Home Mandatemi a quel paese, Gianni Miraglia a Blogo: “Non ho la tv, ma ci entrerei dentro volentieri. E ora spero in una seconda edizione”

Mandatemi a quel paese, Gianni Miraglia a Blogo: “Non ho la tv, ma ci entrerei dentro volentieri. E ora spero in una seconda edizione”

Dieci missioni decise dal pubblico e onorate, una per una, in un avventuroso viaggio in Islanda: la web serie si candida ad essere un piccolo cult, ma per adesso il test è solo web.

pubblicato 1 Ottobre 2014 aggiornato 2 Settembre 2020 23:53

Sfidare a braccio di ferro The Mountain de Il Trono di Spade, cucinare su un geyser, imparare l’islandese, fare la cosa più noiosa al mondo: sono alcune delle missioni che il cortese ‘popolo del web’ ha scelto per Gianni Miraglia, narratore, scrittore, ex pubblicitario e protagonista di Mandatemi a quel paese, web-series partita lo scorso 15 settembre sul sito di DMAX e per ora visibile solo online.

Dico ‘per ora’ perché le clip finora caricate – sei sulle dieci previste pubblicate al ritmo di due a settimana – sono davvero delle piccole chicche: tre minuti al massimo che raccontano un personaggio e il suo mondo più che una missione da compiere. Non è tanto il riuscire a cuocersi un uovo su un soffione bollente a creare curiosità, quanto vedere Miraglia all’opera, col suo fare ‘sornione’, ben lontano dallo ‘stereotipo’ del protagonista di serie DMAX, dell’uomo che non deve chiedere mai, alla Texas Tarzan per intenderci. Con il suo colbacco bianco e la faccia di chi si trova su un ghiacciaio islandese per puro caso, Miraglia sta facendo conoscere al pubblico un personaggio nuovo, televisivamente sfruttabile, che può approfittare di queste clip come di un ‘pilot’ per una serie ‘standard’ da spalmare lungo una stagione. Il canale? Ovviamente DMAX, l’unico che Miraglia segue visto che non ha la tv, ma si è innamorato del palinsesto della rete, fino a diventarne ‘addicted’, vedendolo a casa dei suoi.

Del resto di missioni ‘impossibili’ Miraglia se ne intende: l’idea per Mandatemi a quel paese viene da un suo progetto letterario, che lo ha visto girare la Russia grazie al crowdfunding. E abbiamo chiacchierato con lui del progetto web e del suo viaggio ai confini del mondo. Purtroppo non riesco a replicare il suo modo un po’ cantilenato di parlare, ma vedendo le clip sarà facile immaginare toni e cadenza.

Non è la prima volta che ‘ti mandano a quel paese’: sei andato in Russia e ora in Islanda ‘via DMAX’. Come è nata l’idea di farne una web-series?
Per me è stata un’esperienza molto interessante di cui non mi pento affatto. L’esperienza russa è nata da un crowdfunding resa possibile da un ‘microseguito’ dovuto un po’ ai miei libri un po’ alla mia assidua presenza su Facebook. Ho avuto la fortuna di queste 137 persone che hanno contribuito e il ‘patto’ con i ‘finanziatori’ era che chiunque mi avesse dato dei soldi per andare in Russia avrebbe avuto il diritto di farmi fare una missione lì. Quest’idea in realtà si è rivelata vincente. Alla fine ho scritto il libro, come da obiettivo, ma nel frattempo è venuto fuori molto altro.

E a DMAX come ci sei arrivato?
Io la tv non ce l’ho, ma DMAX, insieme a Focus, è l’unico canale che guardo quando sono dai miei. E sono sempre stato molto colpito dai personaggi e dai programmi di DMAX: quando inizio non riesco a staccarmi, vedo tutto: le aste, il programma sugli aeroporti, quello sui fiumi… Mi piace molto questo ‘making’ pop che hanno e così, grazie a Michele Dalai – che ha pubblicato il mio libro – sono entrato in contatto con alcuni di loro. Quando poi ho iniziato a pensare a una nuova missione ho sentito alcuni di Discovery e mi hanno dato fiducia.

Certo che per un uno che non la tv ritrovarsi in tv non è un po’ un paradosso?
Guarda, non è per dire, ma io non ho più la tv davvero perché sono uno di quelli che si incanta anche davanti a una tv a circuito chiuso. Non è che sono uno snob, il mio è un problema diverso…

Vabbè, ma questa si chiama dipendenza da immagine trasmessa…
Brava. Io vedo qualunque cosa, anche le televendite delle maglie. Col web poi non ne parliamo… senza wazzup sto male. Mi muovo come i gechi alla ricerca del wi-fi. A Mosca era un paradiso: 4G e non dovevi neppure loggarti.

