L’allenatore nel pallone involgarito dalla tv
Perdonateci la parentesi cinematografica, ma ci preme aprirla e chiudere senza rischiare di andare fuori tema. La promozione di film, infatti, è diventato un ingrediente obbligato dei contenitori televisivi, in cui vediamo usurati attori di ogni tipo in un incessante tour pubblicitario. L’allenatore nel pallone 2 pare il caso più emblematico e chi ha assistito
Perdonateci la parentesi cinematografica, ma ci preme aprirla e chiudere senza rischiare di andare fuori tema. La promozione di film, infatti, è diventato un ingrediente obbligato dei contenitori televisivi, in cui vediamo usurati attori di ogni tipo in un incessante tour pubblicitario. L’allenatore nel pallone 2 pare il caso più emblematico e chi ha assistito a una conferenza stampa con Lino Banfi presente, come il sottoscritto, l’avrà visto decisamente provato.
Un artista della vecchia scuola come lui, abituato a far parlare la pellicola quando la marketta non esisteva, detiene un record di presenzialismo settimanale faticoso per chiunque, figurati per un professionista che inizia ad avere una certa età. Oltre ai botteghini cinematografici, lo vediamo ospite a Matrix, Guida al campionato, Controcampo, Domenica In, Quelli che il calcio, costretto a recitare lo stesso copione nonostante sia un genio dell’improvvisazione.
E tutto questo ci fa passare la voglia di vedere un film, il piacere di andare a cinema senza preconcetti, la fiducia in un sequel che rischia di incrinarsi di fronte a una dequalificante parata catodica, fatta di attorucoli che ostentano una parte come se si trattasse dell’Oscar. Prendete Milo Coretti, che ci ha ammorbato a Buona Domenica con la storia dell’attore emergente, che ha avuto la grande occasione e non ci deluderà. Nell’Allenatore del Pallone 2 compare solo in due scene (non due scene in particolare, caro Milo, sono due e basta), biascicando romano e dandosi un po’ di arie con il compare Giorgio Alfieri. Nulla che possa definirlo lontanamente vicino al recitare, mentre va raccontando in giro di aver avuto i complimenti per i suoi tempi comici.
E non fa migliore figura Anna Falchi, che sta dividendo la scena mediatica con il grande Lino pur apparendo in 4-5 scene del film. Il suo ruolo è piuttosto stereotipato e lascia assolutamente indifferenti: amante era – sul set e non – e amante è rimasta. Alle domande della stampa, ammette di essersi ispirata allo stile un po’ frivolo e disimpegnato delle giornaliste de La Vita in Diretta, roba da farla litigare a vita con Cucuzza negandole qualsiasi intervista di gossip.
Per fortuna c’è Lino, che ti fa divertire e commuovere nello stesso istante e riesce a riconciliare le due fette di pubblico da sempre antagoniste: quella che stravede per Oronzo Canà e quella che ama nonno Libero. Banfi ne è consapevole e, quando gli ho chiesto se la svolta tenera di Canà in età attampata si è volutamente ispirata al personaggio del Medico in Famiglia, mi ha risposto che è stata un’evoluzione naturale, dettata dal sentimentalismo della vecchiaia, ma lui per primo aveva il timore che il pubblico la recepisse come una forzatura televisiva. L’importante, a suo dire, è stato non tradire i toni della commedia originaria, senza involgarirla con gag triviali per far sganasciare le nuove generazioni.
Peccato che a rovinare tutto, ancora una volta, siano la televisione e il pregiudizio commerciale che alimenta, dando spazio a morti di fama dal talento non pervenuto invece che ad attori sconosciuti “presenti” dall’inizio alla fine. Un plauso personale va a un Biagio Izzo tutto da riscoprire nel ruolo del cognato, ma già emerso in positivo nella conduzione di Stasera mi Butto, nonché all’eccezionale Giuliana Calandra nei panni di Mara Canà. Perché di loro non si sa mai nulla e uno a cui basta ciò che vede in tv non sa neanche che sono parte integrante del film.