L’altro volto (snob) del dj di Lucignolo
Spesso accade che chi gravita nello showbiz accetti un dato compromesso, ma in fondo un po’ se se ne vergogni. A piegarsi allo slogan ‘è uno sporco lavoro ma qualcuno deve pur farlo’ è un guru insospettabile del trash-set televisivo. Stiamo parlando del dj della notte, nonché la presenza più radiofonica della televisione: lo speaker
Spesso accade che chi gravita nello showbiz accetti un dato compromesso, ma in fondo un po’ se se ne vergogni. A piegarsi allo slogan ‘è uno sporco lavoro ma qualcuno deve pur farlo’ è un guru insospettabile del trash-set televisivo. Stiamo parlando del dj della notte, nonché la presenza più radiofonica della televisione: lo speaker di Lucignolo. Il suo vero nome è Maurizio Trombini e se c’è una cosa che non sopporta è proprio il gossip, come emerge dalle pagine di Anna:
“Detesto celebrità e pettegolezzi. Piuttosto mi appassiona la politica. Se devo scegliere, preferisco il blog di Beppe Grillo a Dagospia”.
Quando gli dicono che la sua voce è diventata piuttosto convincente e autorevole tra i giovani, glissa senza troppo senso di responsabilità:
“Sì, ma se si dicono sciocchezze rimangono sciocchezze”.
A raccontare com’è nata la voce fuori campo di Lucignolo è il direttore di Studio Aperto Mario Giordano in una vecchia intervista per il Sorrisi:
“All’inizio, quando con il mio coautore Claudio Brachino abbiamo montato la prima puntata, i servizi proposti a raffica, senza nessuna presentazione, sembravano monchi. Ecco l’idea di collegarli usando una voce. Per trovarla abbiamo fatto circa mille provini. Disperati pensavamo di riciclare le nostre. Peccato che la mia sia troppo riconoscibile e poi l’avevo già prestata a un altro personaggio di Pinocchio, il Grillo Parlante di Gad Lerner. Solo una, quella di Maurizio Trombini, poteva essere quella cattiva e provocatoria di Lucignolo. Il patto tra noi fu subito chiaro: Maurizio presta la voce, ma il resto, la sua faccia, la sua vita privata, il suo personaggio insomma, devono rimanere nascosti, un po’ perché non vogliamo svelare tutto, un po’ perché lui, Maurizio, è geloso della sua privacy”.
Il vero Lucignolo, dunque, non si è mai fatto fotografare per contratto. Eppure negli studi di Milano 2, alla periferia del capoluogo lombardo dove viene confezionato il programma, Maurizio è una specie di divinità: tutti lo salutano, lo abbracciano, gli danno le pacche sulle spalle.
Ha all’incirca cinquant’anni, con marcate tracce sul viso degne di un uomo vissuto. Occhi chiari, sguardo ammaliante e penetrante. Corporatura robusta, ma agile. La maglietta girocollo bianca stile Giorgio Armani, che si vede nella foto, aiuta a rendere l’idea.
Un fisico palestrato, ma un solo vero punto di forza: la voce. A renderla così suadente e rude al tempo stesso, oltre a madre natura, hanno contribuito le diverse sigarette che Trombini fuma dentro e fuori lo studio, e qualche bicchierino di troppo che aggiunge calore e morbidezza alla naturale raucedine.
Arrivato in postazione, Lucignolo si infila le cuffie e cerca la concentrazione. Non vuole vedere nessun servizio, ma solo ascoltare, a tutto volume, spezzoni di musica che faranno da sottofondo al programma. Gli serve per entrare nel clima. Poi legge il testo che il coordinatore della puntata ha preparato. Raramente succede che si debba rifare perché è sempre molto professionale e puntuale.
Nel suo curriculum, tra l’altro, c’è stato spazio per frequentare il Piccolo Teatro di Giorgio Strehler.
Poi è arrivato al doppiaggio. Di volta in volta è stato la voce di Wolfman, Lupo solitario, il misterioso disc-jockey di American Graffiti, la voce di Jack Folla, il condannato di Alcatraz. Per amicizia si prestò anche a fare la voce fuori campo negli sketch di Aldo, Giovanni e Giacomo versione svizzeri.
Un background davvero encomiabile e affascinante. Certo è che, se tutti i personaggi della tv fossero dei ripetitori di cose in cui non credono, il telespettatore sarebbe davvero da considerare una pezza da piedi.
Soprattutto quando uno rimpingua il portafogli rinnegando i propri principi e disconoscendosi dalla superficialità dilagante dei propri annunci ammiccanti.