L’Amica Geniale 4 è stata presentata come una serie-evento, anche se ormai fa parte dei palinsesti Rai e del catalogo RaiPlay dal 2018. Sei anni in cui l’ordinarietà a cui vanno incontro tutte le serie tv, anche quelle che ritrovano il maggiore affetto da parte del pubblico e i migliori commenti da parte della critica, non è giunta. Come mai?
L’Amica Geniale 4, la recensione
L’Amica Geniale ha da sempre potuto contare su una squadra tecnico-artistica di alto livello: dai produttori, agli sceneggiatori (la stessa Elena Ferrante, autrici dei libri da cui la serie è tratta, è stata coinvolta nella scrittura della serie), agli interpreti e registi. Questa serie, insomma, spiega bene come deve essere impostato e portato avanti un progetto: fin dal primo giorno le idee sono state chiare, gli obbiettivi erano evidenti a tutti così come i rischi che si sarebbero dovuti correre.
Perché se è vero che una serie tratta da una delle saghe letterarie più lette di sempre ha potuto contare, appunto, su una forte base narrativa di qualità, è altrettanto vero che il successo della trasposizione televisiva non era scontato. Fortunatamente, però, tutto è andato per il verso giusto.
Ora che si avvia a conclusione, L’Amica Geniale si prepara ad affrontare la sua ultima sfida. Non tanto quella del finale di serie, fedele al quarto libro, “Storia della bambina perduta”, da cui è tratta la stagione, ma quella della rivoluzione del cast.
Il pubblico tv è abitudinario, e le serie devono rispettare alcune regole, tra cui quella di un cast sia riconoscibile: per tre stagioni i produttori sono riusciti a mantenere un cast che il pubblico ha conosciuto e apprezzato, ma sapevamo tutti che il distacco da Margherita Mazzucco, Gaia Girace e gli altri giovani interpreti sarebbe stato inevitabile.
Se L’Amica Geniale 4 ha uno scoglio da superare, è dunque proprio questo: fare in modo che il pubblico trovi nei volti nuovi delle parvenze di quelli che li hanno preceduti, se non nella somiglianza fisica almeno in quella comportamentale. Per Alba Rohrwacher è stata solo una questione di passaggio da voce fuori campo a interprete fisica di Elena; per Irene Maiorino il compito è stato più arduo, essendo Lila uno dei personaggi più complessi che ci ha regalato la serie tv in questi anni.
Questa stagione trova la sua costante, dunque, nelle parole: sono i dialoghi, le riflessioni, i commenti che sentiamo ad averci tenuto per mano in passato e a farlo anche in queste ultime puntate. L’Amica Geniale è forse l’unica serie italiana veramente “di parola”: i personaggi vivono prima che per le azioni, per le parole che pronunciano. Da quelle orientate verso l’autodeterminazione di Elena, a quelle con cui Nino Sarratore vuole implorare una fiducia su se stesso senza farlo capire, a quelle morbide e taglienti al tempo stesso di Lila.
L’ultima stagione de L’Amica Geniale riesce ad essere, dunque, aderente ai suoi personaggi proprio grazie all’uso delle parole, più che a tutto il resto. Un’aderenza che restituisce un racconto asciutto ma non arido, un caos in cui tutto ha un suo posto, anche ciò che sembra non averlo. L’ordine dato dalla regia di Laura Bispuri serve solo a chiarire luoghi e situazioni: ormai Elena e Lila sanno muoversi da sole.
L’Amica Geniale sarà una di quelle serie che mancheranno alla tv italiana. Mancherà l’audacia silenziosa con cui ha saputo imporsi, mancherà il racconto sincero di un’osservatrice attenta ai mondi esteriori e interiori, mancherà l’unione di intenti da più parti che ha condotto a produrre quattro stagioni che hanno creato un mondo inizialmente non nostro, ma ora diventato un po’ casa. Ma speriamo che la lezione più bella, ovvero che i grandi racconti meritano grande attenzione e rispetto fin dal primo giorno in cui si prendono in mano, sia conservata e possa, quella sì, continuare altrove.