Enrico Lucci, il cultore del modernariato tv: dopo Fede & Mora, Lucci incontra Funari
Dopo Realiti Sciò, Enrico Lucci celebra un altro cult della tv popolare degli anni ’90, il maestro del people (talk) show moderno Gianfranco Funari.
Esegeta della cultura televisiva più nazional-popolare degli anni ’80 – ’90, perfetto curatore di un’ideale mostra dei nostri vizi social-mediali, archeologo del più sanguigno passato prossimo che molti vorrebbero sotterrare sotto strati di Teche Rai rigorosamente in b/n, Enrico Lucci sta realizzando una delle enciclopedie più grottescamente raffinate della nostra storia recente, quella di cui magari andiamo meno fieri ma che ha segnato il nostro immaginario, la nostra politica e anche il linguaggio televisivo. Costretto nelle griglie del talk show, Lucci ha dimostrato di dare il meglio nel formato da avanguardia Realiti Sciò – prima nella formula mini-sitcom-serie e poi nella versione aggiornata e diventata un film da prima serata – e ora si prepara a un’altra serata a tema, questa sera nella forma di un ideale ‘biopic’.
Ci riferiamo a Lucci incontra Funari, in onda su Rai 2 lunedì 25 febbraio alle 21.20: un omaggio curato dallo stesso Lucci – che Funari indicò come proprio ‘erede’ – con la partecipazione e le testimonianze di ospiti come Francesco Rutelli, Roberto D’Agostino, Antonio Di Pietro, Chicco Testa e Maurizio Costanzo, noto sì come padre del talk show in Italia, ma costretto a cedere lo scettro della paternità del people show proprio a Funari, che ha creato non solo un formato, ma un vero e proprio linguaggio tv. “La trasmissione la fate voi” ripeteva il Bravo Presentatore Frassica a Indietro Tutta, “Suggeriteci i vostri argomenti, questa è una trasmissione vostra” ripeteva nel suo doppiopetto condito da cravatte sgargianti Funari ad Aboccaperta qualche anno prima: i germi degli attuali palinsesti tv son tutti lì.
A oltre 10 anni dalla sua morte – avvenuta il 12 luglio 2008 – arriva dunque questo omaggio, che gode della firma e del tocco di Lucci, pronto a ripercorrere le forme ‘disturbanti’ di talk come Torti in faccia (TMC, 1980-1981), Aboccaperta – Gli italiani che hanno qualcosa da dire (Rai 2, 1984-1987), Mezzogiorno è… (Rai 2, 1987), Mezzogiorno italiano (Italia 1, 1991-1992), i programmi su Odeon (Funari live e L’edicola di Funari) tutto intrecciato con una vita privata e pubblica, anche politica, vissuta senza reti di protezione e lontano da binari prestabiliti. Spirito da cabarettista, istinto da sobillatore, Funari è il soggetto perfetto per un racconto targato Lucci, sempre più cultore del modernariato televisivo, e a largo spettro culturale, d’Italia, quello chiuso in cantina e considerato ancora ‘robaccia’ prima che passi qualche esperto a esaltarne il valore.
L’operazione sembra inserirsi perfettamente nel filone – se pur ne esiste uno – inaugurato da Realiti Sciò. Con quell’esperimento Lucci ha quasi voluto chiudere il cerchio di un ventennio – quello Berlusconiano – con cui non abbiamo ancora fatto del tutto i conti, raccontando con cinica ironia e sincero affetto – quello che spesso lega carnefici e vittime, tanto più se ne tempo si sono scambiati i ruoli, come in un eterno guardie e ladri – due icone del recente passato come Emilio Fede e Lele Mora, colte nell’amarezza e nella tristezza del declino, riportando a galla quel che dà fastidio ricordare, ridando vigore a personaggi che abbiamo cercato di seppellire sotto megabyte di attualità usa e getta e, in un certo senso, rinfacciando agli italiani quel che sono stati, che hanno invidiato, emulato, celebrato, inseguito. Un’operazione meritoria, e culturalmente interessante, per un Paese che non ha memoria, ne a lungo né a breve termine. Ad esso Lucci ricorda anche il ruolo di un maestro osteggiato in vita e quasi bistrattato in morte come è stato finora Funari.
Verrebbe quasi da definir Lucci un ‘Paolo Mieli’ del nostro passato prossimo, narratore tv di un pantheon che può far storcere il naso a benpensanti e medio-borghesi, che cerca linguaggi nuovi per raccontare storie così vicine da non essere state ancora processate da ‘la grande storia’. E per questo ancor più interessanti da ascoltare. Le attese, inutile a dirsi, sono alte…