Le stagioni dell’amore, un meccanismo semplice messo in scena in modo imbarazzante
Al via l’ennesimo dating show televisivo, protagonisti gli over 60: l’idea è ok, la messa in scena è pietosa (ma Mara Venier non ha colpe)
Difficile trovare qualcosa che può essere considerato a favore di Le stagioni dell’amore, l’ennesimo dating show andato in onda oggi pomeriggio su Rai 1.
Anzi forse sì, la nota positiva riguarda Mara Venier: lei non ha colpe di ciò che abbiamo visto. La conduttrice ha fatto la conduttrice com’è giusto che sia. Ha narrato delle storie, ha introdotto dei personaggi e dis-annuciato alcuni passaggi. Se non ci fosse stata lei, magari ci sarebbe stato un altro volto o magari una voce fuori campo. Ma Mara è una che non si sottrae, ha formalmente guidato lo spettatore nei passaggi di un programma che nella semplicità di un meccanismo, è stato messo in scena in maniera quasi imbarazzante. Per questo la Venier è ‘scagionata’ da critiche.
L’idea per Le stagioni dell’amore, sulla carta, era quantomeno semplice nelle sue dinamiche:
Un’over 60 (oggi la signora Carla) si dà l’opportunità di ritrovare l’amore scegliendo fra tre single di cui non conosce nulla. Non sa come si chiamano, non sa che lavoro fanno e non sa nemmeno che volto hanno. Per potersi conoscere, la protagonista e i tre single si impersonano in quattro ragazzi chiamati per l’appunto ‘avatar’, tutti agghindati così come i tre single e la donna erano da giovani.
In una prima fase di conoscenza il meccanismo prevede che, per conversare, il lui e la lei si parlino tramite gli avatar. Questi, ascoltando da un auricolare, fanno tutto quello che gli viene comandato dal single e dalla protagonista della puntata. Nella seconda e ultima fase viene presa una decisione da parte di Carla che decide chi vuole conoscere fra i tre contendenti, colui il quale dovrà decidere – dopo l’incontro, quello vero in carne ed ossa – se proseguire la conoscenza oppure no.
A tutto ciò corrisponde quindi una interpretazione di ruoli, una vera e propria mini fiction interna fra nuove leve di attori ed una post-produzione che avrebbe dovuto lasciar capire tutti i passaggi nel modo più semplice. Così non è stato.
Sebbene i giovani attori si siano divertiti nell’impersonare dei perfetti sconosciuti con doti attoriali anche sufficienti (e per questo che non si sottovalutano mai questo tipo di programmi, dove si può trovare qualcuno in grado di saper recitare ancora meglio un domani), sfugge alla mano la conta dei momenti imbarazzanti venuti a galla, spiattellati nell’alternanza di un montaggio da mal di mare che provava a movimentare un’atmosfera statica, senza guizzi.
Il single che tira fuori il suo brano del suo cuore mentre lo canticchia per secondi interminabili davanti ad un microfonino, seduto solitario in una grande carrozza mentre dall’altro lato la single prosegue intonando parole manco fosse un duetto di Ramazzotti e Anastacia. L’attimo ‘drama’ in cui il single confida gli episodi tristi del passato ad una sconosciuta tra i silenzi d’imbarazzo. Momenti dove ci si chiede: fin dove si vogliono spingere? Che soglia deve toccare il cosiddetto ‘cringe’?
Il finale non è da meno. Quando i due single si incontrano per la prima volta, senza troppi giri di parole (anche perché i tempi sono quelli che sono) l’uomo sbatte in faccia la verità confessando di non esser fatto per Carla lasciandola sola lì, in quella cabina e senza nemmeno salutarla. Una freddezza agghiacciante che nemmeno quando scopri la bolletta della luce. Come nei film strappalacrime, lei si volta verso la finestra e, sulle note di “Goodbye my lover” di James Blunt, si abbandona alla rassegnazione accennando un amaro sorriso.
Le stagioni dell’amore almeno ha seguito un obiettivo: se imbarazzante dev’essere, lo deve essere sino all’ultimo secondo. Mica è semplice.