L’Anima della Televisione
La Tv ce l’ha un anima?
L’impossibile è possibile, disse quasi gridando il super mega direttore ai suoi subalterni. Se voi credete che io mi arrenda di fronte a quello là, vi sbagliate di grosso! Sottolineò con maggior vigore aumentando ulteriormente il tono di voce, ed attirando l’attenzione di tutti gli uffici di quel piano e non solo di quello.
Tutto iniziò quando qualcuno iniziò a cercare dell’altro dentro a quelle scatole magiche, che ogni sera, con la loro ipnotica luce blu, attiravano l’attenzione di milioni di italiani, sempre di più, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Quella che era una semplice scatola di legno, degna di ospitare la piccola gondola proveniente da una vacanza veneziana, ora era diventata qualcosa di più grande, molto più grande delle sue dimensioni reali.
Quanto è rimasto oggi di quella magia? Quanto è rimasto di quel mistero, un mistero che si celava sotto quelle piccole e grandi copertine, messe per preservare quell’oggetto dalla polvere del tempo, che ne poteva scalfire il valore. Quanta polvere si è depositata, anche metaforicamente, su quello che era diventato il “novello focolare“, come recitava la sigla di apertura di “Indietro tutta“.
La televisione oggi è ciò che vorremmo sembrare, dimenticando spesso quello che siamo. L’apertura di credito è un gioco troppo pesante da essere giocato e l’impegno di una sostanza che è diventata -quasi- solo apparenza, porta a scottarsi, provocando piccole o grandi ustioni che si manifestano nei desideri inespressi di chi tenta di governare la televisione di oggi. Una televisione morsicata dai new media, che non sono altro che la trasposizione metafisica di quello che la televisione è sempre stata: una macchina del consenso interiore. Ma la tv ce l’ha un anima? Una domanda forse retorica, ma che si impone come si impone collocare i programmi nelle griglie quotidiane dei palinsesti.
Mercato, idee, format, programmi, marketing, posizionamento, palinsesti, generi, target, pubblico di riferimento, tutte tessere incastrate fra di loro che si staccano e vagano nell’etere alla ricerca di un percorso che le porti a viaggiare, come satelliti impazziti, intorno alla parolina magica che un giorno si chiamava televisione e che oggi si potrebbe chiamare con un altro nome.
Lui nel frattempo si era calmato. La voce, che prima si irradiava anche attraverso gli spessi muri di quel palazzone pieno di orecchie indiscrete, ora era divenuta più felpata, più flebile, ma non per questo meno ferma ed autorevole di prima. Anzi, a qualcuno, quel parlare quasi sottovoce, incuteva ancora maggior rispetto. D’altronde ora il super mega direttore era diventato ancora più super mega, se fosse possibile.
Fra le piante, non curatissime, dei corridoi di quel palazzone, innaffiate con avanzi di the o di caffè, in molti avevano capito qualcosa e cioè che quel super mega direttore avrebbe parlato, sottovoce, ancora per molto tempo. Molto più tempo di quello che era stato a lui assegnato.
L’immagine del puzzle doveva essere ancora scoperta, non si capiva benissimo ciò che sarebbe poi apparso nel finale, una cosa però appariva già da subito ben chiara, la prima tessera in alto a sinistra era quella del super mega direttore, il resto sarebbe arrivato da se, anima permettendo, perchè se è vero che tutti abbiamo un cuore affamato, la tv non è da meno.