L’ispettore Zen rende l’Italia migliore (sarà che è inglese?), ma non la storia
Le inchieste dell’ispettore Zen mostra un’Italia diversa da quella che è, più calma, ma non rovina i nostri paesaggi. La storia, però, non ingrana
L’Italia vista attraverso gli occhi degli inglesi cambia nettamente rispetto a come noi stessi la vediamo: molto più calma, con un clima caldo, sempre soleggiata, con panorami liberi da cantieri e strade scorrevoli. Magia della Bbc, verrebbe da dire, dal momento che “Le inchieste dell’ispettore Zen” ha più elementi di una serie british rispetto che di una serie italiana, nonostante la co-produzione con Mediaset.
Aurelio Zen (Rufus Sewell) è un ispettore di polizia che lavora seguendo un rigido schema morale. Ama scherzare, ma è anche capace di svolgere il proprio mestiere con precisione. Ed, ovviamente, è affascinante al punto giusto da sedurre chiunque voglia. Questo è il ritratto del protagonista, che arriva dai libri di Michael Dibdin, un ibrido tra Italia ed Inghilterra.
Zen ha un comportamento british sul lavoro, ma quando vuole diventa italiano e si lascia andare. La passionalità non prende il sopravvento, e riesce razionalmente a capire quando è il momento di diventare meno rigido e quando, invece, il lavoro chiede serietà. Un personaggio che, se questa fosse stata una produzione completamente nostrana, probabilmente sarebbe stato dipinto ben diversamente.
Zen è uno di quei personaggi che non piacciono a tutti, ed in questa sua impossibilità di essere popolare trova un suo ostacolo: per quanto possa ammiccare e fare bene il suo lavoro, il pubblico fatica a seguirlo ed a puntare su di lui. Meglio, piuttosto, vederlo interagire con gli altri personaggi, rappresentanti di un mondo italiano che di realistico ha ben poco.
Il lavoro che è stato fatto sul protagonista rispecchia, infatti, anche quello fatto sul mondo che lo circonda: la Roma di Zen non è la Roma di tutti i giorni. Il caos sembra svanire, non c’è vicolo affollato, i clacson delle macchine in coda sono impercettibili. La versione televisiva dei libri di Dibdin raccontano un’Italia ben diversa da quella che è. Da un lato fa piacere vedere l’Italia in una serie andata in onda anche in altri Paesi e rappresentata con scenari mozzafiato ed invidiabili, ma spiace sapere che questa è solo una fantasia.
Se il lavoro sugli ambienti e sui personaggi fa de “Le inchieste dell’ispettore Zen” un curioso esperimento di combinazione tra due mondi tanto distanti, la storia non è altrettanto originale. In questo caso il difetto è la scarsa consistenza nella storia. Non si capisce bene dove voglia andare a parare il film-tv, con il protagonista che si lascia trasportare dagli eventi senza che questi, però, lo conducano verso qualche direzione interessante per gran parte dell’episodio.
“Le inchieste dell’ispettore Zen”, forse, puntava tutto sulle bellezze dei luoghi e dei personaggi per convincere e farsi vedere. D’altra parte, se c’è dietro la Bbc sarà qualcosa di buono. Invece, nonostante questa garanzia, gli inglesi non sono riusciti a fare centro. Gli italiani, invece, possono gioire: una volta tanto il nostro Paese ha incantato all’estero con i suoi paesaggi, da noi spesso trascurati.