L’illuminazione sulla via di Damasco per Mentana: “Mediaset è un comitato elettorale”
Enrico Mentana torna a parlare dell’addio a Mediaset, un addio doloroso, ma che si delineava già da diversi mesi, forse anni nella mente dell’ex direttore del Tg5. L’occasione è un’anticipazione dal suo primo libro “Passionaccia“, con annessa intervista, concessa a Vanity Fair. Mentana, che fino a questo momento era stato piuttosto evasivo, attento ad evitare
Enrico Mentana torna a parlare dell’addio a Mediaset, un addio doloroso, ma che si delineava già da diversi mesi, forse anni nella mente dell’ex direttore del Tg5. L’occasione è un’anticipazione dal suo primo libro “Passionaccia“, con annessa intervista, concessa a Vanity Fair. Mentana, che fino a questo momento era stato piuttosto evasivo, attento ad evitare uno vero scontro frontale con il suo ex editore ha pubblicato, proprio nel capitolo concesso in anteprima a Vanity Fair, una lettera fino ad ora inedita inviata a Fedele Confalonieri.
La missiva è uno sfogo che mostra tutto il disagio di Mentana nel lavorare a Mediaset. La cena a cui aveva partecipato con gli altri vertici del gruppo, la “prima linea dell’informazione“, subito dopo il trionfo elettorale del 2008 del Pdl e di Silvio Berlusconi gli aveva lasciato l’amaro in bocca. Improvvisamente, questo è sicuramente un dettaglio curioso, Mentana si rende conto di lavorare per un cartello elettorale, non per una televisione libera.
La nostra cena si è conclusa da poche ore. Le dico francamente che è stato un errore invitarmi. Mi sono sentito davvero fuori posto. C’era tutta la prima linea dell’informazione, ma non ho sentito parlare di giornalismo neanche per un minuto. Sembrava una cena di Thanksgiving… Un giorno del ringraziamento elettorale. Tutti attorno a me avevano votato allo stesso modo, e ognuno sapeva che anche gli altri lo avevano fatto. Era scontato, così come il fatto di complimentarsi a vicenda per il contributo dato a questo buon fine… Non mi sento più di casa in un gruppo che sembra un comitato elettorale, dove tutti ormai la pensano allo stesso modo, e del resto sono stati messi al loro posto proprio per questo… Mi aiuti a uscire, presidente! Lo farò in punta di piedi.
Mentana insiste:
Dopo aver irriso per oltre un decennio le accuse di chi dipingeva Mediaset come una dépendance di Forza Italia, avevo assistito a una scena che avrebbe fatto esultare i teorici del conflitto di interessi.
Meglio tardi che mai, verrebbe da dire. Ad ogni modo questa lettera venne spedita ad Aprile del 2008, molti mesi prima delle sue dimissioni da direttore editoriale (motivate con il mancato stop del Grande Fratello per fare spazio ad una puntata speciale di Matrix sul caso di Eluana Englaro) e il conseguente licenziamento da conduttore. Mentana ha aperto un procedimento contro Mediaset per chiedere il reintegro, anche dovesse aver ragione si aspetta un nuovo licenziamento, per amore di una “chiarezza” che dall’esterno non sembra poi così necessaria:
Mediaset potrebbe “risolvere” immediatamente il contratto. Ma voglio che siano loro a dire che mi mandano via. Mi interessa fare chiarezza in un rapporto che è stato importante: a Mediaset, ho fatto nascere dal niente un telegiornale, l’ho diretto per 13 anni, l’ho portato a essere il primo del Paese, ho creato una trasmissione, Matrix, che dopo tre anni e mezzo era il più seguito programma informativo in seconda serata… È giusto che tutto questo abbia un finale chiaro.
Il giornalista è deluso, in particolare, dal comportamento di Confalonieri che, ricorda, è stato testimone alle sue nozze. Difficile dimenticare come il presidente di Mediaset commentò la sua conduzione durante una celebre intervista a Report.
Mentana, fra l’altro, insiste nel collegare il licenziamento con la sua abitudine di invitare con una certa frequenza Antonio Di Pietro in trasmissione, sicuramente il politico più inviso al suo editore/premier. Ammette di averlo invitato il 3 febbraio nonostante gli avessero chiesto di non farlo più.
Dopo la vicenda Di Pietro ero psicologicamente preparato a fermarmi. Del resto, che tra Di Pietro e il pianeta Berlusconi ci sia della ruggine non è un segreto.