Però la tv dai tuoi è stata galeotta…
Sì, li ho scoperto DMAX e ho iniziato prima a desiderare di essere ‘come’ loro poi a desiderare sognare di essere uno di loro, di entrare in quella scatola. In qualche modo il mio sogno si è realizzato. E’ un contenitore dal quale non mi dissocio, è un marchio che stimo. Chi mi conosce sa che in tempi non sospetti parlavo di DMAX. Magari si fosse trattato dei canali di un’altra persona, che sappiamo già chi è, avrei detto ‘proviamo’ ma senza l’entusiasmo di un’appartenenza come con DMAX. Fosse quello il livello della tv tematica saremmo a posto, secondo me: non vedi altro che contenuti.

Hai scelto tu la rosa di missioni tra le quali il pubblico poteva scegliere?
Sì, ma ho lavorato insieme al co-autore Federico Didoni, che mi ha aiutato anche a mettere a punto le missioni a organizzare il tutto. Quando sono andato in Russia ho impiegato un mese solo a mandare e-mail per avere permessi: una delle missioni, per dire, era entrare al Bolshoi…

Immagino che dietro a quei tre minuti di clip ci sia un lungo lavoro preparatorio…
Guarda, l’esperienza russa mi ha dato coraggio, perché mi ha insegnato che la gente ti ascolta più di quanto non si pensi, specie se sei straniero. Ti danno retta, ti rispondono. vorrei provare a fare la stessa cosa qua in Italia e vedere se mi fanno entrare alla Scala, per dire.

Beh, non è male come idea un ciclo di missioni in Italia, dove si tende con una certa facilità al ‘rimbalzo’, anche se, immagino, che se ci si prova con le telecamere al seguito, per di più marcate Discovery, sia più facile.
Sì però, riflettendoci, andare all’estero ha permesso un distacco che altrimenti è difficile da trovare. La barriera linguistica in fondo può ‘aiutare’: notavo ad esempio che la gente si fermava incuriosita e divertita, magari domandandosi chi fossimo e che facessimo, ma senza ‘intrusioni’. Immagino fare una cosa del genere in Italia, magari nei piccoli centri: penso che saremmo circondati di persone che ci chiedono di essere ripresi o di ‘entrare nella televisione’. Ne uscirebbe un’altra cosa insomma..

001_Mandatemi a quel paese

Non è stato semplice, invece, il tuo viaggio in Islanda: quanti eravate e in quanti giorni avete realizzato la serie?
C’era il videomaker-regista Bennet Pimpinella, Niccolò Nardini della produzione e io. Tre in tutto, il minimo sindacale. E’ stato bello, ma molto faticoso: qualche volta ho preso qualche rischio, ma niente di che, magari un po’ troppo freddo, ma visto che mi seguono i giovanissimi era il caso di fare qualcosa di più ‘rischioso’ e di non scegliere la via più comoda.

Rispetto alla missione russa, quanto si è sentita l’impronta della tv?
A me è piaciuta questa interpretazione pop: non mi sono sentito snaturato. Beh, in Russia magari ero anche libero di concedermi interi minuti di monologo perso le per vie di Mosca, ma è un approccio per pochi, per gli amanti assoluti del sottoscritto. Invece il linguaggio tv mi ha colpito molto, perché è fatto di sintesi, di verbalità di 10 secondi… è un registro diverso, che mi è piaciuto affrontare.

Personalmente ho trovato che tu sia riuscito a mantenere, nonostante tutto, un tempo dilatato nonostante i tre minuti e mezzo massimo a tua disposizione: riesci a far vivere la missione con un certo aplomb che fa molto personaggio e senza l’ansia del tempo che scorre…
Ti ringrazio. Guarda, era quello che volevo. Io mi sono detto ‘Io non mi sento un eroe’, non sono uno dei quei personaggi americani che vedo in tv, ma loro però van bene così, perché sono personaggi da frontiera. Per me era importante non diventare macchietta o fare l”I wanna be Americano’. Volevo mantenere la mia personalità, anche la mia fragilità, quello che più o meno sono io riuscire a trasporlo in forma espressiva. Basta, mi interessava solo questo.

