Liberi di giocare…ma non di stravolgere la realtà
Su RaiUno sta andando in onda la seconda e ultima puntata della minifiction Liberi di giocare, con Pierfrancesco Favino e Isabella Ferrari, produzione Grundy Italia con RaiFiction. In giornata però non sono mancate polemiche e addirittura una richiesta di sospensione, con la seguente motivazione: perché denigra, mortifica e offende il lavoro duro e difficile delle
Su RaiUno sta andando in onda la seconda e ultima puntata della minifiction Liberi di giocare, con Pierfrancesco Favino e Isabella Ferrari, produzione Grundy Italia con RaiFiction.
In giornata però non sono mancate polemiche e addirittura una richiesta di sospensione, con la seguente motivazione:
perché denigra, mortifica e offende il lavoro duro e difficile delle donne e degli uomini del corpo di polizia penitenziaria
A pronunciare queste parole è Donato Capece, segretario generale del Sappe, sindacato autonomo polizia penitenziaria, con una nota ufficiale inviata al presidente della Rai Claudio Petruccioli, ai ministri della Giustizia Clemente Mastella e delle Comunicazioni Paolo Gentiloni e al capo dell’amministrazione penitenziaria Ettore Ferrara.
Per Capece, che parla a nome della categoria:
tantissimi appartenenti al corpo di polizia penitenziaria si sono sentiti offesi, mortificati e umiliati per come la finzione ha inteso rappresentare il lavoro dei poliziotti penitenziari. Nulla di quanto si è visto corrisponde alla realtà della quotidiana vita penitenziaria, ma la ricaduta negativa che ha prodotto verso un’opinione pubblica che sconosce del tutto il mondo del carcere e men che meno di chi in esso lavora 24 ore al giorno, 365 giorni all’anno, è semplicemente dirompente e inaccettabile
Al centro delle polemiche, alcuni elementi che hanno fatto passare un’immagine sbagliata sia delle carceri che della polizia stessa, come il facile ingresso ed occultamento di sostanze stupefacenti negli spogliatoi dei detenuti impegnati in attività sportiva, l’immancabile agente disonesto che favorisce il pestaggio di un detenuto da parte di un altro ristretto, un altro agente che, in barba alle disposizioni vigenti nei penitenziari, apre tutte le celle di una Sezione per favorire la “scorta” di tutti i detenuti a due ristretti giocatori minacciati dall’altrettanto immancabile boss detenuto, ecc.
Tutti questi elementi fanno capire anche a chi non ha visto il prodotto che si trattava proprio di una “fiction”, nel vero senso della parola, e non un prodotto ispirato ad una storia vera, visto che di reale c’è ben poco, oltre alla vicenda di fondo.
Troppa carne al fuoco, troppi stereotipi e, come sempre, tante, immancabili, polemiche.
[Fonte Adnkronos]