Mai visto in Italia: Sleeper Cell
Se c’è un genere di programmi che sono ancora più invisibili per noi italiani rispetto alle stesse bistrattate serie tv è quello delle miniserie. Serie tv, lo dice il nome stesso, di 10-12 episodi per stagione. La motivazione è ovvia: lo scarso numero di puntate rende impossibile la gestione assurda che facevano, specialmente in passato,
Se c’è un genere di programmi che sono ancora più invisibili per noi italiani rispetto alle stesse bistrattate serie tv è quello delle miniserie. Serie tv, lo dice il nome stesso, di 10-12 episodi per stagione. La motivazione è ovvia: lo scarso numero di puntate rende impossibile la gestione assurda che facevano, specialmente in passato, canali come Italia 1 con la scelta di programmare un episodio al giorno invece del canonico episodio a settimana previsto dallo schema originale americano.
Questo modo di pensare è stato frenato ai successi di Lost, House, CSI Las Vegas e Miami, Desperate Housewives che lanciati in prima serata si sono ritagliati il loro spazio guadagnandosi l’opportunità di essere mandate in onda una sola volta a settimana (anche se due puntate per volta).
Negli ultimi anni si è aggiunta al mercato Sky che con i suoi canali del bouquet base trasmette le cose più interessanti in anticipo rispetto all’etere o addirittura in esclusiva.
Questi due elementi nuovi non bastano per non farci perdere (almeno per il momento) prodotti di altissima qualità come Sleeper Cell.
La miniserie prodotta e trasmessa dallo stesso network via cavo di Weeds, l’americano Showtime, è giunta con successo al termine della seconda stagione proprio pochissimi giorni fa negli USA.
Quando lo scorso anno, sempre a dicembre, Showtime ha annunciato la prima stagione sono infuriate le polemiche in america. Sleeper Cell tratta un tema molto attuale e delicato come il terrorismo internazionale, ma lo fa in una maniera nuova e non stereotipata prendendo spunto dalla realtà drammatica dei kamikaze inglesi: persone apparentemente normali, immigrati di seconda generazione o convertiti all’Islam che improvvisamente, dal nulla, si rivelano feroci terroristi.
Scritta da due autori, uno dei quali di origine pachistana, non teme di mostrare anche i pericoli che la miscela esplosiva di odio, ignoranza e paura può ingenerare nella società multirazziale americana.
Il protagonista Micheal Ealy, recentemente candidato ai Golden Globe proprio per il suo lavoro nei panni dell’agente FBI Darwin Al-Sayeed, è infiltrato in una cellula terroristica pronta a colpire, ed è mussulmano. I “cattivi” con cui Darwin se la deve vedere non sono solo “i soliti” arabi venuti da un paese straniero, ma persone di ogni genere, spesso integrate nella società e accomunate non dalla loro fede religiosa bensì dall’intenzione di combattere la Jihad contro il nemico infedele.
Insomma, una serie d’azione che mantiene altissima l’attenzione dello spettatore divertendo senza per questo dover mostrare la realtà patinata, inverosimile ma rassicurante che ci offrono altri telefilm (e film) quando trattano certi temi.
Il fatto che non sia ancora arrivata in Italia spiace, chissà che qualche canale di Sky non si faccia avanti presto per acquistarne i diritti.