Le segretarie del sesto: la velocità non è sinonimo di qualità
Sulla carta doveva essere il gioiellino del bouquet seriale di RaiUno, al punto da sfidare la prima puntata del Grande Fratello. E se invece, ai piani alti, ne avessero intuito i punti deboli, evitando di “bruciare” contro il reality monstre prodotti dall’esito scontatamente vincente?Abbiamo un visto un cast d’eccezione di grandi attrici, tra cui Micaela
Sulla carta doveva essere il gioiellino del bouquet seriale di RaiUno, al punto da sfidare la prima puntata del Grande Fratello. E se invece, ai piani alti, ne avessero intuito i punti deboli, evitando di “bruciare” contro il reality monstre prodotti dall’esito scontatamente vincente?
Abbiamo un visto un cast d’eccezione di grandi attrici, tra cui Micaela Ramazzotti e Claudia Gerini ormai prestate dalla commedia cinematografica. La produzione è di Edwige Fenech. E, seppur si sia rivelata un’occasione mancata, c’è stato il cross-over con un marchio storico come Commesse, grazie alla continuità garantita dal personaggio di Romeo. Eppure ieri sera, a guardare Le segretarie del sesto, non ci si capiva un bel niente.
Una serie con protagoniste delle carrieriste nevrasteniche, che doveva essere sviluppata in sei episodi, è stata concentrata in due serate, così da intrappolare lo spettatore in un ambaradan recitativo. Per quanto l’intento fosse di riprodurre una tipica realtà aziendale dai ritmi forsennati, questo ha fortemente penalizzato le potenzialità di racconto, ridottosi a una serie di sketch mordi e fuggi.
Su RaiUno l’effetto decontestualizzazione era evidente: sembrava di assistere a un’extended version di una sitcom in stile Less than perfect, quella che vedeva protagonista un ufficio pieno di svitati ridotti a macchiette. E i bassi ascolti – confermati dall’odierna replica riparatrice al posto di Festa italiana – hanno dimostrato una verità troppo spesso dimenticata: non sempre la velocità è sinonimo di qualità. E le stesse serie americane ce lo insegnano, sapendo coniugare ritmo e coerenza narrativa.
La generalista è sempre stata inclemente proprio con quei prodotti che si discostano dal canone imperante, percorrendo strade follemente anarchiche. Le segretarie del sesto sconta, innanzitutto, di essere una fiction femminista, in una rete dove la famiglia, gli uomini veri e la donna-angelo spadroneggiano in prime time
In più, l’androginia insita nella manager in tailleur trasforma le eroine sulla scena in schiave di una scrivania implacabile, esasperando – nello spettatore a caccia di evasione – la percezione dei cattivi comportamenti tra colleghi sul lavoro.
Di qui il rifiuto, verso una serie pseudo-realistica che porta allo stremo le idiosincrasie di un ufficio, e sostituisce all’immagine di donna oggetto quello di una più inquietante donna-feticcio. Roba da rimpiangere di gran lunga i pettegolezzi di Amiche mie, che poteva contare su una più solida scrittura, su una rappresentazione del femminile più variegata e su un opportuno compromesso con la linea dei sentimenti.