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Liti e violenze in tv

Ieri è finito Uno, due, tre Stalla!. E’ finito, dunque, un altro programma che, nonostante le premesse iniziali, è sfociato nella solita messa in scena di liti per motivi più o meno futili, più o meno gravi. Mi colpisce, in merito, una lettera che si legge sull’ultimo numero di Tv Sorrisi e Canzoni, a firma

17 Maggio 2007 13:42


Come un'onda che scende e che sale Ieri è finito Uno, due, tre Stalla!. E’ finito, dunque, un altro programma che, nonostante le premesse iniziali, è sfociato nella solita messa in scena di liti per motivi più o meno futili, più o meno gravi. Mi colpisce, in merito, una lettera che si legge sull’ultimo numero di Tv Sorrisi e Canzoni, a firma Davide Pagliara. Scrive, questo lettore del settimanale:

E ho capito una cosa: guardo solo i momenti in cui si scatenano polemiche, litigi, scambi di “scortesie” fra i partecipanti

Fantastico. Geniale. Poi arriva la mail di un nostro lettore, che si lamenta per un film troppo violento. Film che comunque si è visto fino alla fine (più che violento, personalmente lo definirei semplicemente un film brutto. Ma questo aprirebbe altre parentesi. E noi vogliamo parlare della violenza in tv).

E’ evidente: la gente – qualunque cosa significhi questo termine generalizzante e quindi, di per sé, errato – ha bisogno, voglia, piacere di veder persone che litigano.
Come se non fossero sufficienti i litigi che si scatenano nella vita di tutti i giorni, no?

Ora, capita che il sottoscritto stia leggendo un saggio che fa al caso nostro: trattasi di Come un’onda che sale e che scende di William T. Vollman (ed. Mondadori, Strade Blu), un’imponente – e in questa edizione addirittura ridotto – trattato che parla di violenza, ferocia e morte. Cercando di trovare una soluzione a quella che sembra essere una costante intrinseca dell’essere umano: il gusto per la violenza, molto spesso insensata. Così, in questo saggio si legge:

Un altro sistema potrebbe essere quello dei circhi romani. Se i nostri futuri assassini di massa avessero la possibilità di ammazzarsi tra loro in televisione, con tanto di imposta governativa e spettacolarizzazione, è plausibile ritenere che il livello della violenza incontrollata calerebbe notevolmente

Provocatorio, come molte cose che scrive Vollman. Ma anche un’ipotesi mica da ridere: la giusta dose di violenza all’umanità che ne ha bisogno, la dessero quei fautori di guerre e combattimenti, dandosi addosso fra di loro come in un gigantesco, reale Celebrities Death Match. Ne beneficeremmo in termini numerici – di vittime e sofferenze – e magari anche la tv, a parte questi spettacoli da gladiatori, potrebbe essere meno violenta e litigiosa.