatto a un programma così. E ho scoperto che in realtà in aeroporto ci sono un mucchio di storie. Di persone che partono, e che quindi lasciano qualcuno, o di persone che aspettano chi arriva e che magari già sono disperate perché sanno che tra 20 giorni dovranno riaccompagnarli. Dal papà grande e grosso che piange perché la figlia 19enne parte in Australia per il resto della vita non vedendo più futuro in Italia, alla figlia che aspetta la madre, in arrivo da Cuba e che non vede da 6 anni, fino al ragazzo cubano 16enne che attende il padre che non vede da dieci anni e che quando lo incontra non riesce a parlare per l’emozione.
Quale è il tuo ruolo?
Io non faccio nulla (ride, Ndr). Io raccolgo le storie e ringrazio.
Ti sei mai commosso?
A volte ho fatto fatica a trattenere le lacrime. Ci sono momenti in cui fatichi a reggere. Io mi lascio trasportare, mi viene voglia di abbracciare tutti.
Le storie sono tutte autentiche e non ci sono attori, giusto?
Sì, abbiamo girato oltre 120 storie, ne abbiamo tenute 50-60. È molto più facile girarle vere che pensare di ricostruirle. Funziona così: arriviamo in aeroporto alle 7.30, ce ne andiamo alle 18. 25-30 voli in arrivo, 25-30 in partenza tutti i giorni. Con me ci sono tre ragazze che vanno in giro a chiedere e a trovare storie. “Buongiorno, siamo un programma televisivo, dove parte?”. “In vacanza”. “Ah, allora arrivederci, buon viaggio”. E finisce là, perché in quel caso non c’è la storia da raccontare. Però ci sono anche storie incredibili. Per esempio due ragazzi, lei 21 anni, lui 22, stanno insieme da quando hanno 15 anni. Lei cassiera di un supermercato, lui operaio, si licenziano e partono per il Canada.
Quindi avete realizzato il programma praticamente in presa diretta, senza che le persone vi scrivessero e avvisassero giorni prima?
Inizialmente avevamo il dubbio, non sapevamo se saremmo riusciti a trovare così tante storie. Abbiamo anche pensato a farci scrivere, ma non si può organizzare una troupe per girare una sola storia. Abbiamo capito che era meglio andare direttamente in aeroporto. Il primo giorno in 4 ore ho tirato su 10 storie, una più figa dell’altra.
Quella che più ti ha colpito?
Una sembra la sceneggiatura di un film. In aeroporto c’erano un italiano di 65 anni, una donna italiana di 60 e una ragazza 25enne di colore. Lui in Italia fallisce e vende tutto, va in Africa. Nel villaggio si propone per dare un passaggio in centro ad una ragazza. Ma lei dice ‘devi chiedere il permesso a mio padre’. Il padre: ‘Puoi accompagnarla, ma solo se la sposi’. Da qui inizia l’interesse di lui verso la ragazza. Alla fine i due vivono insieme un anno e si sposano. Lei rimane incinta e partorisce un bambino morto. Quindi lui, con la ragazza, torna in Italia e va dalla sorella, la signora che era in aeroporto, per provare a capire come mai il bambino sia nato morto. Si scopre che lei ha insufficienza renale. Va in dialisi, perciò non può tornare in Africa, dovendo sottoporsi alle cure ogni due giorni. Lui però decide di tornare in Africa, lasciando la ragazza con la sorella in Italia. Dopo un anno di dialisi, lei scopre un problema al cuore. La operano a due valvole. Perché erano in aeroporto? Perché l’equipe di medici, affezionatasi a lei, era andata in Africa a conoscere i suoi 11 fratelli. La ragazza era in attesa della sorella più giovane, che non vedeva da sei anni e che le avrebbe donato un rene.
Immagino che abbiate girato anche storie che però non vedremo in tv.
Sì, alcune storie sembrano belle, ma poi magari nel racconto si indeboliscono. Non tutti sono empatici, qualcuno è timido. Ed è anche capitato di trovare storie molto belle, che però le persone non hanno voluto raccontare in tv.
