Home Le Iene Le Iene, Luigi Pelazza e Mirko Canala indagati per concorso in corruzione per il servizio sulla compravendita di patenti nautiche

Le Iene, Luigi Pelazza e Mirko Canala indagati per concorso in corruzione per il servizio sulla compravendita di patenti nautiche

L’accusa è quella di “concorso in corruzione”. La versione di Pelazza al Fatto Quotidiano Magazine.

pubblicato 15 Giugno 2015 aggiornato 2 Settembre 2020 13:45

Le Iene, il programma d’inchiesta di Italia 1 condotto da Ilary Blasi e Teo Mammuccari, con i suoi servizi spesso si ritrova a documentare e smascherare situazioni d’illegalità. Per farlo, i suoi invitati con tanto di telecamere nascoste e anche talvolta con l’ausilio di attori, spesso si trovano in situazioni-limite.

Così è stato anche per il servizio sulla compravendita e creazione di patenti nautiche fasulle, realizzato dall’inviato Luigi Pelazza in collaborazione con l’attore (spesso chiamato da Le Iene) Mirko Canala. Il servizio, ambientato a Pozzuoli (NA), risale al 5 novembre 2011 e riguardava la diffusa pratica illecita di conseguire la patente senza fare alcuna prova o truccando il relativo esame. Le due Iene, per documentare fino in fondo questo abuso, hanno simulato l’acquisto pagando 300 € al titolare dell’autoscuola in questione.

Nonostante fossero spinti da ragioni “investigative”, i due inviati sono stati comunque rinviati a giudizio dal giudice dell’udienza preliminare con l’accusa di concorso in corruzione.
Ad illustrare nei dettagli la vicenda e soprattutto la sua posizione ci ha pensato Luigi Pelazza che, con una lunga intervista al FQMagazine, ha spiegato:

Il servizio incriminato comincia con una soffiata su un autoscuola che avvantaggiava le persone per ottenere patenti nautiche. Al primo incontro a cui abbiamo partecipato il titolare conferma che è così: può sapere le domande in anticipo, c’è chi gli passa il disegno della carta nautica, ecc.. Al secondo incontro abbiamo alzato il tiro dicendo che non avremmo voluto fare il corso. Allora il tizio ci ha risposto che non c’erano problemi, se non volevamo farlo potevamo clonare la patente e ci spiega il meccanismo. Trovandoci a Napoli e pensando di avere di fronte un truffatore a cui diamo i soldi e poi lui ci rifila un pezzo di plastica al posto della patente siamo stati titubanti. Non pensavamo riuscisse a fare quello che ha fatto. Mica è una truffa di poco conto. Comunque decidiamo di pagarlo. Gli diamo 300 euro. La terza volta ritiriamo la patente. Andiamo alla Capitaneria di Pozzuoli e dall’atteggiamento che hanno gli ufficiali ci accorgiamo che è vera, quindi non gli lasciamo la patente perché capiamo che c’è qualcosa che non va, e Mirko va a consegnarla ai carabinieri. Non avevamo di certo bisogno della patente nautica io oltretutto ce l’ho e ho fatto l’esame delle “12 miglia per vela e motore”. Non pensavamo di essere di fronte a uno che avrebbe realmente creato delle patenti perché in tal caso non avremmo pagato. Sapevamo che saremmo andati incontro a un reato abbastanza grave. Come è successo altre mille volte, di millantatori ne trovi tanti. Eravamo preparati a fare chiusura ad un truffatore entrando in campo.

Anche se non è la prima volta che il programma di Italia 1 si ritrova a scoperchiare dei “vasi di Pandora“, tuttavia Pelazza aggiunge che non si erano mai trovati a far conto con questo tipo di conseguenze e, con ironia, che se dovesse essere condannato vorrebbe andare ai servizi sociali a Cesano Boscone come Silvio Berlusconi:

Se mi condannano però voglio andare a Cesano Boscone anch’io come Berlusconi. Non ci era mai successo un caso del genere alla Iene. Certo agiamo sempre sul filo della legalità, ma abbiamo degli avvocati con cui ci confrontiamo di continuo. Solo quando ti trovi di fronte a queste situazioni immediate, dove non puoi scegliere e non hai tempo di valutare, rispondi sì, ok. Quando andremo dal giudice non diremo mai di non aver sbagliato. Adesso sappiamo di aver sbagliato, ma non l’abbiamo fatto con dolo. Quando in Capitaneria ci siamo accorti che era la patente era clonata come vera, abbiamo semplicemente fornito un aiuto alle forze di polizia e alla cittadinanza. E’ paradossale che alla fine paghiamo noi. Ora che facciamo? Un servizio tv col codice penale in tasca da consultare davanti al malfattore? Comunque andremo in Appello e in Cassazione, ci difenderemo coi denti perché attenzione non perché siamo sicuri di non aver sbagliato, non siamo sicuri di aver sbagliato l’abbiamo documentato, vogliamo che il giudice capisca che eravamo in buona fede. Non siamo partiti con l’idea di andare lì e comprare una patente, questo deve essere valutato prima di ogni altra cosa.

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