In questo senso direi che la scelta visiva del colbacco bianco un po’ ‘fantozziano’ aiuti…
Ti dirò, in Russia portavo il colbacco e ovviamente ridevano tutti. E’ come andare in giro a Napoli vestito da Pulcinella. In realtà questo cappello bianco me lo ha regalato mio nipote un paio di anni fa. Con questa foggia da copricapo medievale, per di più bianco, lo avevo messo poche volte e mi sentivo un po’ in colpa. Così l’ho portato con me in Islanda. Se mai dovessi andare in Messico a fare una nuova versione di Mandatemi a quale paese credo a questo punto che indosserei un sombrero, giusto per far sì che i messicani pensino ‘ma questo è scemo!’. Qualcosa che vada oltre il folklore insomma. Ma se questa cosa va avanti penso di portare sempre un cappello, qualcosa di distintivo insomma che mi aiuti a essere qualcosa tra reale e surreale.

Il cappello, insomma, aiuta a entrare in parte.
Sì sì. Io mi trovo bene tra ‘reale e surreale’, devo riuscire a sistemarmi in quel registro lì. E forse anche i vestiti ti aiutano. Lo capì durante un corso di recitazione, ma di quelli per dopolavoristi eh: ma si capiva subito quanto forte fosse la trasmutazione già indossando un naso da pagliaccio. A poco a poco diventavi il ‘tuo’ clown. E non è un caso che gli eserciti indossano le uniformi, che alcune categorie abbiano delle divise, che la gente in cravatta senta di essere arrivata da qualche parte.

Intanto tu, senza cravatta, sei arrivato in Islanda: oltre alle sei missioni che vediamo già disponibili sul sito quali altre hai affrontato?
La più votata è rimasta quella del navigare su un animale gonfiabile e ti dico solo che l’ho fatta senza muta… mamma mia, sono arrivato mezzo assiderato. Considera che noi abbiamo girato tra la fine di agosto e i primi di settembre e abbiamo fatto tutto in 13 giorni. Abbiamo cercato anche di fare qualcosa in più delle 10 missioni per qualche bonus, semmai ci sarà. C’è tanto girato…

In effetti immagino che con tutto il materiale fatto ci si potrebbe tirar fuori una serie tv: c’è in vista un sbarco ‘ufficiale’ sul piccolo schermo?
Non so nulla di preciso. Che io sappia, Discovery è soddisfatto del risultato. Se poi andrà anche sulla rete tv DMAX non lo so. Te lo dico subito, sarebbe bello. Ho visto, però che stanno facendo una serrata promozione tv. In fondo è nato come un esperimento per creare un po’ di interazione web.

Io però ho visto che sul web è espressamente presentata la ‘stagione 1’ di Mandatemi a quel paese. E se c’è una stagione 1, magari stanno pensando a una stagione 2…
Io ne sarei molto contento. Se mi dessero ancora fiducia ne sarei davvero contento. Mi piacerebbe rifarlo, magari con le stesse persone con cui ho lavorato ora e con le quali mi sono trovato bene. Speriamo, va’.

002_Mandatemi a quel paese

 

Nel caso, dove ti piacerebbe andare?
Mah, sarebbe bello più esotico, non so l’Estremo Oriente, la Cina, la Corea del Sud. Ma mi affascinano anche gli Stati del Sud degli USA, come il Tennessee, la Louisiana, il Texas, luoghi di tradizione dei Redneck e dei Nativi Americani, dei cowboys. Insomma non gli americani delle grandi città, ma quelli ‘grezzi’, di provincia. Mi piace girare, curiosare, senza pregiudizi, senza giudicare nessuno … mi piacerebbe trovarmi nel mezzo di una gara tra bovari o in groppa a un bisonte, come Ted Nugent. La questione è che a me non interessa giudicare chi va sul bisonte, ma provare quel che fa una comunità all’insegna del ‘Mi fate provare anche a me?’.

Missione dopo missione, però, si conosce un Paese.
Beh sì: ho scoperto tante storie sull’Islanda, ho potuto conoscere molti aspetti anche della vita economica e politica del Paese, quelle robe ‘un po’ da adulti’ che nel programma non abbiamo usato, tra bancarotta e vita sociale che sono molto interessanti.

Insomma, c’è materiale per fare tre diverse serie solo sull’Islanda.
Non mi stanco a ripeterlo: mi piacerebbe davvero rifare Mandatemi a quel paese. Se poi arrivasse in tv sarei ancora più felice. Mi piacerebbe entrare in quella scatola lì. Spero davvero che ci si possa risentire per parlare di una nuova avventura.

Beh, me lo auguro anche io: il format è davvero carino ed espandibile almeno a una serie da 30′, il personaggio c’è tutto e la possibilità di girare il mondo penso non manchi al gruppo Discovery. Attendiamo news.

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