Chi atterra è all’oscuro di tutto?
Sì. E si vede. Le telecamere sono ad un paio di metri, io mi allontano qualche minuto prima che – nel caso degli arrivi – ci sia l’incontro.
È capitato che la persona, notando le telecamere, si insospettisse o addirittura cambiasse atteggiamento?
No. Se non vedi una persona che ami da tanto tempo, quando scendi dall’aereo vedi solo lei! Potrebbe anche esserci il Papa affianco… Dopo il primo abbraccio, quando si accorgono delle telecamere di solito non capiscono quello che sta succedendo. E iniziano a fare domande.
L’idea di usare telecamere nascoste non è stata valutata?
No. Di solito avevo tre telecamere. Ed è capitato che ci fossero due storie una attaccata all’altra. E che perdessimo il momento dell’incontro di una, quella che avevamo scelto, perché distratti dall’altra.
Dove avete girato?
A Malpensa, Milano. Serviva un aeroporto grande, con voli internazionali.
Hello Goodbye va in onda nel daytime con cadenza settimanale.
Secondo me è un programma perfetto per la seconda serata, però anche in daytime… So che vogliono mandarlo in replica in seconda serata. Spero di sì. Alla fine a me dei numeri che farà non me ne frega niente. Alle 10 del mattino io non chiamo mai per sapere gli ascolti, non mi interessa. A me interessa solo fare una cosa di cui non vergognarmi.
Però sai bene che soprattutto in una tv commerciale gli ascolti contano.
Io sono la dimostrazione che questa regola non vale. Invisibili faceva il 26% su Italia 1, ma non c’è più.
Come mai?
Creava sensi di colpa, commercialmente. Un’azienda che deve creare sogni, bisogni e che deve vendere non vuole che il suo spot finisca in mezzo a quel programma. Comprensibile. Era un programma perfetto per Raitre.
Inarrestabili, dopo una stagione non entusiasmante a livello di ascolti su La7, è approdato su Rete 4. Cosa è successo?
Il programma era auto-finanziato, a La7 non è costato niente. Ma funzionò, faceva il 3%.
A me risultano altri numeri, più bassi…
Ti assicuro che tutti erano contenti. Chi ha finanziato il programma lo ha rifinanziato. Lo abbiamo rifatto, ma La7 non ha risposto alla mia proposta. Ho parlato con Rete 4 e hanno accettato. L’idea è di fare anche la terza edizione, stiamo iniziando a pensarci.
Hai sperimentato tantissimi titoli nella tua carriera. Invincibili, Cash Taxi, Inarrestabili e altri ancora. Come mai?
A me piace essere curioso. Inarrestabili è nato per strada. Quante volte superi o incroci un camion senza pensare che lì dentro c’è una vita con una grande passione? È un lavoro che porta via 365 giorni all’anno. Alcuni autisti non vanno mai in ferie, vivono per il camion.
Tornerai a Le Iene?
Ci ho passato 15 anni, è stata la mia famiglia. Non ci sono più da sei anni, è cambiata la scrittura del programma. Anche il mood è cambiato; era una cosa, è diventata un’altra. Avevo dato tanto, non mi ci trovavo più. Forse avevo esigenze di fare altro…
Non ti ritroveresti più oggi?
Non lo so, dovrei metterci la testa per rispondere alla domanda. Bisognerebbe capire, intanto, cosa dovrei fare.
Non sei più inviato di Mistero. Come mai?
Mi piaceva tantissimo. Io non credo a fantasmi e a extraterrestri, ma mi piace cercare di capire perché alcuni raccontano di essere rapiti da fantasmi o extraterrestri. Ho studiato molto per essere credibile. L’anno scorso mi hanno chiamato e mi hanno detto che volevano cambiare gruppo di inviati e che né io né Jane Alexander rientravamo nei piani. Ci sta.
Senza motivazione?
La motivazione è che volevano cambiare cast. Stop.