L’onore e il rispetto 4: finale di stagione ripetitivo con un concentrato di morti e violenza
Si chiude la quarta parte de L’onore e il rispetto. Ma c’era davvero bisogna della quinta?
Da pochi minuti si è conclusa la quarta stagione de L’onore e il rispetto. Alla fine il sogno di felicità di Tonio Fortebracci va in frantumi, come le finestre della sua sala da pranzo di Zurigo, sotto i colpi di arma da fuoco del commando di Ettore De Nicola. Un finale che, come sapevamo, lascia aperta la porta a una quinta stagione.
Una sola domanda mi viene in mente: perché non sono morti tutti? È davvero necessaria una quinta stagione che – c’è da giurarci – non ci offrirà niente di nuovo e che può forse solo peggiorare?
Nella prossima stagione non ci sarà il commissario Rolla, morto nei primi minuti dell’ultima puntata, e non ci sarà (forse) Carmela, trafitta da decine di colpi – insieme alla zia – nelle scene finali. E in effetti, a ben guardare, dopo sei puntate sono più i personaggi passati a miglior vita che i sopravvissuti a stragi, vendette, piani criminali che si ripetono sempre uguali a se stessi.
Però c’è lui: Gabriel Garko, che ha fatto la sua fortuna interpretando questi personaggi eccessivi e fuori dagli schemi che sono il punto forte della Ares e che, ancora una volta, ne esce comunque vincitore.
E questo basta per continuare la saga, con Tonio pronto a cambiare vita, ma ancora una volta catapultato nei meccanismi mafiosi, nella sete di vendetta, nelle sue tragedie familiari che non sembrano dargli tregua.
Dopo quattro stagioni, forse, sarebbe stato il caso di mettere la parola fine a questa avventura, lasciare che Tonio Fortebracci potesse finalmente godersi la famiglia e la vita, e chiudere così in bellezza un capitolo professionale di Garko.
E invece niente.
L’immagine finale della serie è ancora quella di Fortebracci che stringe tra le mani una pistola e che si ritrova a fare il mafioso contro la sua volontà. E da qui riprenderà la quinta stagione, con nessuna novità per il telespettatore. E neppure per i critici, che si troveranno nuovamente a stigmatizzare un modo di fare televisione che ha fatto della violenza e del trash il suo segno distintivo.