L’Altra Italia, per evitare il disastro bastava un po’ di memoria (e umiltà)
La collocazione al giovedì, la sfida a prodotti forti come Dritto e Rovescio e Piazzapulita e l’illusione che la tv avesse bisogno dell’ennesimo talk. La storia de L’Altra Italia non è altro che la replica di film visti altre dieci, mille volte
“Uno dei programmi più attesi dal vertice aziendale”. Parlava così de L’Altra Italia il direttore dell’approfondimento Rai Paolo Corsini, che nella conferenza stampa di presentazione spiegò come il nuovo talk si proponesse di avere “un linguaggio innovativo utile ad intercettare un pubblico un po’ più giovane”.
Di nuovo pubblico però non se ne è visto. E sarebbe stato forse opportuno non ripudiare quello ‘anziano’, dato che il talk con Antonino Monteleone in tre puntate è stato capace di perdere costantemente i già pochi spettatori conquistati all’esordio (1,8% di share), crollando addirittura allo 0,99% in occasione dell’ultima uscita.
“Avrà bisogno di tempo per crescere e trovare il suo pubblico”, precisò ancora Corsini. Tuttavia, in queste condizioni è difficile immaginare un futuro, o molto più semplicemente delle basi solide su cui lavorare.
L’Altra Italia sembra ormai condannato al suo destino, con la data di scadenza solo da ufficializzare. Qualsiasi aspetto, fin dal principio, era parso assurdo. La collocazione nell’affollata serata del giovedì; la scelta del prime time anziché la sperimentazione ad un’ora tarda (con una durata ridotta e un traino forte che potesse proteggere il progetto); la sfida a talk ‘radicalizzati’ e rodati come Piazzapulita e Dritto e rovescio; una partenza posticipata rispetto agli stessi Formigli e Del Debbio e, soprattutto, l’illusione che la tv avesse bisogno dell’ennesimo talk show.
Ma se ti auto-convinci di essere diverso e alternativo (“affronteremo argomenti che gli altri non trattano”) è pure possibile snobbare i mille campanelli d’allarme che si erano da tempo attivati e che tutti avevano ascoltato. Tutti tranne Monteleone, che a TvBlog se la prese con i critici: “Questa categoria si è trasformata in un esercizio di pompe funebri – dichiarò – i giornalisti fanno l’errore di sentirsi quelli che fanno avverare le profezie. C’è una classe di critici che è ossessionata dagli ascolti, ritenendoli l’unico indice di qualità. Quest’isteria nel resto d’Europa non c’è. Degli ascolti non me ne frega niente”.
Se i numeri non interessano a Monteleone, importeranno eccome a Viale Mazzini, che non può permettersi una Rai 2 arenata allo zerovirgola e superata mestamente da Nove, Iris, Rai Movie e canale 20.
La storia de L’Altra Italia non è altro che la replica di film visti altre dieci, mille volte. Basti pensare a Popolo Sovrano, Seconda Linea e Che c’è di nuovo, trasmissioni che in passato andarono a schiantarsi proprio nel giovedì di Rai 2.
“Siamo abituati a entrare nella realtà, ad andare in posti dove gli altri non vanno”, sentenziò alla vigilia Alessandro Sortino, che con Popolo Sovrano dovette alzare bandiera bianca dopo poco più di un mese. “Saremo un’altra cosa rispetto ai soliti talk”, assicurò invece a Panorama Francesca Fagnani, che nel 2020 condivise l’avventura di Seconda Linea assieme ad Alessandro Giuli.” La Rai ci ha detto: ‘fate un buon programma, non preoccupatevi degli ascolti. Piano piano quelli verranno’”. Peccato che dopo appena due puntate fossero a casa. Durò un po’ di più Ilaria D’Amico, con la stagione di Che c’è di nuovo interrotta a metà, al rientro dalle festività natalizie. Una magra consolazione.
Copioni pressoché identici, tra roboanti annunci di novità e la sicurezza di poter sopravvivere ai bassi ascolti. In fondo, per evitare il disastro sarebbero bastati pochissimi accorgimenti: un po’ di memoria e una buona dose di scaramanzia.