La Vita in Diretta, Franco Di Mare: “Non buttiamo la croce addosso alla D’Eusanio più grande di quella che già ha”
Nella puntata di oggi, ospite in studio Ezia Tresoldi.
Commentando gli accesi confronti che vediamo in tv, spesso e volentieri, si fa il solito riferimento al contraddittorio, soprattutto nei casi in cui non ce ne sarebbe affatto bisogno, visto che non sempre esistono due versioni di un fatto accaduto che è e resta oggettivo.
Per quanto riguarda il caso Alda D’Eusanio e la sua opinione riguardo a Max Tresoldi, l’uomo che nel 2001 si è risvegliato dopo dieci anni di stato vegetativo, uno di quei classici pareri che spaccano l’opinione pubblica a metà, il “benedetto” contraddittorio, invece, si sarebbe rivelato molto utile, soprattutto per poter permettere un confronto più civile e pacato tra Alda D’Eusanio ed Ezia Tresoldi, la madre di Max che lunedì pomeriggio aveva prontamente replicato, con rabbia e amarezza, alle parole forti della conduttrice e giornalista.
Tutto ciò non è stato realizzato e per rimediare al fattaccio è stata scelta la seguente soluzione: cospargersi il capo di cenere e scaricare l’intera colpa alla D’Eusanio che, al di là della correttezza e soprattutto dell’opportunità di certe opinioni (sulle quali ci si potrebbe confrontare a vita), non ha comunque avuto modo di replicare.
Nel blocco riparatore andato in onda nella puntata odierna de La Vita in Diretta, Franco Di Mare, che già nell’intervista rilasciata all’Avvenire non è stato affatto tenero con la D’Eusanio, oggi ha avvalorato la sua opinione, esordendo con queste affermazioni:
Siamo certi che si sia trattato di una cosa mal detta. Parole dal sen fuggite. Non vogliamo buttare la croce addosso alla D’Eusanio più grande di quanto ce l’abbia già. Max oggi non è qui in studio per questo motivo.
Le parole di Ezia Tresoldi hanno fatto il resto:
Era agitato, è successo questa cosa e ne ha risentito tantissimo e mi sono detta di non portarlo più in studio. Per un po’ di tempo deve stare tranquillo.
E per confermare il fatto che oggi in onda si è voluto soltanto riparare e basta, oltre a Lucia Bellaspiga, giornalista dell’Avvenire, il quotidiano che ha fatto scoppiare il caso, in collegamento c’era Matilde Leonardi dell’Istituto Neurologico C. Besta di Milano ossia la persona che ha potuto spiegare, dal punto di vista scientifico, il risveglio di Max, e il neurologo che, per ammissione dello stesso Di Mare, è colpevolmente mancato nella famosa puntata di lunedì. Ecco le parole della Leonardi:
Non abbiamo idea di quanti pazienti che erano in coma sono entrati in stato vegetativo. Vanno distinte le diverse fasi in maniera clinica e corretta: dopo un evento grave che colpisce il cervello si va in coma, quando si aprono gli occhi si entra in stato vegetativo e poi si entra in uno stato di minima coscienza in cui si fa fatica a capire questa situazione. Max, però, ha già superato queste tre fasi. Max, 10 anni fa, si è svegliato. Non abbiamo la consapevolezza di quello che il cervello sa fare. E’ il bello della neurologia che ci permette di dire che ci sono possibilità di comprensione di certe vie uditive, sensoriali, ecc… Ciò che manca a questi pazienti è la capacità di comunicare normalmente. Non possiamo dire con certezza se questi pazienti possano rispondere agli stimoli visivi o alle nostre parole. Questa ignoranza porta a questi pregiudizi. Il caso di Max è un successo. Quando ci si chiede se uno vuole essere normale o come Max, è la domanda che è sbagliata. Bisogna, invece, chiedersi cosa deve fare la società in questi casi.
Questa, infine, è stata la chiusura di Di Mare:
Mi auguro che Max venga in studio e che ci abbia scusato.
Come già detto prima, la D’Eusanio non si è certo rivelata una campionessa del tatto e del tempismo ma ha comunque espresso un’opinione che ha motivato con le dichiarazioni rilasciate all’AdnKronos (“Ognuno è libero di scegliere. Io parlavo di ciò che penso dopo essere stata io stessa in coma”). Per questo, un nuovo confronto sarebbe stata la via più giusta da seguire.
L’impressione finale, invece, è che oggi non sia stata fatta la scelta più giusta ma soltanto la cosa che si “doveva fare”.