L’Aria che tira, quando l’utilizzo della realtà aumentata ha effetti tragicomici
A L’Aria che tira è ormai datato l’utilizzo della pratica della realtà aumentata. Ma il programma ne abusa, arrivando a invadere lo studio d’acqua per raccontare Venezia o a piazzare l’altoforno dell’Ilva che sputa fumo. Il rischio di una risata trattenuta a fatica è dietro l’angolo
Immaginate di discutere di Venezia e dei gravi danni provocati dall’alta marea con uno studio televisivo che, per l’occasione, finisce sott’acqua. Oppure prendete la delicatissima vicenda dell’Ilva e piazzate al centro della scena l’altoforno di Taranto che sputa fumo in continuazione mentre il dibattito è tutto incentrato sui temi del lavoro e della salute dei cittadini.
Nulla di inventato, bensì la pura cronaca di ciò che accade da settimane a L’Aria che tira, fortunato programma del mattino di La7 innamorato della realtà aumentata. La pratica, ormai sdoganata nei talk show, risulta inflazionatissima nel salotto di Myrta Merlino dove il racconto viene reso più curioso e suggestivo dall’innesto del 3D.
La regia non si limita però alla proiezione delle sagome dei politici del giorno o all’orario in sovrimpressione. Ci si spinge oltre, osando laddove occorrerebbe al contrario maggiore pudore e sensibilità.
Già nei mesi scorsi, all’indomani del dirottamento del bus di San Donato Milanese con 51 studenti a bordo, la trasmissione lanciò l’immagine in movimento del pullman avvolto dalle fiamme.
Se l’argomento è delicato e la reazione istintiva dello spettatore è quella di un imbarazzato spaesamento, forse qualcosa andrebbe rivisto. Anche perché, ieri come oggi, la strategia non ha il merito di fornire informazioni ulteriori a chi è a casa. Anzi, il rischio di una risata trattenuta a fatica è dietro l’angolo.