Luke Cage, il terzo supereroe Netflix mostra meno i muscoli e punta di più sulla forza della comunità (Anteprima Blogo)
La recensione in anteprima Blogo di Luke Cage, la serie tv di Netflix con protagonista un uomo che prova a nascondere la propria superforza in un quartiere dove dilaga la malavita
Terzo capitolo dell’accordo tra Marvel e Netflix, che prevede la realizzazione di quattro serie tv ed una miniserie, Luke Cage è forse la serie tv con protagonista un supereroe tra i più diversi dalla tradizione. Se infatti Daredevil rappresenta l’eroe per definizione, con tanto di costume ed armi personalizzate, e Jessica Jones si è soffermata più sull’aspetto psicologico dell’essere una persona dotata di superpoteri, il personaggio della nuova serie tv di Netflix (che sarà rilasciata globalmente il 30 settembre) interpreta a modo suo l’essere un eroe in un mondo sempre più a conoscenza di persone dotate di abilità speciali.
Siamo ad Harlem, quartiere newyorchese noto soprattutto per la sua cultura afroamericana, e Luke (Mike Colter), ormai lontano da quell’uragano di emozioni che è stata Jessica Jones (Krysten Ritter), ha deciso di trasferirsi e di cercare di condurre una vita normale, nascondendo la sua superforza e, soprattutto, la sua indistruttibilità.
Lavora da un barbiere, Pops (Frankie Faison), unico a conoscere il suo segreto: contrariamente a Luke, però, Pops crede che l’amico debba sfruttare le proprie abilità per il bene del quartiere, in cui la criminalità è dietro l’angolo. Il boss di Harlem, infatti, si chiama Cornell Stokes (Mahershala Ali), ed è il proprietario del Paradise, noto locale in cui Luke cerca di arrotondare lavorando come lavapiatti. Stokes è ben inserito nella comunità di Harlem: temuto e rispettato, è cugino di Mariah Dillard (Alfre Woodard), politica che punta a riqualificare il quartiere usando proprio i soldi di Stokes, anche se provenienti da affari illeciti.
Quando un lavoro del boss finisce nel sangue, Stoke si vede costretto a stringere un’alleanza con il manipolatore Shades Alvarez (Theo Rossi) -che Luke ha conosciuto tempo prima, mentre era in carcere-, cercando di usare il pugno duro contro i suoi nemici. Sarà in particolare un gesto a convincere Luke che non può stare fermo a guardare, e che deve entrare in azione se vuole che Harlem possa essere liberata da chi vuole sfruttarla a proprio vantaggio.
Luke Cage mostra la sua differenza rispetto a Daredevil ed a Jessica Jones fin dal primo episodio: il ritmo è diverso, più concentrato sui personaggi che sulle loro azioni. E’ un po’ strano non vedere scene d’azione per quasi tutta la durata di una puntata, ma il motivo c’è, ed è quello di trovare il momento adatto per far “esplodere” Luke. Il pubblico, quindi, dovrà aspettare, a sarà ricompensato quando il protagonista deciderà di scendere in campo.
Ma a rendere Luke Cage davvero diverso dalle altre serie made in Netflix è l’ambientazione: se Hell’s Kitchen in Daredevil è come una donzella in pericolo che Matt (Charlie Cox) deve salvare ad ogni costo, e se in Jessica Jones la New York in cui vive la protagonista è una città di infedeli e cinici di cui è meglio non fidarsi, la Harlem di Luke Cage è il quartiere della speranza e della tenacia. Il clima affollato, i dialoghi pepati ed i riferimenti a personaggi come Malcom X che hanno fatto la storia della lotta per i diritti degli afroamericani, danno a Luke Cage un tono che va ben oltre il senso “supereroistico” dei fumetti da cui è tratto.
Tolta l’indistruttibilità della pelle del protagonista e la sua capacità di sollevare una lavatrice con un braccio solo, Luke Cage è forse la serie più realistica delle tre realizzate finora dalla Marvel su Netflix. Merito proprio del quartiere afroamericano, che conferisce allo show un tono che si avvicina maggiormente a quell’America che proprio in questi mesi sta affrontando una questione razziale che sta dividendo il Paese. Complice anche una colonna sonora composta da brani soul ed R&B, il pubblico viene catapultato in un mondo che, di fronte al primo episodio, non si aspetta di vedere, abituato a scazzottate e misteri ben più intricati. A Luke Cage, invece, interessa solo riportare la giustizia ad Harlem, per il bene di chi lo ha accolto e gli ha permesso di costruirsi una nuova vita.
Sta qui la forza di Luke Cage: la sua volontà di mostrare meno i muscoli e reggersi di più con la forza della comunità, pur non dimenticandosi la componente fantasy e l’action tipica della Marvel che, in un mondo di eroi che volano, fanno salti straordinari e combattono più nemici contemporaneamente, si prende il diritto di cambiare verso.