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La Talpa, un morto che cammina alla grande su Italia 1 (ed è più vivo di Canale 5)

UPDATE: Riceviamo dalla Triangle, e volentieri pubblichiamo, un doveroso appunto sulla distribuzione di competenze nel team autoriale de La Talpa 3:Cari amici di TvBlog, grazie, prima di tutto, per l’attenzione e la capacità di analisi con le quali avete seguito, fin dall’inizio, il nostro programma. Come giustamente è stato rilevato nell’articolo di Lord Lucas oggi,

21 Novembre 2008 18:00

talpa karina melitaUPDATE: Riceviamo dalla Triangle, e volentieri pubblichiamo, un doveroso appunto sulla distribuzione di competenze nel team autoriale de La Talpa 3:

Cari amici di TvBlog,
grazie, prima di tutto, per l’attenzione e la capacità di analisi con le quali avete seguito, fin dall’inizio, il nostro programma.
Come giustamente è stato rilevato nell’articolo di Lord Lucas oggi, ogni buon prodotto richiede una buona squadra e buoni autori.
Una precisazione, però, va fatta ad uso degli addetti ai lavori e dei fan più fedeli:
Simona Ercolani si occupa del copione di Paola Perego, Cesare Lanza è sui contenuti reality dello studio di Roma mentre tutta l’operazione di adattamento, restyling e linea editoriale del format e degli accadimenti di ciascuna puntata resta, come nelle passate edizioni, nelle mani di Silvio Testi (capo-progetto), Paolo Taggi (autore capo Africa), e Marco Salvati (autore coordinatore Italia).
Ancora grazie e buona caccia alla Talpa.

Alla faccia di programmi che nascono già segnati dall’Auditel, o di cui il pubblico tesse i necrologi anzitempo, La Talpa sta portando a casa l’edizione più vincente della sua storia Mediaset. E non parliamo solo di ascolti della semifinale che parlano da sè (4.186.000 con il 21,12%, persino più di Anno Zero), ma di interesse di pubblico che ha superato ogni aspettativa. Per una volta volare basso (sia da parte della conduttrice che dei piani alti) è servito, visto che il successo del format si è arricchito puntata dopo puntata trasformandolo in un marchio di garanzia.

Questo successo serviva proprio a Italia 1, che non catalizzava media e spettatori dai tempi de La Pupa e il Secchione. Mentre in quel caso si parlò di novità assoluta elevata a fenomeno di costume – nonostante gli ascolti non siano mai stati eclatanti – sulla Talpa è sempre pesato un pregiudizio di fondo, dettato dal disgusto per i concorrenti costretti a mangiare occhi di bue nella precedente edizione.

Agli autori, insomma, si è imposta un’operazione davvero delicata: quella di accattivare senza scandalizzare. A riuscirci in pieno è stato quel genio creativo di Simona Ercolani, che ha dimostrato ancora una volta di sapersi destreggiare tra le impegnative Sfide di RaiTre e le farse costruite a regola d’arte dei reality show. E’ soprattutto per merito suo – e forse anche per la consulenza autoriale di Cesare Lanza – che la Talpa ha raggiunto un giusto mix tra gossip e game, addolcendo l’assenzio trash con il miele investigativo e sfruttando la location sudafricana come spunto pseudoculturale (la famiglia Zulu che si guarda attraverso il monitor per la prima volta potrebbe interessare fior fior di antropologi).

L’ingrediente più riuscito di questa formula da record è principalmente da ricondurre al Karina Cascella Show, degno di una creatura defilippica ormai promossa a vip di punta. Le sue scen(eggiat)e madri, con tanto di diagnosi di ‘nevrosi isterica’ fatta dallo psichiatra Alessandro Meluzzi, hanno influito notevolmente sulle dinamiche del gruppo, tenendo alta la tensione in ogni momento.

Karina è il concorrente ideale che qualsiasi reality di tendenza vorrebbe avere: odiata dal pubblico, in gara con il suo fidanzato anche lui reduce da Uomini e Donne, cliccatissima sul web, schizofrenica. L’abbiamo vista convivere con la famiglia Zulu alternando prove di tenerezza ad altre di intolleranza, litigare con l’opinionista in studio Barbara Alberti, scagliarsi contro la mancanza di personalità dei suoi compagni, rinunciare al montepremi del gruppo per la chatline e le foto rubate più costose della storia, urlare come un’ossessa durante le prove.

Eppure La Talpa 3 ha cavalcato anche l’onda dello spetteguless da tabloid, sfruttando il filone delle corna con Emanuela Tittocchia e Fabio Testi da una parte e il mitico triangolo Pamela Camassa-Filippo Bisciglia-Simona Salvemini dall’altra. Una costruzione narrativa perfetta ha ricostruito le puntate precedenti con una mini-clip introduttiva da serie tv, con tanto di sigla irresistibile di sottofondo. Un reality, dunque, molto scritto e in cui poco è stato lasciato al caso, ma in modo talmente calibrato da meritare un plauso per le sue menti creative.

Parlando di prove, il modello de Il Grande Gioco dell’Oca di Jocelyn è stato determinante per l’immaginario visivo della Talpa. Dalla lotta del fango alle fobie degli animaletti gran parte dello “schifo” suscitato dal nostro reality show affonda le radici in un gioco d’anni 90′ garbato, ma che già celava i germi di un sadismo agonistico.

Lo stesso sadismo che Paola Barale è riuscita a incarnare pienamente, svuotando ogni cliché dell’inviato inutile di turno. Comportandosi come l’amica snob della comitiva, che alterna carisma e puzza sotto al naso nel giro di due secondi, ha saputo aiutare tantissimo la lucida conduttrice Paola Perego nel rivitalizzare un meccanismo apparentemente surgelato. E’ proprio lei ad aver incarnato il punto di vista diffidente di un certo tipo di pubblico, composto dai delatori del genere che prima o poi sono costretti a capitolarvi, veicolando l’auspicio di una fruizione condivisa.

La Talpa, dunque, resta l’unico esempio tuttora in circolazione di adventure reality game che si presta a una doppia lettura: scoprire chi è la talpa – per chi vuole dare un senso a quello che sta vedendo pur di non vergognarsene – e scoprire fino a che punto arriva il trash.

Non a caso, vista l’aria che tira ogni anno nel primo periodo di garanzia dell’ammiraglia, avrebbe ormai tutti i numeri giusti per diventare la risposta autunnale Mediaset all’Isola dei Famosi. La Talpa è sicuramente più giovane della creatura di Simona Ventura, sia in termini di linguaggio che di cast, nonché ignoto alla vecchietta che Italia 1 non ce l’ha tra i canali. Proprio per questo ha tutta la vita davanti per diventare “grande” su Canale 5, in una tv che ha bisogno di bluffare per farsi notare dal pubblico.