La tv e il coraggio di volare nell’Immensità
Riflessioni pure ed impure su quello che è la televisione oggi, su quello che era ieri e su quello che ci piacerebbe possa essere
Stai attenta a sprofondare nella prevedibilità, senza sapere più cosa vuol dire avere il guizzo vincente. Accoppiare le parole giuste con le note che tocchino il cuore di chi guarda, di chi ascolta, senza cogliere l’attimo sincero che accenda il fuoco, ma sopratutto che scaldi davvero, fino in fondo. Lo stesso fuoco che ti scavava l’anima e ti faceva toccare il cielo con un dito, mentre attorno a te il mondo girava, sonnecchiante, puro e sincero come non te lo ricordavi più. Ma sembra cosi lontano quel giorno, divorato da quel che oggi è la televisione, mentre qualcuno chiede alla Rai di fare diversamente. Richiesta puerile, inutile, per non dire altro, perchè se le regole sono cambiate non si può chiedere che uno corra con la tecnologia e le regole di decenni fa, sopratutto se il campo è uguale per tutti.
Ma qualcuno leggendo queste parole dirà che tutto ciò è solo tempo perso, tempo che si potrebbe dedicare alla ricerca di quella o di quell’altra storia. Tempo che si potrebbe dedicare ancora per riscrivere una sceneggiatura poco attraente, mettendo gli accenti nei punti giusti, calcando con gli aggettivi, mettendo fra parentesi i silenzi che servano al pubblico per applaudire, per ridere, per piangere, mentre il telespettatore a casa viene accompagnato su questa barca dantesca, pronta ad attraversare quel corso d’acqua per arrivare dall’altra parte, ma altra parte dove? Cosa c’è veramente dall’altra parte, se non la prospettiva di uno spot pubblicitario o quando va bene un’inserto incosciente, ma davvero coscientissimo, perchè è quello che è stato studiato, per filo e per segno, fino all’ultima lettera detta, sospirata, soffiata, come l’alito di un musicista che si infila, speranzoso, dentro ad uno strumento musicale a fiato.
Ma in verità, mai nessun tempo è stato più ben speso che quello che si è dedicato, in taluni casi, a qualcosa che non sia la pura grammatica televisiva che puzza di plastica bruciata, come quell’odore che usciva da quell’apparecchio radiofonico, gracchiante, con cui i nostri nonni hanno sentito l’annuncio della fine di una guerra. Ah si, quell’apparecchio radiofonico, pulito e lucidato dal profumo dell’olio rosso, che lo rendeva sempre nuovo e fiammante, con sotto un centrino fatto con le mani di mamme che avevano a cuore quello che facevano e di certo non pensavano che quel tempo che dedicavano alla confezione di quel manufatto, fosse tempo perso, rubato alle cose importanti.
Certo i centrini è difficile che li pretendiamo dalla tv commerciale, che deve fare i soldi, ovviamente, ma li possiamo pretendere dal Servizio pubblico radiotelevisivo. La Rai di Carlo Fuortes ha in questi ultimi tempi due coccarde da appuntarsi al petto che interpretano perfettamente la sua missione. La prima, quella dell’impegno, l’abbiamo vista venerdì sera su Rai1 in occasione della Giornata della memoria, quel Binario 21 e quel colloquio fra Fabio Fazio e la Senatrice Liliana Segre, un momento toccante e vero di televisione proprio nel luogo maledetto, sotto la Stazione centrale di Milano, in cui venivano caricate come bestie centinaia di persone dirette alla morte. Per fortuna non tutte, qualcuna è tornata, come la signora Segre per raccontarci quella terribile esperienza. E poi la Rai è intrattenimento e scegliamo come esempio, perchè ultimo arrivato in tv, quello di Fiorello e del suo Viva Rai2, che venerdì ha addirittura superato la Prima pagina del Tg5, da sempre al vertice degli ascolti in quella fascia oraria e quel giorno “solo” seconda.
Due esempi, intrattenimento ed impegno, che meglio rappresentano il Servizio pubblico radiotelevisivo. Tornando alla nostra metafora, perno di questo post di pura riflessione senza scopo di lucro, auguro a questa televisione di trovare il tempo di fare tanti centrini che sappiano rendere quello che fa qualcosa di vero e sincero al servizio del telespettatore. Perchè senza passione e senza onestà non si va da nessuna parte, emozionando e facendo emozionare, come l’alito di quel musicista, che tanto assomiglia alla voce della Senatrice Segre di Binario 21, che faceva uscire dal suo strumento le note che ancora oggi, come ieri, facevano cavalcare le emozioni di chi le ascoltava, fino a volare su in alto, nell’immensità.