Home Notizie LETTERA APERTISSIMA A PIER LUIGI CELLI: LA TV E’ UN CONFESSIONALE…

LETTERA APERTISSIMA A PIER LUIGI CELLI: LA TV E’ UN CONFESSIONALE…

Questa è una letterina che può essere letta anche solo di pasquetta, visto che vuole essere leggera leggera come una farfalla di primavera. E’ diretta, ma tutti la possono leggere, a Pier Luigi Celli, un manager, uno scrittore, che è stato capo del personale della Rai ai tempi di Claudio Demattè[…]

pubblicato 18 Marzo 2008 aggiornato 11 Febbraio 2021 07:27

Questa è una letterina che può essere letta anche solo di pasquetta, visto che vuole essere leggera leggera come una farfalla di primavera. E’ diretta, ma tutti la possono leggere, a Pier Luigi Celli, un manager, uno scrittore, che è stato capo del personale della Rai ai tempi di Claudio Demattè nel 1993 e poi direttore generale nel 1998 durante la presidenza di Roberto Zaccaria; si dimise nel 2001. Celli ha scritto un libro dal titolo curioso “Altri esercizi di pentimento”. Lo ha presentato a Roma in una cornice cafonal, come ha scritto Dagospia. Ma questi sono dettagli. Sono anni che Celli torna e ritorna sulla tv, croce e delizia, e racconta i suoi spasimi d’amore e i suoi dolori. Forse leggerò il libro. Ma se ne parlo è perchè viviamo uno strano clima. Stranissimo. Stravagante.Stracotto.

Quale clima? Ma quello della tv d’0ggi, evidentemeente. Ha il fiato stentato. La gola stretta. Le chiappe rigide.Ha paura. Sia in Rai che a Mediaset, e forse anche a Sky (dove però sono silenziosi e lavorano a testa bassa, con risultati in crescita, dicono gli esperti). Bassi o poco soddisfacenti ascolti, un flop dietro l’altro, polemiche, incertezza per il futuro, servilismo verso la politica, “tutti insieme uniti per far sì che l’assetto attuale non cambi”, sarebbe troppo, sarebbe il crollo di situazioni di rendita appena appena verniciate di competitività.

Naturalmente, la qualità soffre. Ho sempre pensato che il modo con cui certi politici e certi dirigenti tv parlano di qualità sia come minimo astratto e come massimo superipocrita. Usano la parola qualità a caso. Ad esempio, un buon ascolto di Benigni che dice Dante o uno sceneggiato edificante sulla mafia che raccoglie qualche mucchietto di ascolti li fa lievitare, battere le ali, volare. Angeli dello share e della quality.Ma il resto è trash.

Celli avverte da tempo che le cose si stanno mettendo male (anche se il tormento -finto- “è “l’estasi dei nostri potenti). Nel suo recente libro, lo rilevo da una citazione presa dalla stessa opera dal titolo sommesso e forse ironico ma sempre contrito, racconta di quando era direttore delle “risorse umane” con Demattè e fu costretto a prepensionare o allontanare comunque oltre mille dipendenti a causa di deficit trovati. E’ stato duro,durissimo farlo, dopo che di “risorse umane” lo stesso Celli sgravò di migliaia di unità (una cifra disumana) la Olivetti di Carlo Debenedetti, che gli sarà grato a vita. Ma questi sono fatti suoi.

Per tornare alla tv, l’autore del libro conclude il pentimento- ragionevole come sono tutti gli allontanamenti per giusta causa (?), per forza maggiore (?), per senso del dovere (?) verso il padrun da li beli braghi biachi- dicendo che in Rai quei provvedimenti oggi li giudica un errore, anzi dice senza mezzi termini : “abbiamo sbagliato”. Forse ha ragione, forse ha torto. Sarebbe bello leggere il libro e approfondire.

Il punto è questo. Suggestionato da analisi, fatte da Gallino e altri, sulla scomparsa della industria italiana e sul declino in cui il nostro paese si sta incamminando risolutamente- pare- temo che queste due fatidiche parole – “abbiamo sbagliato”- siano sì un atto sincero di pentimento e di cenere sulle teste decidenti che avrebbero dovuto funzionare meglio a suo tempo , ma sono anche un pezzo di storia del presente e del futuro, secondo le ammonizioni degli studiosi inglesi che cercano di capire quel che sarà il passato da ciò che avviene sotto i nostri occhi (soprattutto sul video).

In altre parole, le difficoltà di oggi sono lo specchio di errori commessi. Lo spettro dell’Alitalia e di tanta parte della industria pubblica sorvola mestamente anche la fabbrica dell’audiovisivo. Fino a che punto gli errori commessi stanno influendo sulla situazione? si può rimediare? c’è spazio per evitare tracolli o lenti avvicinamenti a giorni grami, giorni fatti di pentimenti (nel paese delle assoluzioni e del perdonismo a gogò) e di strazi ritardati? Sguardi pesti, pat pat sulle spalle dell’opinione pubblica bastano?

Poichè sono pervaso da ottimismo,ma non ad oltranza, mi sentirei di rivolgermi con arroganza e presunzione meditate a Celli. Lei dirige la Luiss. Bene. Sono disposto a fare una lezione gratis agli studenti di comunicazione nel prestigioso ateneo per parlare e scambiare un dialogo. In modo tale da non dovermi pentire in un domani dal non aver tentato almeno di discutere un pò di una questione-quella tv-prima che diventi nazionale e irrimediabile, come tante altre; e soprattutto per capire la radice e le conseguenze degli errori, poichè anche questa è realtà della comunicazione.

Mi fa paura l’indomani di un malaugurato crack. Tanti a dire: oh, l’avevo detto; oh, come abbiamo sbagliato. Spero che il crack non ci sia. Ma anche spero che finisca un altro tipo di trash – tenero, commovente- delle ammissioni pensose e colpevolizzanti a bomba esplosa.
Italo Moscati